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Brescia
di CELSO VASSALINI 10 mag 2018 13:14

Aldo Moro, a 40 anni dalla morte

Erano le 12,30 del 9 maggio 1978 quando Valerio Morucci telefonò a un collaboratore di Aldo Moro per comunicargli che la famiglia del leader democristiano avrebbe potuto recuperare il corpo in via Caetani a Roma

Sono passati 40anni e il ricordo è andato via via stemperandosi perché l’oblio accompagnato dal ricambio generazionale, alla fine avvolge anche gli avvenimenti più drammatici facendoli apparire distanti, quasi archiviati. Erano le 12,30 del 9 maggio 1978 quando Valerio Morucci telefonò a un collaboratore di Aldo Moro per comunicargli che la famiglia del leader democristiano avrebbe potuto recuperare il corpo in via Caetani a Roma, una strada breve e stretta, a due passi da piazza di Torre Argentina, quasi equidistante tra la sede del Pci in via delle Botteghe Oscure e quella della Dc in Piazza del Gesù. Il dramma si concludeva nella maniera da molti temuta. Era cominciato la mattina del 16 marzo in via Fani quando quella che venne definita “la geometrica potenza di fuoco” del commando delle Brigate Rosse composto da undici persone si dispiegò massacrando la scorta di Moro (Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrando l’uomo politico impegnato in quei mesi a traghettare nell’area del governo il Partito Comunista. In quei quasi due mesi, l’Italia si divise. Si divise soprattutto la politica: da un lato coloro che sostenevano l’impossibilità di una qualsiasi trattativa con le Br, un fronte guidato dal Pci a cui si aggregava, pur tra molti tormenti, la Dc; dall’altro chi cercava uno sbocco negoziale in grado di salvare la vita di Moro. Questo secondo “partito” era guidato dal Psi e da Bettino Craxi. Dalla cosiddetta “prigione del popolo” il leader democristiano scrisse numerose lettere. Nel 2008 lo storico e attuale parlamentare del Pd, Miguel Gotor, li raccolse in un volume edito da Einaudi dal titolo: “Lettere dalla prigionia”. La loro lettura spiega più di mille racconti o ricostruzioni la tensione di quelle settimane, soprattutto aiutano a capire lo stato d’animo di un uomo costretto a una prova terribile, vittima di un destino spietato. Per ricordare quella data abbiamo deciso di riproporne una: Moro la scrisse, secondo le ricerche di Gotor, il 12 aprile. Venne però recapitata soltanto il 29 aprile. Il destinatario era il segretario del Psi, Bettino Craxi

"Caro Craxi, 

poiché ho colto, pur tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilità umanitaria del tuo Partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa. È da mettere in chiaro che non si tratta d’inviti rivolti agli altri a compiere atti di umanità, inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza ad una seria ed equilibrata trattativa per lo scambio di prigionieri politici. Ho l’impressione che questo o non si sia capito o si abbia l’aria di non capirlo. La realtà è però questa, urgente, con un respiro minimo. Ogni ora che passa potrebbe renderla vana ed allora / io ti scongiuro di fare in ogni sede opportuna tutto il possibile nell’unica direzione giusta che non è quella della declamazione. Anche la D.C. sembra non capire, Ti sarei grato se glielo spiegassi anche tu con l’urgenza che si richiede. Credi, non c’è un minuto da perdere. E io spero che o al San Rafael o al Partito questo mio scritto ti trovi. Mi pare tutto un po’ assurdo, ma quel che conta non è spiegare, ma se si può fare qualcosa, di farlo.

Grazie infinite ed affettuosi saluti tuo Aldo Moro"

CELSO VASSALINI 10 mag 2018 13:14