Brescia, capitale di quale cultura?
E così, per Brescia e Bergamo, l’anno della Cultura è iniziato.
Venerdì 20 gennaio, con tutti gli onori del caso e con la prestigiosa presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Teatro Grande di Brescia è stato il luogo che ha ospitato l’inaugurazione per la città.
Ed è proprio dai rimandi a determinati articoli, per noi molto significativi, della nostra Carta Costituzionale, ed enunciati dal Presidente in alcuni passaggi - tra i più efficaci e di alto profilo- del suo intervento, che abbiamo sentito la necessità di condividere, con chi avrà il tempo e la bontà di leggerci, alcune nostre considerazioni.
Fa sicuramente piacere vedere la nostra città tirata a lustro mentre offre ai visitatori, che appositamente accorrono, il meglio delle sue bellezze storiche, architettoniche e artistiche, frutto del lavoro e dell’ingegno lungimirante dei nostri avi che hanno voluto e realizzato opere straordinarie per lasciarle in eredità alle generazioni future per il pieno godimento.
In questa cornice di città storica dal lungo passato, per un anno intero, si farà dunque “Cultura” e di questo, siamo convinte, Brescia ne beneficerà, sia dal punto di vista economico che di immagine, non solo quest’anno, ma negli anni a venire.
Brescia, come Bergamo, ha bisogno di risollevare lo spirito, di elaborare gli accadimenti dolorosi della pandemia, e non solo, e la Cultura può effettivamente essere la chiave di volta per ritrovare serenità, determinazione, tenacia e capacità di innovare, caratteri che, dai due palchi dell’inaugurazione, sono stati ricordati come peculiari della gente di queste provincie.
Ma fare “ Cultura “ non può essere solo celebrazione della bellezza e delle arti, che è solo una faccia di quel complesso di manifestazioni che attengono al patrimonio delle conoscenze e delle esperienze acquisite, alla formazione sul piano intellettuale e sociale della società, alla vita materiale, sociale e spirituale di una comunità.
Questa comunità, più volte ferita, richiede, in questo momento storico, soprattutto “Cura” o meglio di sviluppare una “Cultura della Cura “, per affrontare tutto ciò che “fa male”, ormai da troppo tempo, a questa città.
Una “Cultura della Cura” di cui abbiamo bisogno tutti, ma qui in modo particolare, perché, qui, gli affari non hanno guardato in faccia a nessuno: ce lo dice la Caffaro che, come un bubbone, resta a minare il benessere di tanti cittadini; ce lo dicono le falde di acqua contaminate da cromo esavalente, la discarica con scorie radioattive in piena città, l’aria pesante di PM10 con ben 60 giorni nel 2022 di superamento dei limiti; ce lo dicono, infine, il numero di morti di inquinamento e di Covid.
Se è vero che ciò che accade in un luogo è espressione del popolo che vive quel luogo, significa che qui è mancata la sensibilità verso l’ambiente, che la priorità è sempre stata data al “lavoro”, prima che alla salute, propria e della comunità, e prima che all’ambiente.
Dai palchi si è sentito dire che Bresciani e Bergamaschi siano gente concreta, operosa, volenterosa, gente dal saper fare…
Quale posto migliore dove poter investire per fare impresa senza troppi problemi o intralci; dove poter pagare e appagare l’avidità di proprietari di terreni, stufi di possedere “dell’inutile" terreno agricolo; dove poter sfruttare il territorio nelle maniere più svariate grazie anche a una classe politica miope e insensibile ai temi ambientali.
È così che il consumo di suolo non conosce tregua e si continua a costruire e occupare terreno, incentivando un’industria niente affatto sostenibile.
È così che sono cresciuti capannoni e discariche negli anni passati, attraendo anche il malaffare.
Questa visione distorta di un avvenire basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse e sulla massimizzazione dei profitti come potrà lasciare ai posteri quell’impronta di bellezza e armonia che ammiriamo ancora oggi nella nostra città?
Ciò che stiamo lasciando rischia di essere un luogo malsano e inabitabile, per questo servirebbe un cambio di paradigma, che non può non essere accompagnato da uno sforzo culturale.
Per concludere: se da un lato Brescia può vantare l’onore di essere stata nominata insieme a Bergamo “Città della Cultura 2023”, dall’altro non possiamo nascondere la polvere sotto il tappeto: Brescia da anni, insieme ad altre città lombarde vanta il triste primato di essere una delle città più inquinate d’Europa. Senza timore di smentite possiamo dunque dire che Brescia E’ CAPITALE DELL’INQUINAMENTO da parecchi anni e lo sarà anche per gli anni a venire se non si cambia paradigma.
Il valore di essere “Città della Cultura 2023”non sta - e non starà- nel “Far Finta di Niente” e nel dimenticare i tanti problemi con cui ogni giorno dobbiamo fare i conti, ma risiede nell’impegno affinché possa nascere una “nuova Cultura” che ponga al centro la dignità delle persone e dell’ambiente in cui abitano, la salute nostra e del pianeta.