Cittadinanza ai figli di genitori stranieri
Ho seguito con molto interesse il dibattito che si è aperto nel mondo politico sul tema del riconoscimento della cittadinanza ai giovani figli di genitori stranieri. Forte della mia più che decennale esperienza nel mondo della scuola come docente prima e come dirigente scolastico poi avrei alcune considerazioni da fare sul tema e che vorrei condividere con i lettori di Voce. Intanto premetto che in linea di massima sono concorde con questa opportunità da offrire ai giovani che, figli di genitori stranieri, sono inseriti in un percorso scolastico nelle nostre scuole purché ciò avvenga a determinate condizioni. Non deve, cioè, essere un processo di riconoscimento automatico. Ovviamente il tema riguarda coloro che sono inseriti a scuola e non ovviamente coloro che malauguratamente hanno abbandonato il percorso scolastico. Di questi dirò poi. Mi pare di potere dire che i giovani che hanno frequentato i cinque anni della scuola primaria, i tre anni della scuola secondaria di primo grado e almeno un biennio di scuola (di istruzione o di formazione professionale) dopo la licenza media possano essere presi in considerazione per questo riconoscimento. Si arriverebbe grosso modo al loro compimento del sedicesimo anno di età. Poste in essere le condizioni di cui dirò tra breve esprimo il convincimento che non debba essere negata una cittadinanza che assumerebbe la configurazione di un pregiudizio verso questi giovani rispetto ai loro coetanei e compagni di classe figli di genitori italiani. E qui vengo alle condizioni. Il mondo della scuola dovrà essere chiamato in causa per esprimere un giudizio circa il modo col quale questi giovani hanno frequentato gli anni di scuola. Si dovrà dimostrare che essi sono stati partecipi attivamente al processo di formazione e con un comportamento rispettoso delle regole del vivere civile. Essi dovranno aver acquisito una buona padronanza della lingua italiana, sia in forma scritta sia in forma orale. Si dovrà certificare che hanno preso conoscenza dei principi che stanno alla base della nostra civiltà e li abbiano condivisi, che conoscono le istituzioni del nostro Stato e anche i fondamenti della nostra storia. Ciò non impedirà loro di conservare la conoscenza dello stato da cui provengono i loro genitori e i relativi costumi, compresi i fondamenti della loro religione, purché tutto ciò non sia in contrasto con i principi dello stato in cui hanno deciso di vivere. Sarà a questo punto importante accertare, sempre da parete della scuola, che anche i loro genitori non si siano opposti al processo di conoscenza dei loro figlioli e abbiano accettato il verificarsi delle condizioni indispensabili perchè sia portato avanti il processo di acquisizione della cittadinanza da parte dei loro figli. Non sarà male se anche loro avranno acquisito una discreta conoscenza della nostra lingua. In definitiva vorrei ribadire che chi rivendica un diritto deve sapere che ad esso corrisponde anche una serie di doveri (mazziniana memoria). Per quanto si riferisce a coloro che hanno abbandonato la scuola l'acquisizione della cittadinanza dovrà essere rinviata al compimento del diciottesimo anno purché abbiano posto in essere alcune delle condizioni citate più sopra e siano inseriti nel mondo del lavoro. Concludendo questa mia riflessione auspico che in Parlamento le forze politiche trovino il modo di approvare una legge condivisa che prescinda da concezioni ideologiche. Cordialmente.