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di ADONELLA PALLADINO 25 gen 2019 14:56

La saggezza di don Renato

Il ricordo di don Renato Laffranchi tra la parrocchia, la scuola, l'arte e la famiglia

Una grande perdita per la comunità che l’ha ricevuto in dote: quella che si è riunita ed evoluta nella parrocchia di San Nazaro e Celso e che ha condiviso tale suo gioiello con una rete umana di grande spessore e dai contorni indefiniti…

Già, perchè don Renato, per noi cresciuti sotto le ali formative e protettive di una parrocchia come quella di San Nazaro, che magnificente e viva, ha vissuto l’alternarsi negli ultimi 50 anni di una trentina di sacerdoti/educatori di grande valore, ce lo siamo dovuti condividere con tutta la brescianità che è accorsa ad ogni sua omelia domenicale delle 11 e con il mondo intero che è stato illuminato dalla sua arte e dalla sua fede.

Da San Nazaro e Celso sono passati parroci quali mons. Fossati e Filippini, l'attuale Francesconi, curati come mons. Gianfranco Mascher…: tutti grandi figure con le quali don Renato, giunto nel ‘55 a San Nazaro e da qui mai più partito, ha convissuto e spartito esperienze diverse. Incastonata tra le sapienti contrade del centro ed a pochi metri dalla cupola della cattedrale, San Nazaro tra i suoi confini riunisce il santuario-gioiello di S.Maria dei Miracoli, condivide aria e contrade con la chiesa di San Francesco, raccoglie e protegge (o ha raccolto e protetto) più realtà così diverse tra loro: le case delle Suore delle Poverelle, delle Orsoline e delle Ancelle, l’Ospedale Sant’Orsola-Fatebenefratelli, Casa di Dio (la più antica residenza per anziani), ma soprattutto dalle più lussuose residenze ed attività del centro a quelle da sempre difficili e delicate della stazione ed ai confini del Carmine: particolare che ha permesso a chi come me all’ombra di san Nazaro ci è nata e cresciuta, di conoscerci tutti quanti molto bene, come se fossimo tutti vissuti e cresciuti in un grande cortile, di condividere tratti lunghi delle nostre esistenze senza differenze e discriminazioni: tutti ancora oggi siamo e ci sentiamo virtualmente uniti, con commozione, come in una grande famiglia. Ed oggi soffriamo.

Lui, don Renato, la nostra costanza nel tempo, c’era. E c’era, nella sua casa-studio, piccola costola attiva appiccicata al fianco sinistro della possente chiesa, fucina di arte, teatro e spiritualità. E se superavi quel pudore reverenziale che ti veniva nel suonare il campanello di quel magico studio, in attesa di sentire la sua voce possente e vedere la sua figura imponente e bella, era fatta! Lui diventava “tuo”, per attimi vivi e calmi ed indimenticabili. L’ho fatto, un paio d’anni fa, l’ultima volta: mi ha accolto, come se non mi vedesse dal giorno prima, con un sonoro ed affettuoso ciao, già colmo di saggezza, a priori… ne è seguita una lezione di vita: un excursus storico spontaneo e profondo sulla realtà della Brescia che tanto amava e di cui a fatica sopportava la lenta crescita culturale…, sui suoi viaggi (solo a mia richiesta, per godere delle sue esperienze) in quel Brasile “dove 2 più 2 fa anche 4”...

... niente di studiato, ma tra infiniti libri, quadri e verde intenso. Nulla di voluto, tutto profondo e libero e non scontato.

Io, già da piccolina, c’ero. E con che fortuna! Compagna di giochi e studi di Elisabetta, la secondogenita del suo tanto amato fratello Ezio andato “avanti” qualche anno fa, ho avuto la fortuna ed il privilegio di frequentarlo anche in casa, quando viveva con la sua tanto amata mamma…

Ho avuto la ancor più inspiegabile fortuna di averlo come professore di religione al liceo Arnaldo (dove rammentava a noi intimoriti studentelli, quanto ancora gli tremassero le gambe nel varcare quel portone, dandomi una consolazione infinita.. )

Ho avuto la bellezza di reincontrare sulla mia strada e poter ammirare Marcella, primogenita di Ezio che tanto ha vissuto per lo zio Renato, ha condiviso con lui gli affetti ed i dolori, l’ha assistito con le sue due figlie passo passo più che se ne fosse figlia...Gli manca. Piange, si dispera, non vorrebbe.. Perchè Lui non vorrebbe. Ma tutti le stringono la mano, la consolano per consolarsi, le ricordano quanto fosse...

Quanto…, quanta saggezza ci hai regalato, don Renato!

ADONELLA PALLADINO 25 gen 2019 14:56