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di DANIELE VENTURELLI 07 gen 2024 09:19

La Chiesa e le benedizioni

Qualche giorno fa Gabriele Filippini, Canonico del Duomo di Brescia, svolgeva alcune riflessioni (‘Una “Benedizione” materna e di sapienza) sul documento pastorale vaticano “Fiducia supplicans”, di cui riporto il brano di apertura: “Un amico, parroco in una diocesi confinante, fa questa confidenza: “Un giovane molto bravo dell’oratorio, con estrema lucidità mi ha dichiarato la sua omosessualità, aggiungendo che per quelli come lui non c’è posto, perché nella Chiesa non sono previsti”. Quel parroco poi aggiunge: “Le persone sincere non cercano mai giustificazioni a ribasso. Attendono soltanto di vedere se quel Dio che chiamiamo amore ha un posto anche per loro”. Forse perché hanno, in qualche modo, a che fare con il tema dell’identità, del riconoscimento, quelle parole mi hanno richiamato alla mente una considerazione di Alain Finkielkraut nel suo libro “L’identità infelice”: “Nel 2009 mi sono recato presso la scuola primaria di rue des Récollets, a Parigi, dove sono cresciuto. Nell’atrio, appeso al muro, c’era un grande planisfero con varie fotografie di bambini appuntate perlopiù sui paesi del continente africano. Alla base della carta, una legenda: “Sono fiero di venire da…”. Ho potuto così misurare il cambiamento. I miei genitori erano nati entrambi in Polonia; dopo la guerra si sono incontrati in Francia e quando avevo un anno abbiamo beneficiato di una naturalizzazione collettiva. La scuola non mi ha mai fatto vergognare delle mie origini. Non mi ha mai chiesto di negare la mia genealogia. Non mi ha mai invitato a vantarmene. Mi chiedeva di stare attento in classe, di imparare la lezione, di fare i compiti a casa, e mi valutava secondo il merito. L’origine era fuori tema.”

Il giovane cui fa riferimento Gabriele Filippini mi pare goda, nelle parole del suo curato (o parroco, non so precisare) di una posizione di rispetto e apprezzamento nella sua comunità ecclesiale. Presumo, da quelle parole, che operi all’interno dell’oratorio. Sicuramente andrà alla messa domenicale e si accosterà all’eucaristia. Se catechista, parteciperà come gli altri catechisti, agli incontri formativi. Insomma, in tutte queste occasioni la benedizione del sacerdote è diretta a lui come a tutti gli altri. Come può dire “che per quelli come lui non c’è posto?” che “nella Chiesa non sono previsti?”. Le preferenze sessuali sono “fuori tema”. La Chiesa non gliele ha mai chieste; non gli ha mai chiesto di vergognarsene. Né di vantarsene. Allora mi chiedo: “Dove sta il problema?” O, forse, il giovane in questione si aspetta una benedizione in quanto omosessuale? Io non mi aspetto la benedizione in quanto eterosessuale. Come tutti i fedeli chiedo la benedizione della Chiesa in quanto credente; in quanto cristiano che si sforza di portare il meno indegnamente possibile un titolo tanto impegnativo.

DANIELE VENTURELLI 07 gen 2024 09:19