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di CELSO VASSALINI 17 apr 2023 21:03

Ricordare il 25 aprile ha senso

Dalla fine della guerra ha senso ricordare il 25 aprile? Sì, lo continuerei a ripeterlo, fino all’ultimo giorno della mia vita. E' la data fondativa della Repubblica. Ogni Paese ha i suoi “fatti costitutivi”; Il 25 aprile è la radice dell'Italia repubblicana e democratica. Non è un racconto storico che veniva fatto a me della prima guerra mondiale. E infatti sarebbe sbagliato parlare del 25 aprile e della Resistenza senza dire la verità. Ovvero che ci fu anche una guerra civile e che dopo la Liberazione si verificarono vendette terribili. Ma resta il punto: questa data ci assegna una identità nazionale, il recupero di una coscienza civile che la società italiana aveva smarrito. Sento attorno a me le solite obiezioni. Esiste ancora lo spirito della Resistenza? E se esiste, non è esso alimentato da pochi e sparuti fedeli che sono una piccolissima minoranza di pazzi in una nazione di savi? E infine, fossero pur molti i fedeli, non è la situazione di oggi tanto mutata da quella in cui la Resistenza operò, che è assurdo e inutile, pretendere di tramandarne lo spirito? Rispondiamo.

Primo: lo spirito della Resistenza non è morto. È morto in coloro che non l’hanno mai avuto e a cui del resto non lo abbiamo mai attribuito. Che non sia morto è dimostrato dal fatto che non vi è grave evento della nostra vita nazionale in cui non si sia fatto sentire ora per elevare una protesta, ora per esprimere un ammonimento, ora per indicare la giusta strada della libertà e della giustizia. Secondo: che i devoti dello spirito della Resistenza fossero una minoranza, lo abbiamo sempre saputo e non ce ne siamo né spaventati né meravigliati. In ogni nazione i savi, cioè i benpensanti, sono sempre la maggioranza; i pazzi, cioè gli ardimentosi, sono sempre la minoranza. Come al teatro: quattro attori in scena e mille spettatori in platea, i quali non recitano né la parte principale né quella secondaria; si accontentano di assistere allo spettacolo per vedere come va a finire e applaudono il vincitore.

Sono le stesse cose che diceva molto più autorevolmente il prof. Sergio Mattarella. Bisognava capire le ragioni per cui tanti ragazzi e soprattutto tantissime ragazze, quando era chiaro ormai che il regime della Repubblica Sociale sarebbe crollato, si schierarono dalla parte dei vagoni piombati e non della libertà. Capire non vuol dire giustificare; vuol dire sforzarsi di conoscere, nel percorso culturale di riappacificazione. De Gasperi a Parigi, nell’agosto 1946, riuscì ad ottenere condizioni più favorevoli da parte dei vincitori proprio rivendicando il valore della lotta delle donne e degli uomini italiani contro nazismo e fascismo. È perciò giusto celebrarla con solennità. Senza riaprire antiche ferite, ma con la consapevolezza e l’orgoglio della sua centralità nella nostra storia.25 aprile, Mattarella: “Il giorno dell'invasione in Ucraina ho pensato a Bella ciao”. “La Resistenza è chi si oppone a un'invasione straniera”.

CELSO VASSALINI 17 apr 2023 21:03