Non si gioisce per la morte di una persona
Premetto che, personalmente, sono sempre stato scettico sull’uso della scomunica perché la ritengo una misura punitiva che contraddice l’infinita misericordia del Dio che è Padre e Madre. Però, ammetto che in certi casi può diventare uno strumento di chiarezza se utilizzato anche come momento educativo per i molti che potrebbero essere indotti allo stesso errore.
Uno di questi casi è certamente quello del ministro Matteo Salvini che in molti casi ha sventolato la sua presunta fede cristiana brandendo corone del rosario, madonne e crocifissi per giustificare la xenofobia contro molte categorie di persone da lui ritenute “diverse” e quindi da marginalizzare.
Il caso che dovrebbe, a mio modesto avviso, far scattare un procedimento di scomunica è la dichiarazione rilasciata dal ministro e leader della Lega a seguito dell’uccisione, da parte di un poliziotto, del ragazzo del Mali che alla stazione di Verona dava in escandescenza brandendo un coltello. “Con tutto il rispetto, non ci mancherà” è stata la frase di Salvini. Non gioire per la morte di una persona, qualunque cosa abbia fatto, è un principio elementare di umanità; festeggiare per la scomparsa di un uomo seminando odio è una vergogna, quando è un ministro della Repubblica a farlo è uno scandalo; quando è un cristiano a farlo è una bestemmia imperdonabile. Per questo dovrebbe essere passibile di scomunica, anche se la risposta del ministro alle gerarchie ecclesiastiche sarebbe la stessa di quelle affibbiate alla magistratura: “comunisti”.