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Roma
di L. ZANARDINI 10 mar 2016 00:00

Binetti: La legge sull'eutanasia non passerà

In Parlamento approdano le proposte di legge per la legalizzazione dell'eutanasia. L'onorevole Paola Binetti (Allenza Popolare) spiega qual è la posta in gioco, sottolineando anche la discutibile scala di priorità dell'agenda politica

“Il Parlamento è impegnato sull’eutanasia, sulla liberazione delle droghe, sulle unioni civili, sulle adozioni, sulla stepchild adoption, ma a margine di tutto questo abbiamo la guerra in Libia, una condizione economica difficile con famiglie che non arrivano alla fine del mese… Penso che il Parlamento debba chiedersi cosa serve veramente agli italiani, dove stanno le condizioni di rischio e dare risposta a questi bisogni”. Paola Binetti, onorevole di Area Popolare, fotografa così la situazione della Camera che si appresta ad affrontare nelle prossime settimane il tema dell’eutanasia con ben quattro proposte di legge depositate in riferimento alla richiesta di depenalizzare l’eutanasia. “Nella Commissione Affari Sociali si sono creati – spiega la Binetti – due percorsi paralleli: in uno sono state collocate le proposte di legge che riguardano il consenso informato, la nuova alleanza medico-paziente, e quello che con più semplicità nella legislatura precedente abbiamo chiamato testamento biologico; in un altro percorso sono state collocate quattro proposte di legge per depenalizzare l’eutanasia, che in Italia è reato”.

Nella proposta di legge “Norme in materia di eutanasia” a firma di 13 deputati (Sel e Cinque Stelle), tra i quali Pellegrino, Quaranta e Zaccagnini, si legge che “il diritto alla vita non può essere inteso come una coercizione a vivere, indipendentemente dalle condizioni concrete di una simile sopravvivenza”. Quando parliamo di terapie del dolore o di cure palliative parliamo di coercizione a vivere?

Quando parliamo di terapie del dolore e di cure palliative non parliamo di coercizione a vivere ma di un supporto: la medicina e la cultura, che si ispira a valori antropologici importanti come il rispetto per la persona umana, la solidarietà, la capacità di porsi accanto con tenerezza e con tutta la responsabilità di cura alla persona che soffre, non possono essere viste come coercizione a vivere. Piuttosto, il contrario potrebbe essere definito come abbandono, come mancanza di gratitudine, come mancanza di quella dimensione umana che rende la vita degna di essere vissuta.

In queste settimane il dibattito pubblico si concentrerà molto sull’emotività delle persone, puntando sul dolore. Non a caso si parla di patologie gravi e incurabili… Come ne esce un Paese che davanti al dolore apre all’eutanasia e perde di vista il valore unico dello stare accanto al sofferente?

Nel 2015 è stato approvato il disegno di legge per la lotta contro il dolore e per la piena dignità delle cure palliative. Lavoriamo a favore dei pazienti quando si trovano in condizioni difficili e quando potrebbe effettivamente maturare in loro il disegno di morire perché il dolore si fa insopportabile, per la paura di essere abbandonati o di essere di peso alla famiglia. Proprio per questo con la legge sulle cure palliative abbiamo creato una cultura che recita “il dolore, quando c’è, si toglie”. In alcune istanze è prevista anche la possibilità della sedazione profonda fino al punto di provocare una sorta di addormentamento per mitigare la stato di disagio e di sofferenza. E fin qui siamo sul punto di vista della somministrazione dei farmaci. Dal punto di vista umano, invece, c’è quella rete di affetti e di relazioni che sono in carico alla famiglia e anche alla società: la stessa società se ne fa carico attraverso le reti di volontariato e attraverso professionisti dedicati alle cure in queste condizioni. Si cercherà, quindi, di fare leva sull’emotività delle persone, facendo leva su casi drammatici: “Tu vivresti in queste condizioni?”. La risposta dovrebbe essere: “No, non vivrei in quelle condizioni, perché sono in grado di cambiare le condizioni, sono in grado di ridurre il dolore, sono in grado di sostenere la famiglia e sono in grado di offrire tutte le possibilità al malato per prepararsi all’evento della morte”.

In queste proposte di legge si parla di “consenso”: l’eutanasia può anche essere praticata nei confronti di chi non è più in grado di intendere e di volere ma, entro i cinque anni precedenti allo stato di incoscienza, ha sottoscritto “una valida richiesta di eutanasia”.

L’abbiamo chiamata la sindrome di ora per allora. Oggi sto bene e ho uno stato di benessere fisico, ma probabilmente potrebbe capitarmi una situazione drammatica, quindi quello che oggi mi sembra chiaro e lucido,un domani potrebbe sembrarmi molto diverso. E questo vale per chi pensa che in determinate condizioni sicuramente vorrebbe morire, perché sappiamo che il “vorrei morire” del malato significa “non lasciatemi solo”. Ma vale anche per chi dice “se io fossi in quelle condizioni, intervenite con qualsiasi mezzo”. Dobbiamo riuscire a prendere delle decisioni in anticipo con una certa flessibilità e intensità di relazioni umane, avendo sempre rispetto della dignità della vita, utilizzando la scienza a servizio della vita. Medici e infermieri studiano al servizio della vita, altrimenti non ci sarebbe nemmeno bisogno di un medico per fare l’eutanasia. Perché si vuole un medico che deve compiere un gesto contro coscienza?

Ci sono alcuni Stati che hanno allargato il concetto di eutanasia alla disabilità…

Noi stiamo facendo tutto il possibile per farci carico della disabilità per venire incontro ai bisogni dei disabili e ai bisogni delle famiglie. La legge del “Dopo di noi” assicura un aiuto anche in assenza dei genitori. La disabilità ci chiede una revisione della normativa, un cambio di atteggiamento e un abbattimento delle barriere strutturali e psicologiche… In ogni caso la disabilità può diventare per tutti la maggiore fonte di esperienza per l’umanizzazione del nostro rapporto con gli altri, con la medicina e con la società. La qualità e la dignità della vita valgono anche in condizioni in cui la produttività può essere ridotta, anche di molto.

Per concludere, qual è la sua percezione? L’eutanasia in Italia diventerà legale?

La legge sull’eutanasia non passerà per la sensibilità degli italiani e del Parlamento. Il Parlamento è fortemente orientato a dire sì alla vita; passerà la legge sul testamento biologico perché dopo un dibattito di 10 anni si può arrivare a una legge.
L. ZANARDINI 10 mar 2016 00:00