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Milano
di M.VENTURELLI 06 nov 2015 00:00

Dopo Expo: azioni concrete per la lotta alla fame e il diritto al cibo

Da Luciano Gualzetti, vice direttore di Caritas ambrosiana, una valutazione dell'esposizione universale e che ha chiuso i battenti il 31 ottobre scorso. Evento commerciale o vetrina per chiedere al mondo un impegno preciso sul diritto universale all'alimentazione?

Sin dall’avvio di Expo, ma forse anche nel cammino di avvicinamento all’Esposizione milanese, è parso chiaro che lo sforzo di lanciare al mondo segnali e proposte per una concreta lotta alla fame e alla povertà non sarebbe stato certo sopportato dalle multinazionali che con le loro risorse hanno permesso la realizzazione di Expo. A farsi carico di questo gravoso quanto ineludibile compito sarebbero state altre realtà, quel mondo che nei sei mesi dell’Esposizione milanese ha trovato il suo centro presso la cascina Triulza.

Un mondo che ha avuto tra i suoi protagonisti anche la Caritas, in particolare quella milanese che ha portato a Expo molte delle istanze e delle azioni portate avanti ogni giorno, come conferma il vice direttore Luciano Gualzetti. “I sei mesi di Expo – afferma – sono stati una bella esperienza, una scommessa vinta. Abbiamo colto la sfida a partire proprio dal tema scelto per l’esposizione”. Caritas ambrosiana ha risposto proponendo un tema caro, quello della condivisione, del vivere per moltiplicare nell’incontro con le persone in difficoltà, a partire dai volti delle persone colpite dalla fame piuttosto e da quelle che il cibo non ce l’hanno o che non possono alimentarsi del cibo della giustizia e della dignità. “Un impegno – ricorda ancora Gualzetti – in sintonia con quanto richiesto da papa Francesco nel suo messaggio inaugurale teso a far capire che nutrire la vita è possibile, ma a condizione che tutti riconosciamo che il poco o il tanto che abbiamo va condiviso”.

Proprio papa Francesco, nel discorso ricordato dal vice direttore di Caritas ambrosiana, aveva invitato a far risuonare a Expo la voce dei poveri. Sei mesi dopo l’obiettivo è stato raggiunto? “Ogni partecipante a Expo – continua Gualzetti – poteva legittimamente dire quello che voleva su un tema tanto importante. Noi abbiamo portato quel tipo di approccio indicato anche da papa Francesco nel suo messaggio. Abbiamo accettato la sfida di portare a Expo il volto delle persone che non hanno il cibo”. Molti di più, invece, quelli che hanno affrontato il tema di Expo partendo dal cibo che c’è piuttosto che da quello che manca.

“Da questo punto di vista – sono ancora riflessioni del rappresentante della Caritas ambrosiana – è stato molto faticoso cercare di fare emergere una riflessione sul cibo che non è ancora un diritto garantito e tutelato. Per parte nostra abbiamo cercato di andare al cuore del problema fame nel mondo, di cercare le vie possibili per cambiare un’economia globale che crea ingiustizie. La battaglia per il diritto all’alimentazione è stata ripresa da tante altre realtà, Expo compresa che l’ha inserita nella Carta di Milano. Come Caritas abbiamo fatto la nostra parte per richiamare questi temi. Certo, forse col senno di poi si poteva fare molto di più”. È per questo che Caritas Internationalis quella Carta non l’ha firmata? “Quello di Milano – afferma al proposito Gualzetti – era un documento che si è cercato di mettere insieme con il contributo di tutti. Il risultato è stato una carta molto timida rispetto alle azioni che si debbono mettere in campo per sconfiggere la fame nel mondo, una Carta che non affronta alcune questioni fondamentali”. Con la Carta di Milano, dunque, è stata tentata un’operazione al ribasso per trovare un numero più ampio di sottoscrittori, ovviamente a scapito della sua efficacia e della sua reale incisività.

“È anche vero – sono ancora considerazioni di Luciano Gualzetti – che era un po’ utopistico pensare che fosse questa Carta la panacea di tutti i mali. Sono altri i livelli (Onu, Fao, etc. ) in cui occorre agire per ottenere risultati concreti nella lotta alla fame nel mondo”. Una considerazione, quella del vice direttore di Caritas ambrosiana che introduce il tema del “dopo Expo”. Si parla tanto del futuro delle strutture e troppo poco delle istanze lanciata da Milano per sconfiggere la fame e garantire il diritto universale al cibo e all’alimentazione. “È chiaro – continua Gualzetti – che quello del futuro del sito è un tema importante che preoccupa anche Caritas. Per quanto riguarda invece l’eredità immateriale come Caritas abbiamo pensato al dopo anche con dei gesti concreti: il refettorio ambrosiano (nella foto), la cena sospesa, sono iniziative che, provocate da Expo, devono avere continuità anche ora che l’Esposizione ha chiuso i battenti”. Con queste devono sopravvivere a Expo tutte quelle risposte a diverse forme di povertà alimentari che esistono a Milano, in Lombardia e nel resto del Paese.

“Allo stesso tempo – è la convinzione di Gualzetti – si deve continuare a tenere alta l’attenzione a livello internazionale sulla lotta alla fame e il diritto all’alimentazione. Expo è stata un’occasione unica, una grande ribalta per affrontare questi temi a livello planetario. Oggi bisogna trovare il modo per portare nelle sedi opportune, come la Fao, l’Onu, la Chiesa e la società civile questa tensione”.
M.VENTURELLI 06 nov 2015 00:00