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Roma
di PATRIZIA CAIFFA E FRANCESCO ROSSI (SIR) 11 giu 2015 00:00

Indebolisce l’Italia la chiusura del Nord a profughi e rifugiati

La decisione di Roberto Maroni, presidente della Lombardia, di tagliare i fondi ai Comuni che dovessero accettare i migranti, trova l’adesione dei governatori di Veneto e Liguria. Le reazioni della Caritas italiana e di Migrantes. Tante voci dai territori: don Claudio Visconti (Bergamo), don Virginio Colmegna e Pino Nardi (Milano), don Silvio Grilli (Genova), Gugliemo Frezza (Padova)

È scontro sull’accoglienza dei profughi tra Regioni del Nord Italia e governo, dopo la provocazione lanciata dal governatore della Lombardia, Roberto Maroni, di tagliare i fondi ai sindaci che dovessero accogliere nuovi migranti. Maroni intende coinvolgere in questa decisione anche Veneto e Liguria. Intanto dal G7 Matteo Renzi ha annunciato il contrario, ovvero che darà incentivi ai Comuni impegnati nell’accoglienza, mentre la Lega Nord minaccia di bloccare le prefetture e presidiare le strutture di accoglienza. Ad oggi il trend di arrivi sulle coste italiane è leggermente superiore a quello dello scorso anno, con 10mila presenze in più, mentre si prevedono complessivamente 200mila arrivi nel 2015 (a fronte di 170mila lo scorso anno).

Posizione anticostituzionale. “È una posizione profondamente sbagliata dal punto di vista costituzionale prima che dal punto di vista politico. Potrebbe prefigurare un conflitto tra Stato e Regioni”, ribadisce Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, ricordando come l’articolo 117 della Costituzione escluda “che le Regioni possano utilizzare a questo fine una specie di sanzione impropria, non dando i fondi che sono tenuti a dare per l’assistenza o altro”. Infatti, “secondo l’articolo 117 - chiarisce Flick - allo Stato appartengono le competenze su politica estera e rapporti con l’Unione europea, migrazioni, sicurezza e ordine pubblico, livelli essenziali di prestazioni per i diritti sociali e civili”. Anche la minaccia della Lega, secondo Flick, è “contro la legge” e potrebbe “arrivare al punto di configurarsi come un vero e proprio reato”.

Caritas e Migrantes, “no allo scontro politico”. Per Caritas italiana “non è il momento per fare dell’immigrazione un tema di scontro politico”; anzi, al contrario serve “un atteggiamento pronto al dialogo”, dichiara Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione. Simili prese di posizione, invece, non fanno “altro che alzare il livello di scontro, mentre l’opinione pubblica riceve un’immagine distorta del fenomeno”. Contraria alla “chiusura” verso profughi e rifugiati pure la Fondazione Migrantes, per la quale “chiudere le porte ai migranti indebolisce la credibilità dell’Italia in Europa”. La maggior parte dei profughi, precisano il presidente della Migrantes, monsignor Guerino Di Tora, e il direttore monsignor Giancarlo Perego, “non sono clandestini - come purtroppo si sente ripetere, anche in senso dispregiativo - ma con il diritto a una forma di protezione internazionale”, e questo segnale che viene dal Nord nuoce alla “credibilità dell’Italia, che si appresta a convincere i Paesi europei a un piano sull’immigrazione che prevedrebbe il ricollocamento o l’insediamento di persone che sbarcano sul territorio italiano”.

Le Caritas della Lombardia. Le istituzioni “dovrebbero lavorare insieme per risolvere i problemi anziché crearli”, ammonisce don Claudio Visconti, direttore di Caritas Bergamo e delegato regionale delle Caritas della Lombardia. Come Caritas bergamasca accoglie attualmente quasi 500 profughi, di cui oltre 200 coinvolti in lavori socialmente utili: pulire una strada, lavorare in oratorio, pulire i sentieri delle piste ciclabili. In tal modo, spiega Visconti, “stimoliamo i migranti a occupare bene il tempo” e “l’accoglienza diventa migliore, con maggiore prossimità da parte dei cittadini”. Di maggiore vicinanza, unita alla richiesta di una “diffusa cultura dell’ospitalità”, parla pure don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità “A. Abriani” di Milano. Colmegna invoca una risposta - da parte “della comunità cristiana e non solo” - in grado di mostrare “che la tradizione dell’ospitalità è uno degli elementi fondamentali” della nostra convivenza. E proprio Milano, che con l’Expo ha una “dimensione mondiale”, “ha bisogno di un respiro di solidarietà ancora maggiore”.

Territori accoglienti. Andando sui territori, la “tradizione di accoglienza” che si sperimenta specie nelle parrocchie e nelle realtà del mondo cattolico stride con i moniti della politica. Don Silvio Grilli, direttore del “Cittadino”, il settimanale diocesano di Genova, auspica che queste “siano solo battute propagandistiche, ma senza effetto”. “I sindaci sono già in difficoltà ad accoglierli, sono poche le realtà che ci riescono. Tagliare i fondi sarebbe una beffa”, osserva, evidenziando che solo il 2% dei migranti giunge in Liguria. Spostandosi in Veneto, Guglielmo Frezza, direttore del settimanale diocesano di Padova, “La Difesa del Popolo”, denuncia come la contrarietà all’accoglienza da parte di tanti enti locali sia “bipartisan” e il fenomeno duri “da mesi, anzi da anni”. “La strada ottimale - osserva Frezza - è quella della microaccoglienza, e abbiamo tanti casi virtuosi nelle nostre parrocchie: si ospitano 5-6 persone in un appartamento, e così possono diventare una presenza non invasiva e al tempo stesso una risorsa per la comunità”. Infine, tornando in Lombardia, Pino Nardi, direttore delle testate dell’arcidiocesi milanese, ricorda i ripetuti appelli della Chiesa ambrosiana a “una politica che si ponga a servizio dell’uomo, di tutto l’uomo”. In tal senso “il ruolo della politica - rimarca - è gestire questo fenomeno”. “Non si può pensare di continuare in una logica demagogica che porta alla chiusura. La politica deve coinvolgere ancora di più il terzo settore, la Caritas, l’associazionismo. Non basta - conclude - dire di no, e men che meno ricattare i Comuni disposti a fare il loro dovere”.
PATRIZIA CAIFFA E FRANCESCO ROSSI (SIR) 11 giu 2015 00:00