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Atene
di GIULIO ALBANESE 22 giu 2016 00:00

La Grecia stretta tra la crisi economica e l’emergenza dei profughi. Aiutarla si può e si deve

Si terrà ad Atene dal 7 al 9 luglio un seminario internazionale “Grecia, paradosso europeo, tra crisi e profughi”, promosso dalla campagna giubilare “Il diritto di rimanere nella propria terra” e dalla campagna nazionale “Una sola famiglia umana: cibo per tutti. È compito nostro”. L’intento dichiarato degli organizzatori – tra i quali spiccano la Caritas italiana, la Fondazione Missio e la Focsiv – è quello di promuovere un sano discernimento. Verranno approfondite le ragioni della crisi economica greca e della mobilità umana, soprattutto dalla sponda mediorientale, che interessa le coste elleniche. Il commento di padre Giulio Albanese per l'Agensir

Vi sono delle iniziative culturali che contano più di altre. È il caso del seminario internazionale “Grecia, paradosso europeo, tra crisi e profughi”, promosso dalla campagna giubilare “Il diritto di rimanere nella propria terra” e dalla campagna nazionale “Una sola famiglia umana: cibo per tutti. È compito nostro”. Si tratta di un’iniziativa che si svolgerà ad Atene dal 7 al 9 luglio prossimi, per approfondire le ragioni della crisi economica greca e della mobilità umana, soprattutto dalla sponda mediorientale, che interessa le coste elleniche. L’intento dichiarato degli organizzatori – tra i quali spiccano la Caritas italiana, la Fondazione Missio e la Focsiv – è quello di promuovere un sano discernimento.

Mai come oggi, infatti, è necessario contrastare il pensiero debole, tratto caratteristico della post-modernità che tende a confondere le situazioni complicate con quelle complesse. Nel primo caso, si tratta di questioni che vanno analizzate e che comunque sono, almeno idealmente, risolvibili. Il termine “complicato”, deriva dal latino “cum + plicare” e significa letteralmente “con pieghe”. Di conseguenza, può essere “spiegato”, identificando le varie parti, ciascuna riconoscibile. Sì, quasi fossimo di fronte ad una pila di documenti piegati su una scrivania che, uno alla volta, possono essere “dispiegati” per leggerne il contenuto specifico e dunque renderlo intelligibile. Al contrario, il termine complesso deriva dal latino da “cum + plectere”, che significa letteralmente, “con intrecci”, sottintendendo l’estrema difficoltà, se non addirittura persino l’impossibilità, a individuare le modalità per scioglierlo. In determinate situazioni, ad esempio, le condizioni morbose di un paziente in ospedale, possono essere determinate da più malattie, diverse tra loro, non solo sono compresenti, ma tendenti ad interagire tra loro in modo non agevolmente valutabile. L’equivoco di fondo, nella nostra società e spesso nelle nostre stesse comunità cristiane, sta proprio nel fatto che affrontiamo i problemi come se fossero “complicati”, cioè risolvibili in modo a sé stante, mentre invece sono “complessi”.

Sta di fatto che, seguendo questo indirizzo, ad esempio, i creditori internazionali hanno imposto un’austerity devastante al popolo ellenico, considerato troppo spendaccione, credendo così di risanare l’economia nazionale, senza però rendersi conto degli effetti collaterali. Di qui a quando nel 2018 si prenderanno decisioni vincolanti sula ristrutturazione del debito, i tassi di interesse, legati alla speculazione finanziaria, saranno per forza saliti vertiginosamente, procrastinando le sofferenze della popolazione, col rischio di vanificare ogni possibilità di ripresa della Grecia. A tale proposito è utile riflettere sulla comune origine filologica che accomuna i due termini in questione (complicato e complesso), ovvero la radice indoeuropea: “plek”. Da questa particella deriva in latino il verbo “plicare” (piegare); il verbo “plectere” (intrecciare), il suffisso “plex” (parte) e la parola “sine plex” da cui proviene nella nostra lingua italiana la parola “semplice”.

La vera sfida, dunque, nel nostro tempo, quello della globalizzazione dei mercati e non dei diritti della gente, consiste nel comprendere la complessità di tutto, senza scadere in banali semplificazioni. Per affrontare correttamente un fenomeno complesso, occorre conoscerlo nei dettagli, negli effetti, nelle cause e non solo come semplice analisi delle parti, perché il risultato finale non è la semplice somma delle componenti. Questo, in sostanza, significa, guardando ad esempio alla questione migratoria – che tanto preoccupa le classi dirigenti europee e vasti settori dell’opinione pubblica del Vecchio Continente – che questa, se opportunamente valutata, non può prescindere dalle cause che la generano (guerre, sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali, povertà…) e dalle difficoltà sociali, politiche, legislative ed economiche dei Paesi di accoglienza. Tutti questi fattori, interagiscono tra loro, a volte rendendo la matassa estremamente intricata e di difficile soluzione. Per questi motivi occorre essere pensanti, se vogliamo, come credenti, segnare la svolta, quella dell’agognato cambiamento.
GIULIO ALBANESE 22 giu 2016 00:00