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Brescia
di M. VENTURELLI 15 gen 2016 00:00

Parlare di unioni crea divisioni

Il 28 gennaio prende avvio al Senato il dibattito sul ddl Cirinnà che sta spaccando la politica e anche l’opinione pubblica. Alcune voci bresciane

Unioni che dividono? Non si tratta di una rivoluzionaria formula matematica ma della situazione che l’avvio del dibattito in Senato (previsto per il 28 gennaio) del Ddl Cirinnà che prevede la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” sta determinando nel Paese. Non si tratta di una divisione che interessa solo la politica, da sempre portata a dividersi su tutto e su tutto, ma anche nell’opinione pubblica ormai spaccata tra chi considera questa regolamentazione un atto di grande civiltà e chi vede in questo apparato normativo un duro attacco all’istituto della famiglia così come configurato dall’art.29 della Costituzione. Un tema, quello che il disegno di legge Cirinnà pone, che non può essere risolto con la semplice frattura tra guelfi e ghibellini ma che impone, come sta per altro facendo anche la Chiesa italiana, una serie riflessione su quella che è veramente la posta in gioco e i reali obiettivi che si vogliono raggiungere con una legge che, a detta di molti, potrebbe essere bypassata con semplici aggiustamenti del codice civile.

Da qui la levata di scudi di chi ritiene il “Cirinnà” un cavallo di Troia per arrivare laddove precedenti tentativi di aprire al matrimonio tra persone dello stesso sesso avevano fallito. In una recente intervista al “Corriere della Sera”, il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, auspicava la presenza di “parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale sappiano prendere iniziative efficaci per impedire soluzioni pasticciate o fughe in avanti fatte passare per conquiste civili”.

Non è solo il tema di una regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso a creare contrapposizione. C’è anche quello, per certi aspetti più grave e problematico, dell’introduzione della “stepchild adoption”, una figura giuridica derivata dal sistema anglossasone e che ammette l’adozione da parte di uno dei due componenti di una coppia del figlio, naturale o adottivo, del partner e che può riferirsi sia a coppie eterosessuali che omosessuali. Una novità che, per chi contesta il Cirinnà, aprirebbe la strada alla pratica dell’utero in affitto, per altro vietata in Italia, ma aggirata con viaggi nei Paesi in cui questa pratica opinabile è permessa. “Voce” ha raccolto alcuni pareri. Ha chiesto a Riccardo Montagnoli, presidente dei giuristici cattolici bresciani di spiegare cosa c’è veramente in gioco col ddl Cirinnà. A parlamentari e politici bresciani è stato chiesto di esprimere un parere sulla discussione in atto e, se possibile, la loro posizione personale.
M. VENTURELLI 15 gen 2016 00:00