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Brescia
di M. VENTURELLI 18 apr 2016 00:00

Referendum: la posta in gioco

Mancano ormai poche ore al referendum abrogativo del 17 aprile. Dopo una campagna informativa fiacca la vera sfida è quella del quorum. Ascolta l'intervista a don Gabriele Scalmana sulle questioni chiave del referendum sulle trivellazioni in mare

Conto alla rovescia per il referendum di domenica 17 aprile, con gli elettori chiamati a pronunciarsi (secondo quanto previsto dall’art. 75 della Costituzione) sull’abrogazione dell’articolo 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) che regola la durata delle trivellazioni in mare. Sono quasi 47 milioni gli italiani chiamati al voto negli 8.000 comuni e nelle 61.563 sezioni elettorali. A questi vanno aggiunti i quasi 4 milioni di elettori residenti all’estero, che potranno esprimere il loro voto per corrispondenza.

Regioni. Il referendum è stato voluto da nove Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto) preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo di un maggiore sfruttamento degli idrocarburi. Indipendentemente dal risultato che uscirà dalla urne (e ammesso che si raggiunga il quorum dei votanti del 50% più uno), non si arriverà a un alt immediato né generalizzato alle trivellazioni. Il quesito referendario chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Il quesito referendario, che nella sua formulazione appare di portata limitata, in realtà pone agli elettori una questione più ampia: quella del rapporto tra fonti energetiche tradizionali e quelle meno impattanti per il territorio e l’ambiente.

Quesito. Questa, liberata dal “burocratese, è la domanda stampata sulla scheda elettorale: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?” Chi vuole eliminare le trivelle dai mari italiani deve votare sì, chi vuole che le trivelle restino senza una scadenza deve votare no. A sostegno delle ragioni del Sì e del No sono nati comitati che in queste ultime ore di una campagna informativa (un po’ sotto tono) sono al lavoro per convincere gli elettori.

Ragioni. Secondo i calcoli di Legambiente, capofila del fronte del Sì, gli idrocarburi estratti dalle piattaforme soggette a referendum coprono meno dell’1% del fabbisogno nazionale di petrolio e il 3% di quello di gas. Se le riserve marine di petrolio venissero usate per coprire l’intero fabbisogno nazionale, durerebbero meno di due mesi. Secondo i calcoli del Comitato Ottimisti e razionali (No), la produzione italiana di gas e di petrolio – a terra e in mare – copre, rispettivamente, l’11,8% e il 10,3% del nostro fabbisogno. Al di là delle ragioni portate dai diversi comitati, la vera sfida a poche ore dal voto e con una campagna elettorale particolarmente tiepida, sembra essere quella del raggiungimento del quorum necessario per la validità del referendum.
M. VENTURELLI 18 apr 2016 00:00