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14 feb 2022 07:51

Chi usa la guerra non può chiamarsi cristiano

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L'accorato appello alla responsabilità del Nunzio apostolico in Ucraina e la preghiera di papa Francesco dopo l'Angelus. La tensione nel Paese è sempre più alta

“Le notizie che giungono dall’Ucraina sono molto preoccupanti. Affido all’intercessione della Vergine Maria e alla coscienza dei responsabili politici ogni sforzo per la pace. Preghiamo in silenzio”. Questa la preghiera che papa Francesco ha elevato ieri, dopo la recita dell’Angelus, in piazza San Pietro.

Le sue parole hanno fatto eco, a quelle più dure di mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina. “Ripeto a tutti che chi causa guerra oppure chi non si impegna a proteggere la pace non ha diritto a chiamarsi cristiano- ha affermato - La gente è molto preoccupata e tesa. È evidente che i politici spesso non riescono a trovare strumenti adatti per superare i conflitti, perché c’è quasi sempre una qualche contrapposizione tra gli interessi di parte”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche le riflessioni dell’arcivescovo Borys Gudziak, capo del Dipartimento delle relazioni esterne della Chiesa greco-cattolica. “Il nostro appello ai potenti della terra è che vedano la gente vera, i bambini, le madri, gli anziani. Che vedano i giovani impegnati al fronte. Non c’è nessuna ragione perché vengano uccisi, perché siano creati nuovi orfani e nuove vedove. Non c’è nessuna ragione per rendere ancora più povero un intero popolo”. Da otto anni, infatti, è in corso in Ucraina una guerra che ha definito “ibrida” e che ha già causato due milioni di sfollati interni che hanno dovuto lasciare le loro case e 14mila vittime”. La crisi ucraina sta diventando di giorno in giorno più incandescente, lo testimoniano anche gli incontri diplomatici, le telefonate e i colloqui bilaterali che si fanno via via più frequenti, quasi frenetici. La conferma arriva ancora dall’arcivescovo, metropolita di Philadelphia ma attualmente in Ucraina: “Solo in gennaio – racconta – abbiamo avuto mille segnalazioni di minacce di bombe. Scrivono alla polizia che la scuola x è minacciata da un possibile attacco bomba. A quel punto scatta l’allarme e i bambini vengono evacuati. Mille volte è successo in Ucraina nel mese scorso. Si utilizzano quindi tutti i mezzi per far crollare dal di dentro un paese, gettando panico. Sono quindi molto impressionato nel vedere quanto invece qui la gente sia forte, resista, non si lasci prendere dalla paura”.

L’arcivescovo Gudziak si rivolge all’Europa: “E’ molto importante che tutte le persone si informino e conoscano quali sono le condizioni reali di questo conflitto. Non è una guerra contro la Nato e a difesa di un pericolo ucraino o occidentale ma è una guerra contro gli ideali della libertà. E’ una guerra contro i valori della democrazie e i principi europei che hanno un fondamento anche cristiano”.

In queste settimane il mondo sta guardando con attenzione alla paura di una nuova guerra ma la guerra per noi continua e ci sono grandi bisogni umanitari. Il Papa lo sa. Conosce la situazione”. A Kiev le strade sono vuote e i cattolici si danno appuntamento nelle Chiese o via web per pregare per la pace. “Si respira un grande clima di insicurezza davanti alle minacce che possono arrivare in ogni momento”, racconta dalla capitale ucraina don Taras Zheplinskyi, capo redattore del Dipartimento di comunicazione della Chiesa greco-cattolica ucraina. “Non si sa se ci sarà un attacco armato da parte dei russi oppure una invasione da terra. Non sappiamo cioè quale forma prenderà questa minaccia. E davanti ad ogni possibile attacco armato, anche nella nostra capitale di Kiev, le persone si stanno preparando”. La gente ha pronta una valigia di emergenza dove ha messo le cose più importanti come i documenti, le medicine, un po’ di cibo, insomma tutto quello che può servire in un rifugio. La vita però cerca di continuare normale anche se le strade a Kiev sono stranamente vuote. Si va a lavoro. Si studia. Alcune classi sono chiuse per Covid e le lezioni si fanno online. Ma ovunque aleggia la minaccia della guerra. Nella capitale, i rifugi sono attrezzati per accogliere la popolazione in caso di un attacco. Più di una settimana fa, racconta don Taras, il presidente si è rivolto con un video messaggio alla nazione chiedendo ai cittadini ucraini di non cadere nel panico.

Ma non è facile.Le persone vedono che aumentano il numero dei soldati lungo le frontiere ucraine, che le famiglie dei diplomatici stanno lasciando il Paese, che il presidente degli Stati Uniti sta inviando i suoi soldati in Polonia e in Romania e nei paesi sulle frontiere ad est della Nato. Sono tutti fatti che in qualche modo ci stanno obbligando a prepararci al peggiore degli scenari”. Nonostante tutti siano pronti a qualsiasi scenario, le chiese stanno sostenendo la speranza della pace. Lo fanno attraverso la preghiera. Tutti i giorni alle 8 di sera, la comunità cattolica si unisce online per pregare per la pace in Ucraina. Più di 27mila persone ogni giorno partecipano alla recita del Rosario. “Non sono solo visualizzazioni – tiene a precisare don Taras – ma collegamenti online”. In tutte le chiese, dopo ogni liturgia, si canta una preghiera speciale per la pace in Ucraina. “La preghiera è uno strumento per consolidare l’unità della società, per rafforzare la comunità cristiana e sostenere con la fede la speranza per una soluzione pacifica. Quando la via diplomatica è difficile, a volta sembra addirittura impossibile, noi cristiani sappiamo che c’è Dio che opera nella storia e sappiamo che sarà Dio a toccare i cuori dei potenti e dei capi dei governi perché sappiano risolvere i motivi del conflitto in modo pacifico e attraverso le vie diplomatiche”.

Intanto anche ieri, nella chiesa di San Giuseppe, la comunità ucraina che vive a Brescia, si è riunita in preghiera perché la pace possa prevalere sui venti di guerra che minacciano il loro Paese.

14 feb 2022 07:51