Un fuoco sempre più difficile da spegnere
il card. Pizzaballa e padre Francesco Patton commentano la guerra tra Israele e Iran

“Siamo risucchiati dentro una spirale di violenza sempre maggiore. Siamo imprigionati dentro un circolo vizioso dal quale non riusciamo ad uscire, dove il senso di potenza e la dimostrazione di forza, la presunzione di salvarci attraverso i nostri potenti mezzi e le nostre strategie umane, dove insomma il potere dell’inganno e della menzogna ci accecano”.
Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, celebrando ieri, domenica 15 giugno, nel convento di san Salvatore, nella città santa, le ordinazioni diaconali di 12 frati della Custodia. Parole che rimandano direttamente all’escalation di guerra tra Israele e Iran, scoppiata venerdì 13 giugno. “Ci illudiamo di apparire forti – ha aggiunto il patriarca – ma in realtà siamo deboli, incapaci di pensarci dentro il progetto di Dio, e ci perdiamo, o ci perderemo, dietro le nostre menzognere strategie di potere umano, dal corto respiro e che produrranno solo morte”.
Commentando le letture il cardinale ha evidenziato come l’opera del serpente, narrata nel brano della Genesi, miri “a separare l’umanità dal suo creatore, e lo fa dicendo parole che generano nel cuore dell’uomo una menzogna, un’immagine distorta di Dio”. Così “l’umanità che ascolta le parole menzognere del serpente si trova alla fine isolata, povera e dispersa. E lo constatiamo ogni giorno sempre di più, purtroppo”. Invece, l’umanità che accoglie le parole di Gesù ritrova la verità di Dio, della comunione e dell’amore reciproco, che rende l’umanità ricca di bene, di relazioni, di vita. Quanto abbiamo bisogno di questa verità per la nostra Terra Santa, per le nostre relazioni, per le nostre comunità ecclesiali e civili”. L’opera di Dio, ha, quindi, spiegato, “è portarci pian piano dentro questo nuovo modo di vivere e di pensare, quello della comunione”.
“Alla de-escalation è stata preferita l’escalation, aumentare il numero di guerre in corso, anziché cominciare a chiuderne qualcuna. E non sappiamo per quanto ancora si vorrà allargare il perimetro del conflitto prima che non crolli tutto”. Sono queste, invece, le parole con cui padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, ha commentato la guerra tra Israele e Iran. Il suo timore è che “una volta appiccato, non si riesca più a controllare questo fuoco. Basta un soffio di vento perché volga le sue fiamme in una direzione o in un’altra senza controllo. E di fronti aperti ce ne sono già più di uno”.
I morti, i feriti, le strutture colpite e ridotte in macerie in questi primissimi giorni di guerra, aggiunge il Custode, “stanno facendo sentire anche qui in Israele le conseguenze di una guerra in cui non ci si limita a colpire, ma si comincia anche ad essere colpiti e questo ha un peso enorme”. Padre Patton parla di “clima spettrale: in giro non c’è nessuno, negozi, uffici, scuole chiuse. Soldati e poliziotti sono ovunque, anche agli ingressi della Città Vecchia. Il Muro è chiuso, così come la basilica del Santo Sepolcro, la Spianata delle Moschee. Vietata ogni forma di assembramento e di manifestazione. Viviamo in una situazione che ci lascia anche col fiato sospeso perché noi non sappiamo quanti missili hanno ancora a disposizione gli iraniani da lanciare contro Israele”.
In questo contesto, il Custode ribadisce un concetto già espresso il giorno dei primi attacchi israeliani all’Iran, nell’omelia per la festa di S. Antonio, protettore della Custodia: “Confidiamo nell’efficacia della preghiera. Ancora una volta rinnoviamo il nostro voto a Sant’Antonio, perché ci protegga come già ci ha protetti in passato e perché protegga la gente di questa terra e perché ci doni la grazia, passata anche questa ora di tenebra, di portare avanti la nostra missione”. Il giudizio di padre Patton su quanto sta accadendo è severo soprattutto circa le responsabilità della comunità internazionale e dei vari attori regionali: “tutti dovrebbero farsi un esame di coscienza, a cominciare da chi occupa un seggio alle Nazioni Unite. Tutti dovrebbero rileggersi quella Carta che hanno sottoscritto per entrare a far parte delle Nazioni Unite e tutti dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza e chiedersi il perché di questa ripresa della logica della violenza che sostituisce completamente la logica del dialogo diplomatico e della negoziazione, anche dura. Se non si ritorna alla logica fondatrice delle Nazioni Unite – conclude – il mondo continuerà nella via pericolosa della instabilità. Non parleremo più di Terza guerra mondiale a pezzi, ma di Terza guerra mondiale globale”.