Verso una voragine irreparabile
Il mondo in ansia per l'escalation della guerra tra Israele e Iran dopo i bombardamenti ordinati da Trump

Meno di quattro minuti di discorso e un tweet di poche righe hanno annunciato al mondo che gli Stati Uniti hanno bombardato tre siti nucleari in Iran, sancendo ufficialmente l’entrata in guerra anche di Washington. In una partita che fino a quel momento si era giocata solo a due, tra Benjamin Netanyahu e l’ayatollah Ali Khamenei, è entrato ora anche Donald Trump. Il presidente americano, in un discorso dalla Casa Bianca, alle 22 di Washington (le 4 del mattino in Italia), ha esordito dicendo: “Stasera posso annunciare al mondo che gli attacchi sono stati uno spettacolare successo militare. Gli impianti di arricchimento nucleare dell’Iran sono stati completamente e totalmente distrutti”. L’affermazione di Trump sull’esito dei raid non ha potuto essere confermata in modo indipendente, ma un funzionario del Pentagono, raggiunto dal Times, ha dichiarato che sei bombardieri B-2 hanno sganciato una dozzina di bombe bunker buster da 30mila libbre sul sito nucleare di Fordo, che si trova in profondità nel sottosuolo, e che i sottomarini della Marina hanno lanciato 30 missili da crociera Tlam contro i siti di Natanz e Isfahan. Un B-2 ha inoltre sganciato due bombe bunker buster su Natanz.
“L’Iran è un bullo del Medio Oriente. È ora che scelga la pace. Se non lo farà, gli attacchi futuri saranno molto più estesi e molto più facili”, ha continuato Trump nel suo discorso, affiancato dai volti impassibili del vicepresidente J.D. Vance, del segretario alla Difesa Pete Hegseth e del segretario di Stato Marco Rubio. “O ci sarà la pace o ci sarà la tragedia”, ha minacciato il presidente americano, aggiungendo che “se la pace non arriva rapidamente, colpiremo quegli altri obiettivi con precisione, velocità e abilità”.
Trump ha sostenuto poi che “per 40 anni, l’Iran ha detto: ‘Morte all’America, morte a Israele’”, e questa minaccia sembra ancora molto viva e possibile, soprattutto secondo gli esperti dell’intelligence, che si aspettano ritorsioni iraniane contro basi militari statunitensi nell’area o contro obiettivi Usa particolarmente sensibili in altre parti del mondo. Oltre ad aver definito l’operazione “spettacolare”, il presidente Usa, nei suoi quasi 4 minuti davanti alle camere dell’intero Paese, ha anche invocato Dio e quasi una sua benedizione per questa nuova fase di guerra. “Ti amiamo, Dio, e amiamo il nostro grande esercito”, ha detto Trump, associando alla sua pace armata un beneplacito dall’Alto, nonostante un altro americano, papa Leone XIV, continui invece a invocare “una pace disarmata e disarmante”.
Le parole sono accorate e mirate, la fronte corrugata, le mani strette sul foglio bianco. Il richiamo è a chi detiene ruoli di governo ma anche ad ogni membro della comunità internazionale perché usi “ragione” e “responsabilità” prima che si imbocchi una via senza ritorno per l’umanità. Papa Leone XIV, affacciato ieri dalla finestra del Palazzo Apostolico per l’Angelus, ha lanciato il suo appello in un momento di massima tensione in Medio Oriente, da cui – dice – “si susseguono notizie allarmanti", "soprattutto dall’Iran”.
Il Papa ha invitato è a fermare la spirale violenze prima che si allarghino fino a diventare “una voragine irreparabile”. Tutti sono chiamati in causa, perché “non esistono conflitti lontani, quando la dignità umana è in gioco”, ha chiosato Leone XIV. Il suo sguardo si è poi posato sulle singole persone, spesso derubricate a numeri di morti e feriti per aride cronache. “Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini e il futuro rubato”, ha sottolineato. Da qui un ultimo, vigoroso, appello a mettere in pratica gli strumenti diplomatici. “Che la diplomazia – sono state le sue parole - faccia tacere le armi, che le nazioni traccino il loro futuro con opere di pace non con la violenza e conflitti sanguinosi”.
Critiche sono piovute su Trump, che nelle ore successive ha aperto anche all’ipotesi di un cambio di regime a Teheran, anche da parte dei membri del Congresso, informati della decisione non nelle 48 ore previste dalla legislazione e senza possibilità di usufruire dei 60 giorni di dibattito prima di avallare qualsiasi guerra: uno smacco al potere legislativo, che i presidenti, a turno, hanno applicato.
Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha dichiarato in un tweet, subito dopo il discorso di Trump, che “c’è un rischio crescente che questo conflitto possa rapidamente sfuggire al controllo, con conseguenze catastrofiche per i civili, la regione e il mondo”. Guterres ha invitato tutti alla de-escalation e ha richiamato le norme del diritto internazionale, totalmente violate dalle scelte unilaterali messe in atto dagli Stati mediorientali. “Non esiste una soluzione militare. L’unica via d’uscita è la diplomazia. L’unica speranza è la pace”, ha ribadito il segretario dell’Onu.
Il premier israeliano Netanyahu ha elogiato la decisione dicendo che gli Stati Uniti “hanno fatto ciò che nessun altro Paese al mondo avrebbe potuto fare. La storia ricorderà che il presidente Trump ha agito per negare al regime più pericoloso del mondo le armi più pericolose del mondo”. Intanto massima allerta è scattata sia a Washington che a New York, dove, nel timore di ritorsioni, si è rafforzata la difesa degli edifici del governo ma anche di alcuni edifici religiosi, mentre la dichiarazione di guerra rilanciata da Teheran stavolta ha contorni molto più reali di una semplice minaccia.