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di TINO BINO 25 feb 2016 00:00

Brescia Musei, ambizioni e frustrazioni

È stata una falsa partenza quella della nuova gestione, del nuovo statuto, dei nuovi propositi, degli ambiziosi obiettivi di “Brescia Musei”...

È stata una falsa partenza quella della nuova gestione, del nuovo statuto, dei nuovi propositi, degli ambiziosi obiettivi di “Brescia Musei”, la fondazione presieduta dall’ottimismo e dalla competenza di Massimo Minini, voluta dal comune come modello di una gestione efficiente ed efficace del patrimonio museale della città, compreso il Castello e il colle del Cidneo, con, sovrappiù, il teatro cinema Eden. La fondazione, ampliata di beni da valorizzare e di musei da gestire, a cominciare dalla sempre chiusa pinacoteca Tosio Martinengo ( se ne prevede la riapertura fra un paio d’anni), si è dotata di un controverso statuto,e di una convenzione complicata con affidamento dei beni in dote,da parte del Comune, per i prossimi 20 anni, suscitando per questo i timori dei due soci esterni, la fondazione Cab e la Camera di Commercio che si sono sfilati dall’istituto. Conseguenti le dimissioni, che si sono estese all’intero consiglio di amministrazione. Il Comune non si è scomposto più di tanto ed ha emanato un bando per raccogliere nuovi soci e nuove candidature per il consiglio entro il prossimo sette marzo. Tutto semplice dunque. Nella forma forse. Si pensa per questo alla sostituzione dei soci dimissionari con qualche ente che sta sul mercato come Bresciatourism, e poi il rinnovamento del consiglio con inalterata la presidenza di Minini, che, va detto, per la sua parte, si è mosso sin qui con molta convinzione e con qualche risultato. Ma il problema che rimane scoperto, il nervo dolorante è il senso stesso della fondazione.

Che è utile, ed è in tale direzione, un modello praticato in moltissime sedi culturali italiane ed europee se serve a dotare la dimensione culturale della propria città di risorse private, quelle che il Comune da solo non è più in grado di garantire. Quello che serve è un socio privato di buone dimensioni, di considerevoli disponibilità, se si vogliono davvero raggiungere le ambizioni che si sono messe sulla carta. I partners privati che concorrono a gestire le fondazioni culturali sono solitamente le banche locali e poi le grandi imprese che danno identità al territorio . È questa partnership che Brescia non ha mai coltivato,avendo per tanti anni,le spalle coperte dall’Asm che garantiva al Comune risorse ed energie da “spartire” sui tanti comparti, compreso la cultura.

Ma con l’avvento della crisi economica e poi con lo spostamento dei centri di potere, dalla banche alla Asm, Brescia pare (anche se così non è) povera di risorse private, essendo reale al contrario la riduzione al lumicino di quelle pubbliche. Del resto la povertà francescana con cui vivono le istituzioni culturali bresciane (dalla Civiltà Bresciana alla Associazione artisti) dicono che la ricerca risorse private deve essere un settore emergente nell’attività pubblica.

La fondazione Brescia Musei dovrà riorganizzarsi istituendo, come primo pilastro, una sezione di fundraising, che sondi anche gli sponsor nazionali, dalle grandi banche, all’Enel, Tim, ecc., assieme alle aziende bresciane di peso. Ho lasciato infine sullo sfondo, non perché sia di minore importanza, il tema propriamente culturale della fondazione, la nomina di comitati scientifici, la riforma della organizzazione, il progetto complessivo di riordino museale, gli obiettivi culturali della città. Che è cresciuta in questi anni di beni valorizzati (dai reperti romani al recupero di strumenti), in una dimensione che esige adesso un più imponente sforzo collettivo di gestione.
TINO BINO 25 feb 2016 00:00