lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Milano
di EMILIO DEL BONO 29 gen 2025 19:00

Cattolici: c’è ancora pensiero?

Cosa serve che facciano i cattolici in questa stagione di cambiamento d’epoca come l’ha definita Papa Francesco? Di questo si è discusso con libertà e freschezza a Milano dopo le Settimane sociali dei cattolici italiani a Trieste. Ed è emerso come servano, anzi direi urgano due atteggiamenti, due comportamenti: il primo è quello di ricostruire una rete di relazioni attive e proficue tra coloro che sono impegnati in modo diversificato nel mondo del sociale, della cooperazione, del sindacato, dei partiti e delle Amministrazioni locali. Questa rete è necessario che sia viva per una ricaduta non direttamente partitica ma politica sì. Cioè non può non esserci una medesima visione della Polis in gioco e non può non esserci una significanza che unisce la nostra presenza nella società italiana. Diversamente, la pur efficace presenza dei cattolici democratici e popolari nel tessuto sociale italiano rischia di rimanere una corsa più o meno individuale ma senza una visione strategica. E senza alcuna funzione pedagogica. E poi, il secondo atteggiamento, è quello di capire se c’è ancora un pensiero politico originale, attuale, utile dei cattolici italiani rispetto alle sfide della nostra contemporaneità. Senza nostalgie e senza sguardo rivolto all’indietro.

Pensiero politico. Un pensiero politico le cui coordinate vanno profondamente aggiornate alla luce della evoluzione della Dottrina sociale della Chiesa ma anche e soprattutto a seguito degli accadimenti della storia. Così oggi come può la cultura cattolico popolare non marcare con forza l’esigenza che la categoria della fraternità appare l’unica che possa rifondare il tema della universalità dei diritti umani? Come potremmo comprendere e far sopravvivere le conquiste dei due secoli che ci siamo lasciati alle spalle delle categorie fondanti della libertà e dell’eguaglianza (rafforzate dalla tradizione liberale e della Rivoluzione francese) se non le ricollochiamo intorno al principio, straordinariamente cristiano, della relazionalità, della fratellanza, dei Fratelli tutti. Ha scritto il Papa Francesco: “Senza la fraternità, l’eguaglianza e la libertà resteranno sempre valori minacciati, deboli e contraddetti”. Perché mai dovrebbe avere futuro la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 (“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”), se non attraverso il riconoscimento e il valore universale che siamo tutti fratelli? Come potrebbe reggere una nuova politica internazionale in uno scenario nel quale la prima categoria che viene picconata è quella della fratellanza? Eppure oggi assistiamo a un ritorno prepotente dei nazionalismi, a un linguaggio bellicoso, aggressivo, alla ricerca costante di un nemico che giustifichi una cattiveria e una volontà demolitoria. Da una stagione, quella della fine del secolo scorso, nella quale si discuteva di cooperazione tra Stati e di disarmo, siamo passati ad un’altra, dove il conflitto che si fa guerra, la terza guerra mondiale in frammenti, e il riarmo sono i nuovi assiomi. E come si fa a non vedere la necessità, in questo contesto, di un Pensiero politico cattolico che si fa lievito e visione? E come possiamo non rilanciare l’unica grande prospettiva utile a difendere i nostri cittadini ovvero l’Unità Europea, politica, economica, di difesa, sociale e dei saperi. Dove diventa chiaro che è tempo di scegliere oltre l’equilibrismo delle Diplomazie e dei Governi anche di quello italiano. Come si può infatti insieme essere per l’Europa delle Nazioni e poi dentro il motore di governo europeo per rallentarne il salto di qualità e di unità politica? E va guardata in faccia la crisi delle democrazie occidentali a cominciare dalla nostra che bussa prepotentemente alla porta e riguarda anche i nostri tentennamenti e le nostre convenienze. Non perché vi siano fascismi, tecnicamente alle porte, ma involuzioni della democrazia certamente sì, perchè i popoli europei si sono “stancati” delle democrazie e, come disse Romano Guardini (e lui se ne intendeva avendo visto l’ascesa del nazionalsocialismo in Germania), il totalitarismo prima che da di fuori viene dal di dentro. E quindi urge riproporre con forza una visione autenticamente democratica, ovvero quella che per i cattolici non può che essere una democrazia della partecipazione, del bilanciamento dei poteri, dell’attenzione precipua alle autonomie locali. Una democrazia quindi che non si piega esclusivamente sul rafforzamento dei Governi e dei Presidenzialismi con conseguentemente svilimento delle Assemblee elettive, ma che ritrova il gusto e la centralità dei luoghi della rappresentanza e della partecipazione democratica, che allarga in orizzontale non che si riduce al verticale. E i cattolici come non possono sentirsi scossi e non chiamati in causa di fronte alla erosione del modello di economia sociale di mercato, dove le regole, la tutela del consumatore, il freno agli oligopoli sembrano svanire? Se 30 anni fa trionfavano, oggi la democrazia liberale e il capitalismo globale hanno perso la relazione. Oggi la sintesi di democrazia e capitalismo, il capitalismo democratico è in crisi. Se non si ricostruirà un nuovo equilibrio tra economia di mercato e politica democratica, la democrazia liberale potrebbe davvero crollare e senza Stato di diritto, regolazione, strumenti di ridistribuzione della ricchezza, costruzione di sistemi di protezione sociale dei cittadini, il capitalismo come già si sa, diventa sopraffazione e moltiplicazione delle diseguaglianze. E come può il mondo cattolico fingere che la china che ha preso il modello di Stato sociale, la più grande invenzione del XX secolo, sta passando dalla universalità delle prestazioni al ritorno prepotente delle corporazioni, dove la tutela sociale, dalla salute alla istruzione appare sempre più una opportunità selettiva, fondata su ragioni di censo, di luogo di residenza, di livello culturale piuttosto che dal requisito della cittadinanza?

Ruolo pedagogico. I cattolici hanno sempre avuto un ruolo anche pedagogico oltre che politico nella società italiana, hanno orientato e fatto maturare una concezione della vita e del mondo che ha lasciato il segno, certo non soli, in compagnia con altre culture laiche e oggi diremmo anche multireligiose, ma non possono scappare dalle loro responsabilità. Tutto questo, si è detto a Milano, non per fare oggi un partito o ancora più modestamente e riduttivamente una corrente (ciascuno ha il proprio posto dove giocarsi la partita), ma per suscitare nuove passioni, nuove idee, il ricostruirsi di un pensiero politico solido e visionario che legga con lucidità le cause e indichi percorsi di uscita e soluzioni. Ci sono oggi cantieri aperti e personalità in particolare giovani e donne, profonde e vivaci, è tempo che insieme riflettano, si riuniscano e aiutino il Paese a ritrovare la bussola per un futuro sicuro e carico di speranza.

EMILIO DEL BONO 29 gen 2025 19:00