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di GRAZIANO TARANTINI 24 apr 2015 00:00

Dar da bere agli assetati...

La seconda opera di Misericordia corporale commentata da Graziano Tarantini

L’acqua è la vita ma è una risorsa scarsa. Eppure la sua familiarità spesso ci fa dimenticare la sua importanza di bene insostituibile. In apparenza sembra inesauribile, ma costituisce ancora, sul piano della sua disponibilità, una preoccupazione per molti Stati. Alcuni numeri danno l’idea di cosa stiamo parlando. Il volume totale dell’acqua che contiene la Terra è stimato in 1,34 miliardi di chilometri cubi, ma oceani, mari e laghi salati rappresentano da soli il 97% del totale. Dei 38,3 milioni di chilometri cubi di acqua dolce sono effettivamente disponibili solo 8,8 milioni (la massa dei ghiacciai e delle calotte polari è da considerarsi non direttamente utilizzabile). L’acqua a cui l’uomo attinge più di frequente è quella di fiumi e laghi stimata intorno ai 1250 chilometri cubi. Rappresenta un volume statico, cioè misurato in un istante preciso, mentre l’apporto annuale medio di tutti i corsi d’acqua è circa trenta volte, supera i 35mila chilometri cubi.

Questo dato può sembrare rassicurante ma in realtà è solo due volte la quantità di acqua necessaria per soddisfare il fabbisogno mondiale. Le previsioni dicono che tra meno di un secolo raddoppierà. L’errore in passato di non aver riconosciuto all’acqua un valore economico ha portato a sprechi e danni ambientali. Anche l’Italia ha ancora una lunga strada da percorrere. Con il referendum del 2011 si è eliminata dal calcolo della tariffa la remunerazione del capitale investito. Ciò permetterebbe di ripagare con gli introiti derivanti dalle bollette solo i costi operativi gestionali, mentre tutto quanto attiene a nuovi impianti e reti o alla manutenzione delle vecchie infrastrutture sarebbe a fondo perduto.

Togliendo interesse agli investitori privati ci si chiede come Stato ed enti locali possano far fronte agli investimenti di cui le reti idriche necessitano, stimati in 60 miliardi per i prossimi 30 anni (Bluebook 2010). Questa cifra è dovuta soprattutto all’obsolescenza degli acquedotti che, in media in Italia, perdono il 37% dell’acqua immessa, con punte sopra il 50%. L’Autorità regolatoria ha in parte rimediato a tale anomalia introducendo sistemi tariffari analoghi a quelli del gas e dell’energia elettrica. L’acqua naturalmente è un bene pubblico, ma servono reti di captazione e distribuzione efficienti per raggiungere gli utenti e le aree dove ancora esistono problemi di fornitura regolare. Non vanno dimenticati e poi le fognature e i depuratori a tutela di fiumi, laghi e mari. E tutto questo, è realismo dirlo, dipende dalla capacità di fare investimenti.
GRAZIANO TARANTINI 24 apr 2015 00:00