Il costo dell'illegalità

Parlare di lotta alla corruzione, di patrimoni illegali, di criminalità economica oggi sembra un po’ fuori moda. Sono lontani i tempi in cui questi temi scuotevano l’opinione pubblica. Vero è che in questi ultimi 15-20 anni dei passi avanti significativi sono stati fatti. La legislazione penale è stata migliorata, anche sulla scorta di precise direttive europee, si sono introdotte procedure per aziende e pubbliche amministrazioni volte a migliorare la trasparenza dei processi decisionali e prevenire i rischi, è stata istituita una Autorità nazionale anticorruzione che rappresenta un importante presidio di vigilanza. Eppure basterebbero un po’ di numeri per rendersi conto quanto ancora oggi questi fenomeni impattino, in modo inaccettabile, sull’economia del nostro paese. I costi della corruzione si misurano in decine di miliardi di euro, e secondo alcune stime il valore totale dell’economia sommersa, che viene alimentata per una parte non irrilevante da circuiti criminali, ammonta a quasi un terzo del Pil italiano. Tutto questo produce effetti ben noti, oltre ai danni all’erario: riduzione di qualità ed efficienza della nostra pubblica amministrazione, inquinamento pesante dell’economia con lesione dei principi del libero mercato e della concorrenza, contrazione della crescita, crescente sfiducia nelle istituzioni. Per questo è un grave errore pensare di abbassare la guardia, di ritenere residuale il fenomeno, anche alla luce del fatto che nel nostro paese non è venuta meno la pesante presenza della criminalità organizzata, che è radicata nel sud ma investe al nord, e che gli strumenti e i mezzi con i quali si producono le immense ricchezze criminali sono sempre più sofisticati e in costante evoluzione. Questo obbliga le autorità pubbliche, a partire dal legislatore, ad adeguare costantemente le modalità di risposta e contrasto ai fenomeni corruttivi e al riciclaggio, pena l’inquinamento sempre più profondo del nostro sistema economico. Qualche perplessità, sotto questo profilo, destano alcune recenti riforme, in particolare quella del codice degli appalti, che ha introdotto un notevole innalzamento di soglia economica per l’affidamento diretto di lavori, servizi o forniture, suscitando le riserve dell’Anac, e anche l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, che invece alza la soglia di tolleranza nei confronti delle irregolarità della pubblica amministrazione, senza parallelamente introdurre più rigorosi controlli.
È evidente peraltro che la lotta a questi fenomeni criminali non può essere affidata alla sola repressione. L’apparato sanzionatorio deve essere affilato ed efficace, ma senza un sistema di procedure e di norme che siano in grado di favorire la prevenzione dei fenomeni corruttivi, e di mettere in allerta le autorità di fronte a segnali sospetti, ogni sforzo di contrasto rischia di essere vano. Anche ai livelli istituzionali più alti, e penso anzitutto al ruolo e alla funzione dei parlamentari, occorrerebbe introdurre discipline più rigorose e chiare quanto ai potenziali conflitti di interesse, e regolamentare meglio le attività di lobbying, che di per sè sono assolutamente lecite, a condizione che siano rese trasparenti. Non tutto però può essere affidato al diritto e alle regole. Intanto perchè l’eccesso di regolamentazione è esso stesso un fattore di diseconomie, perchè aumenta gli oneri burocratici e con essi la tentazione di aggirarli per risparmiare tempo e liberarsi di impicci: è doveroso dunque evitare di trasformare gli oneri per il rispetto della legalità in costi insopportabili per il sistema economico. Ma occorre anche sottolineare che molto del contrasto all’illegalità diffusa, allo scarso senso delle regole e delle istituzioni, all’economia sommersa, alla criminalità, passa attraverso la costruzione di un tessuto e di un senso civile più solidi, sempre più impermeabili alle seduzioni dell’illegalità. E per farlo si può cominciare dal non chiudere gli occhi e non sottovalutare questi fenomeni criminosi così gravi e ancora così pervasivi.
@Foto dalla pagina Facebook della Polizia di Stato
