Invisibili ma costosissime
I cambiamenti climatici, in chiara accelerazione, sono dovuti, come è noto, all’incremento di origine antropica dei gas ad effetto serra nella troposfera. Il più diffuso di questi gas è l’anidride carbonica, che, secondo le rilevazioni di questi giorni, ha raggiunto una concentrazione di 429 parti per milione, cioè appena lo 0.0429%. I Pfas, o sostanze per- e polifluoroalchiliche, vengono impiegati in vari processi produttivi per beni di largo consumo, e sono ovunque. Nell’aria, nel suolo, nell’acqua e quindi nei nostri corpi. Sono chiamati “sostanze chimiche eterne”: non si scompongono ed è quasi impossibile liberarsene. L’ingestione ripetuta e l’esposizione ai Pfas sono state collegate a cancro, malformazioni alla nascita, disturbi dello sviluppo e della riproduzione e indebolimento del sistema immunitario.
Studi sulle popolazioni esposte agli isotopi radioattivi, come quelli delle scorie nucleari non protette o derivanti dagli incidenti alle centrali di Chernobyl e Fukushima, forniscono prove importanti sui legami tra radiazioni e cancro, in particolare sull’aumento su vasta scala del rischio di tumori alla tiroide, nonché sull’incidenza e mortalità per tumori non tiroidei, per neoplasie ematologiche e anche per malattie cardiovascolari. Queste e altre evidenze sugli effetti “nascosti” di alcune attività industriali hanno in comune il rilascio in ambiente di quantità relativamente piccole di sostanze dannose o nocive, che però dispiegano esternalità enormi, estremamente costose per la salute umana e l’ecosistema. Il fatto che si tratti di elementi invisibili, quasi impercettibili, rende particolarmente difficoltoso identificarne tempestivamente le sorgenti e calcolare e assegnare sanzioni adeguate a prevenirne la diffusione, secondo il principio del “chi inquina paga”.
Una messa al bando progressiva ma rigorosa della produzione di queste sostanze è l’unica opzione realisticamente percorribile. Non mancano esempi di successo di misure semplici e trasparenti come questa: l’eliminazione del piombo nelle benzine ha risparmiato almeno un milione di morti premature all’anno, mentre quella dei CFC ha rimediato all’allargamento del buco dell’ozono e impedito un ulteriore peggioramento dell’effetto serra in atmosfera. Ovviamente la messa al bando totale è un principio generale, che va adattato ai singoli casi, ma nella soluzione concreta di tanti problemi ambientali, una volta tenuto correttamente conto di tutti i costi, è la strada di gran lunga meno onerosa e più efficace.
