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di MAURILIO LOVATTI 11 giu 2015 00:00

L'attesa per l'Enciclica

Mi aspetto un appello alle comunità ecclesiali locali a rinnovare la dimensione educativa, che da sempre caratterizza la loro azione, ma che oggi deve esprimersi anche nella capacità di formare a comportamenti sostenibili

Fra pochi giorni sarà pubblicata la lettera pastorale di papa Francesco sul creato. L’attesa è grande perché c’è la consapevolezza che le politiche ambientali sono elemento decisivo per il futuro dell’umanità. L’attesa è grande anche perché la forte connotazione profetica e innovativa del magistero del pontefice non consente facili previsioni sui contenuti della lettera. Cosa mi aspetto da papa Francesco?

In primo luogo che le tematiche ambientali siano comprese alla luce dell’economia che le condiziona. Il progresso dell’umanità fino ad oggi, nonostante i disastri ambientali, ha portato ad un miglioramento della condizione umana e ad un maggior livello di civilizzazione. Ma è uno sviluppo caratterizzato da una disubbidienza sistematica contro le leggi vigenti in natura che può causare danni irreversibili. L’alternativa è lo sviluppo sostenibile, una forma di crescita che non comprometta la possibilità delle future generazioni di perdurare nella crescita e nel progresso, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali (che sono esauribili).

Mi aspetto un forte richiamo a chi ha responsabilità di governo. Mi aspetto che riprenda il richiamo formulato da Benedetto XVI, in occasione dell’Epifania 2008, a una triplice esigenza di giustizia: verso le future generazioni, verso i poveri, verso il pianeta stesso. Mi aspetto che, per noi che viviamo nella società “sviluppata”, vi sia un pressante invito a un profondo rinnovamento delle forme di consumo, a un nuovo stile di sobrietà, capace di conciliare una buona qualità della vita con la riduzione del consumo di territorio e delle risorse non rinnovabili, assicurando così un’esistenza dignitosa anche ai più poveri e alle generazioni future, che non potrà realizzarsi senza una vera e propria “conversione ecologica”.

Mi aspetto infine un appello alle comunità ecclesiali locali a rinnovare la dimensione educativa, che da sempre caratterizza la loro azione, ma che oggi deve esprimersi anche nella capacità di formare a comportamenti sostenibili. Si tratta, in particolare, di ridurre quei consumi che non sono realmente necessari e di imparare a soddisfare in modo ragionevole i bisogni essenziali della vita. Oggi troviamo naturale sentirci responsabili anche per peccati veniali, e invece tendiamo a sottovalutare colpe più gravi come sprecare il cibo, usare senza necessità l’automobile, sprecare acqua o energia, senza renderci conto che piccoli cambiamenti individuali e familiari possono contribuire a migliorare la situazione.
MAURILIO LOVATTI 11 giu 2015 00:00