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di MARCO TRABUCCHI 05 mar 2025 16:36

La cura delle persone affette da demenza

Alcuni eventi recenti hanno richiamato l’attenzione sulle persone affette da demenze e le problematiche indotte dalle loro necessità di cure. La canzone di Cristicchi al Festival di Sanremo “Quando sarai piccola” ha descritto in poesia quando un figlio diventa genitore del proprio genitore. Il nostro Direttore ha dedicato un intenso editoriale alla canzone. Una notizia ci ha colpito negli stessi giorni: due coniugi di oltre 90 anni sono morti a poche ore di distanza l’uno dall’altro, mettendo in luce l’impegno generoso e disperato dei figli, contemporaneamente impegnati a seguire il padre in ospedale e a casa la mamma, affetta da demenza. Sempre in quella settimana, la decisione della regione Toscana sul suicidio assistito ci ha ricordato la sofferenza degli ammalati affetti da malattie inguaribili e le fatiche psichiche e fisiche affrontate dalle loro famiglie. Tre eventi diversi tra loro, tre modi di interpretare la cura di chi soffre per gravi disturbi cognitivi, che progressivamente coinvolgono la capacità della persona di vivere nel suo tempo. Un modo personale e romantico, quello di Cristicchi, che si esprime attraverso la poesia, perché ritiene che l’arte, come scrive Francesco, “non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non una fuga ma una responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido. Educare alla bellezza significa educare alla speranza. E la speranza non è mai scissa dal dramma dell’esistenza: attraversa la lotta quotidiana, le fatiche del vivere, le sfide di questo nostro tempo”. I due fratelli che assistono i genitori, organizzando una divisione efficace del loro impegno, che prevede una giornata di 36 ore, come dice un famoso libro sull’assistenza a chi soffre per una demenza, sono un esempio della cura che non conosce limiti all’amore. Scrive Pascale Molinier: “Inestimabile, la cura è un lavoro che sfugge al valore merce, nella misura in cui il suo valore si confonde con quello della vita”. La Regione Toscana ha costruito una legge sul suicidio assistito, ritenendo che lo status attuale dell’organizzazione della medicina non sia adeguato ad affrontare i tempi ultimi di chi è afflitto da una malattia cronica invalidante. Forse, seppure inconsciamente, la logica del provvedimento si fonda sulla sfiducia verso chi da millenni accompagna la morte, rispettando la disperazione della persona ammalata e cercando di lenirla con le tecniche offerte dal sapere clinico e da una relazione intensa. Scrive Michela Marzano: “Sei mai stato accanto a una persona cara (mamma, papà, nonna, etc.) con problemi di demenza? Sai cosa significa per un figlio o per una figlia essere chiamati dalla madre o dal padre ‘papà’ o ‘mamma’? Perché è questo che succede, si ridiventa piccoli, sì, non ho paura di dirlo e ripeterlo. Il paternalismo davvero non c’entra niente con la canzone, scritta da chi ha attraversato da figlio l’Alzheimer della madre. Le persone con demenza non sono ‘pazienti come gli altri’, cioè, ovviamente lo sono, ovviamente c’è bisogno delle strutture, ovviamente c’è bisogno di medici, di ricerca, ma sono genitori che tornano bambini di fronte ai quali i figli diventano paradossalmente genitori, sono persone che perdono pezzi, ma continuano ad amare, non ti riconoscono con la testa, ma sanno se sei una persona che hanno amato o che le ama, sentono e danno, sì, ti danno tantissimo senza saperlo, perché ti costringono a fare i conti con i non detti di tutta una vita… Allora davvero è una madre con la demenza che ti insegna chi sei…”.


(Foto Siciliani - Gennari/SIR)




MARCO TRABUCCHI 05 mar 2025 16:36