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Brescia
di LUCIANO COSTA 06 mag 2025 07:08

La meraviglia per Francesco, Papa e pastore

Orfani più di ieri: Francesco se ne è andato. E noi, i rimasti, siamo qui per dire: “Laudato si’, mi Signore per averci concesso di seguirlo nel suo cammino di Papa della gente, tra la gente, ovunque, fino ai confini del mondo. Nel suo Pontificato c’era tutta la meraviglia della novità. Francesco era venuto, infatti, dall’altra metà del mondo per mettere tra il solito, il suo inestimabile insolito. Basta rivedere le immagini che accompagnano i suoi anni di Papa per rendersene conto: un crocifisso decoroso ma non prezioso al collo, mani pronte a stringere altre mani, parole chiare e spesso anche severe, occhi disposti a vedere anche ciò che qualcuno voleva non fosse visto, porte aperte, passi pronti a muoversi verso mille direzioni, bisaccia colma di bene da distribuire tra la folla degli ultimi, gesti non previsti dal cerimoniale ma ben degni e buoni, al punto da renderli messaggi comprensibili, invocazioni su invocazioni, ognuna implorante pace per gli uomini e le donne e la terra che li ospitava… Sì, davvero, “Laudato si’ mi Signore….” per avercelo dato questo Papa chiuso ai soliti ritornelli utilitaristici e pomposi ma aperto, apertissimo al bene da fare perché fosse bene di tutti, per tutti, per il creato, per gli ultimi e i primi, ma secondo un grado di giustizia capace di impedire al forte di schiacciare il debole, al ricco di farsi beffe del povero, al potente di imporre il suo volere, al dittatore di ritenersi giusto pur essendo palese la sua in giustizia…

Ricordo la sorpresa che investì il mondo quando venne pronunciato quel habemus papa riferito al viandante venuto dall’altra metà della terra conosciuta. “Colui che fino a ieri si chiamava Mario Bergoglio - disse il cardinale protodiacono - da oggi si chiamerà solo Francesco”. Era il primo Papa a scegliere quel nome benedetto e fino ad allora riservata al poverello d’Assisi, lui certamente mite rivoluzionario dell’essere e del divenire, non però in dispregio dei predecessori, piuttosto in elogio al loro essere stati al servizio della Chiesa e dell’Umanità.

Chi è quello lì? Si chiesero in molti quel giorno. E sul sagrato della Basilica Vaticana un prete qualunque s’azzardò a dire: “Di sicuro non è uno qualunque, stupirà il mondo e darà alla Chiesa un volto nuovo e all’Umanità rinnovata Speranza”. Dall’altra parte del mondo, il mondo da cui quel Papa proveniva, don Angelo, emigrato da Brescia e diventato pastore d’anime a Buenos Aires, in risposta alla più semplice delle domande - “Chi è e chi sarà Mario Bergoglio, oggi papa Francesco?” - disse la medesima cosa: “Non uno qualunque, non un armonizzatore di stili, piuttosto un demolitore dei vecchi stili e il fervente propositore dei nuovi”.

Papa Francesco lo vidi sul sagrato della basilica vaticana in occasione della beatificazione di papa Paolo VI. Non aveva l’aria pomposa del Pontefice ma quella mite del prete che incontrando un suo omologo più anziano si china a baciargli la mano. Lui, lasciato il cerimoniale ai cerimonieri di rito, si avvicinò quel giorno a Benedetto XVI, il papa dimissionario, che andandosene aveva lasciato il governo della Chiesa in mani nuove e forti, lo abbracciò, lo ringraziò e gli sussurrò tutto il bene che gli voleva. Io c’ero, vidi e mi commossi. Papa Ratzinger, forte delle frequentazioni bresciane propiziate dall’Editrice Queriniana, per la quale aveva scritto e pubblicato libri mirabili, forse ricordandomi tal quale gli ero stato presentato dall’eccellentissimo monsignore Giovanni Battista Re (“questo è un cronista curioso e certo fuori dai soliti schemi”, disse il prelato), mi riservò un lievissimo e incoraggiante sorriso… Papa Francesco lo rincorsi invece solo con pensieri e speranze di nuovi incontri. Di lui, così lontano e così vicino, ho raccolto sospiri, inviti, idee, parole, gesti, fatiche, speranze, dolori, silenzi e grida silenti… A ognuno dei modi e pensieri raccolti ho testardamente aggiunto quel “Laudato si’ mi Signore” per averlo messo accano a noi questo papa vestito di un niente che vale più di tutte le cose e le mode i metodi e i riti soliti e insoliti. Ora Francesco riposa nella pace dovuta e assicurata ai Giusti. “Pregate per me - ripete -, io lo farò per voi…”.

In questo procedere dei giorni di lutto ho visto il mondo chinare il capo davanti alle sue spoglie mortali, anche i potenti della terra esibire lacrime e pensieri riverenti. Poi, parole e commenti alla ricerca del sensazionale, del mai raccontato, dell’emozionante… Niente che fosse normale e puro come la preghiera silente o il rosario sgranato guardando il cielo che sovrastava e abbracciava la Basilica in cui Francesco aspettava l’ultima benedizione. Poi i Capi del mondo raccolti in un fazzoletto di sagrato, gli stessi che prima di quel momento erano apparsi sordi e lontani dagli inviti al bene, alla pace, alla giustizia diffusi e ripetuti da Francesco, improvvisamente disponibili ad ascoltare le ragioni e le speranze più vere e genuine, quelle che disegnano mondi di pace e di concordia, piazze animate da gente che si abbraccia e si comprende, mari e oceani liberati dal peso di essere tomba di disperati in cerca di cieli e terre nuovi, città e paesi senza barriere e siepi perché accoglienti e fieri di essere patria e dimora per chiunque…

“Laudato si’…” cantava il poverello d’Assisi, un pazzo che immaginava le pietre buone come il pane, mentre con i suoi amici cercava rifugio in qualche grotta sperduta tra le coline e i monti di Spello. “Laudato si’, mi’ Signore…” per tutte le creature, per l’acqua il cibo e il vento, per i dolori e le gioie, per nostra sorella morte e per la terra che tutti abbraccia e custodisce. “Laudato si’…” lo usò Francesco come titolo della sua seconda Enciclica, quella che rimetteva al centro le meraviglie del mondo invocando per ciascuna rispetto, amore, comprensione, condivisione, uso intelligente. “Laudato si?...” lo uso io adesso, in morte di Francesco, per leggere la sua straordinaria avventura di Papa e Pastore.



@Foto Vatican Media/SIR

LUCIANO COSTA 06 mag 2025 07:08