Montagna: morti evitabili

Sono maestro di sci da 50 anni e ho lavorato a tutto campo per la montagna, come direttore sportivo, come amministratore delegato e presidente di Società impiantistiche, come tecnico della Fisi delegato alla formazione dei futuri maestri di sci e come direttore dei corsi di formazione. Ho sempre messo la sicurezza al primo posto nel vasto ambiente della montagna, terribile se non lo si rispetta. Ho voluto che i futuri maestri di sci, con i quali dialogano milioni di persone sulle nostre piste e da cui ricevono informazioni importanti soprattutto sul comportamento da tenere sulla neve, fossero ben preparati in tutto, ma soprattutto sull’argomento “Neve e valanghe”. Li abbiamo formati sempre con tanta esercitazione pratica con i migliori tecnici: guide alpine, nivologi e valangologi, glaciologi e topografi d’alta quota.
Nel 2001, con l’Assessorato alla Protezione civile della Provincia, allora retto magistralmente da Corrado Scolari, venne creato un tavolo di lavoro, attivo sul campo estate e inverno, il cui tema era “In Montagna con i piedi e con la testa”. Per qualche anno gli incidenti dovuti alla mancanza di informazione, alla totale inesperienza, alla improvvisazione, sembravano essersi fermati, Ma, si sa, la prevenzione è l’arma più potente per evitare il peggio, sulle strade, in acqua, in casa, sul lavoro, nello sport e forse soprattutto in montagna, a causa dell’ambiente naturale tanto vasto, mutevole e mai totalmente prevedibile.
Di fronte alle ultime disgrazie (senza contare i tanti infortuni minori che passano in secondo piano) ci si chiede se e come potessero essere evitate. La risposta è: sì, si potevano evitare. Sarebbe stato sufficiente una maggiore consapevolezza di chi ha affrontato a cuor leggero la neve, il ghiaccio, i sentieri, le scarpate innevate, le cornici pensili, i canaloni, i conoidi da colate valanghive, i sentieri nei boschi coperti di neve in luoghi impervi e non battuti. Il Cai, le Guide alpine, i rifugisti, i maestri di sci, i gestori degli impianti stanno facendo il possibile per mettere le persone in allerta: ma il desiderio di sfuggire agli ormai 12 mesi di restrizioni, il richiamo forte della libertà senza fine della montagna innevata, le emozioni di provare nuove sensazioni, a piedi, con ciaspole, con gli sci d’alpinismo, con gli sci di fondo, con motoslitte, è un mix irresistibile. Ma la libertà senza consapevolezza può costare molto cara, come si è visto in un preoccupante crescendo.

Parlando in generale. Considerando le variabili: impreparazione e/o mancanza di adeguata attrezzatura, improvviso mutamento delle condizioni atmosferiche, la ormai precaria stabilità delle rocce e del ghiaccio a causa dell’aumento temperatura, fatalità o disattenzione, e quindi, nonostante tutti gli accorgimenti e le prudenze, si potranno certo evitare molte morti, ma il rischio zero in montagna (come in casa, in auto o in moto o in aereo o su nave o su treno o su bici o a piedi), il rischio zero ricordiamoci che non esiste. Grande solidarietà va perciò alle vittime: chi di noi non ha mai fatto in vita sua una imprudenza che, col senno di poi, avrebbe potuto costargli la vita? Non crediamoci più bravi delle vittime, siamo stati solo più fortunati.