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di GABRIELE BAZZOLI 14 gen 2016 00:00

Quella card da 500 euro

Iniziare un commento partendo dalle scuse è un modo molto semplice per dar ragione al detto “excusatio non petita…”. Ciononostante sono costretto: quando mi è stato chiesto dagli amici un commento sulla card da 500 euro

Iniziare un commento partendo dalle scuse è un modo molto semplice per dar ragione al detto “excusatio non petita…”. Ciononostante sono costretto: quando mi è stato chiesto dagli amici un commento sulla card da 500 euro per i diciottenni da spendere in cultura devo ammettere che il provvedimento, annunciato poche settimane fa dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, non aveva provocato in me alcuna opinione, positiva o negativa. Cercando di studiare un po’ meglio questa norma e di contestualizzarla mi sono ritrovato nel campo dell’analisi politica, che conosco poco, e quindi le due idee che riporto hanno il solo desiderio di offrire un’occasione di confronto.

Quali sono le logiche del bonus? Guarda ad una fascia di popolazione svantaggiata (i 18enni, che vivono il privilegio del mondo della scuola ma che nel giro di pochi mesi o anni – si spera! – troveranno le difficoltà del mondo del lavoro); offre un contributo che non è generico (siamo lontani dall’utopia di regalare 500 euro pensando che i giovani ne faranno l’uso migliore); crede nella scuola e nella cultura come strumento di miglioramento della condizione sociale ed economica (e indirettamente sostiene l’industria della cultura, che da quella card probabilmente riceverà un poco di ossigeno); vuole integrare i giovani, in modo attivo, dentro il contesto culturale (mostre, concerti, acquisto di libri…) in modo da ridurre la distanza tra i giovani e la cultura. È facile dar fiato all’accusa, sempre dietro l’angolo, che ci sarebbe da fare “ben altro”, ma questa osservazione diventa poca cosa di fronte all’inconsistenza di questo ben altro.

Eppure, se questo provvedimento, che sembra l’estratto di un ipotetico Manifesto Socialdemocratico dell’Europa dei primi decenni del XXII secolo, ci appare così deludente, così insignificante di fronte alle sfide degli adolescenti e dei giovani nostri contemporanei, è forse vero che ormai da alcuni anni si è esaurita una grande proposta politica che, con tutti i suoi limiti e con le molte alterazioni e i prestiti dalle altre culture politiche del secondo novecento, ha offerto una direzione e uno sguardo d’insieme che hanno permesso di sognare e progettare il domani. Una proposta che oggi, se c’è, sembra avere poco da dire e ancor meno alternative con cui confrontarsi. E allora forse è vero che servirebbe ben altro, ma cosa sia questo “ben altro” è la questione – tutt’altro che marginale – che rimane irrisolta.
GABRIELE BAZZOLI 14 gen 2016 00:00