Romano Guardini e la libertà cristiana

“Magister” del cattolicesimo nel secolo XX: così potrebbe essere definito Romano Guardini (1885-1968). Nato a Verona e subito emigrato in Germania, Guardini è stato innanzitutto “sacerdote”: protagonista di quel movimento liturgico che nei primi decenni del Novecento ha anticipato le tematiche proprie del Concilio Vaticano II. Come pensare una dimensione cultuale della rivelazione cristiana – i segni della liturgia – all’altezza delle inquietudini dell’uomo contemporaneo? Nello stesso tempo Guardini è stato un “educatore”: non solo fu “spiritus rector” del Quickborn (Fonte viva), il movimento giovanile cattolico che aveva il suo centro nel castello di Rothenfels, ma alla sua scuola si formarono intere generazioni. Alle lezioni partecipavano diverse centinaia di studenti e tra essi v’era Hannah Arendt, che sempre ricordò il fascino delle riflessioni sulla libertà cristiana in Agostino.
Negli anni della dittatura nazista la sua cattedra fu soppressa, perché l’insegnamento lì impartito era tra gli ultimi baluardi dell’opposizione culturale all’imbarbarimento: proprio in lui i giovani martiri della Rosa Bianca videro uno dei pochi esempi di inflessibile resistenza morale. Un’attività educatrice che, in Guardini, faceva tutt’uno con il suo essere “teologo”. Una teologia, come mostrano le opere in corso per Morcelliana, formatasi nel confronto con il meglio della cultura tedesca – tra cui Nietzsche – e da un’intensa rivisitazione di Agostino, Anselmo, Bonaventura, Pascal e Kierkegaard, per non dire del corpo a corpo con alcuni dei classici della letteratura europea: da Dante a Hoelderlin, da Dostoevskij a Rilke. Teologia che Guardini stesso definiva “visione cattolica del mondo”. Cattolico perché per Guardini cattolicesimo significava “complexio oppositorum”: capacità di tenere insieme, alla luce della fede cristiana, gli opposti che solcano l’esistenza. E tra le polarità costitutive v’era quella tra libertà e potere; lungi dall’esorcizzare il fenomeno del potere, Guardini vedeva in esso uno dei mandati divini: essere, come recita il libro della “Genesi”, custodi della terra. Ma appunto, essendo un mandato divino il potere è l’esatto opposto dell’arbitrio totalitario: è senso del limite, conservazione e promozione della vita nella sua pluralità, un limite nella cui salvaguardia sta la libertà cristiana. Libertà come esercizio della coscienza, forza di sottrarsi alle tentazioni idolatriche.
