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di ALBERTO CAMPOLEONI 09 giu 2016 00:00

Scuola. Smartphone in classe?

Educare all’uso consapevole è meglio che vietare. Sembra una di quelle affermazioni con le quali non si può non essere d’accordo e il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone vi si appella per spiegare l’intenzione del governo di togliere il divieto agli smartphone in classe.

Educare all’uso consapevole è meglio che vietare. Sembra una di quelle affermazioni con le quali non si può non essere d’accordo e il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone vi si appella per spiegare l’intenzione del governo di togliere il divieto agli smartphone in classe. Un divieto in vigore dal 2007, ma che – spiega Faraone – “come ogni atteggiamento luddista, è oggi fuori dal tempo. Si tratta solo di prendere atto della realtà e trasformare uno strumento concepito solo come qualcosa da proibire in uno strumento utile per la didattica”.
La “provocazione” è servita, poiché le anticipazioni del sottosegretario sono destinate a far discutere non solo gli addetti ai lavori. E a discutere ad ampio raggio, con riflessioni legate sia all’uso proprio degli strumenti tecnologici nelle aule – smartphone e tablet in particolare – sia alle tante e possibili “variazioni” sul tema, che vanno dai rischi della distrazione alle ricadute sui processi di apprendimento, fino alle questioni del cyberbullismo. E proprio questo aspetto preoccupa non poco dentro e fuori dalle aule scolastiche. Mi tant’è: da Viale Trastevere viene l’indicazione di un cambio di rotta rispetto a quella tenuta finora e non è poca cosa. “Molto presto quasi tutte le scuole italiane saranno cablate – ha spiegato Faraone – e se saranno cablate dovremo dotare gli studenti di strumenti che probabilmente già hanno, per poter sviluppare una didattica che deve essere assolutamente orizzontale nell’utilizzo del digitale. Il tema non è prevedere l’ora di informatica, ma un uso del digitale come strumento di didattica abbastanza normale, come già accade nella vita quotidiana di ragazzi e ragazze”. Il ragionamento non fa una piega. Uso “cosciente e consapevole” è la chiave di volta dell’innovazione. Una responsabilità in più per i docenti, ma viene da pensare, anche, a quella dei genitori. Dove comincia l’uso cosciente e consapevole? Ecco, vale la pena di interrogarsi e la scuola per prima deve farlo. Giusto adeguarsi al cambiamento, accettare l’innovazione e la tecnologia. Servono però anche altri strumenti, per lo più “immateriali”, a cominciare da una adeguata formazione dei docenti alla gestione delle classi digitali. Così come, riflettendo in particolare su quanto riguarda l’apprendimento, occorre approfondire dinamiche e processi legati agli strumenti tecnologici, giacché non è affatto scontato che portino sempre e soltanto miglioramenti.
ALBERTO CAMPOLEONI 09 giu 2016 00:00