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Cracovia
di REDAZIONE ONLINE 28 lug 2016 00:00

Cracovia: papa Francesco in dialogo con i giovani italiani su pace e perdono

A poche ore dal suo arrivo in Polonia il Papa si è collegato via video con la spianata del Santuario della Divina Misericordia dove erano riuniti gli italiani per la loro festa

Con l'arrivo di papa Francesco in Polonia è entrata nel vivo la Gmg di Cracovia. “Ti do il benvenuto a Cracovia, nella cattedrale di Wawel”. È statao questo il saluto che gli ha rivolto il card. Stanislaw Dziwicz, arcivescovo di Cracovia, già segretario lungo tutto il suo papato di san Giovanni Paolo II, durante l’incontro con i vescovi polacchi, che si è tenuto in forma riservata e porte chiuse subito dopo l'arrivo a Cracovia.

“Nelle mura di questo tempio – ha proseguito il porporato – da un migliaio di anni è registrata la memoria della nazione polacca; la memoria dei grandi eventi della nostra storia, delle nostre vittorie e sconfitte, delle nostre sofferenze e speranze. Qui batte il cuore della Polonia! Qui riposa il vescovo di Cracovia e martire, san Stanislao, intrepido difensore dei diritti dell’uomo, che nel secolo XI ha dato la vita in difesa del popolo ed è diventato il patrono dell’ordine morale nella nostra Patria”.

“In questa cattedrale - ha proseguito ancora il card. Dziwicz - molte volte ha celebrato l’Eucaristia il metropolita di Cracovia, card. Karol Wojtyła. Da qui egli, nell’ottobre 1978, è partito per Roma, per diventare vescovo della Città Eterna. E’ ritornato qui varie volte, come Giovanni Paolo II”.
“Oggi – ha proseguito il porporato – il vescovo di Roma è venuto da noi, per vivere in questi giorni, con i giovani di tutto il mondo, la festa della fede, per confermare noi tutti nella fede, per mostrare al mondo il volto giovane e misericordioso della Chiesa. Come non ringraziare l’Onnipotente per tutto quello che stiamo vivendo, nel 1050° anniversario del Battesimo della Polonia e nell’Anno Santo della Misericordia?”.

Rivolgendosi direttamente a Francesco, il cardinale Dziwicz ha concluso: “Padre Santo, ti diamo il benvenuto con grandissima gioia! La tua presenza tra noi rende più profonda la nostra consapevolezza di appartenere alla Chiesa universale, che supera i confini delle nazioni, delle culture e delle lingue. Presteremo orecchio alle tue parole. Terremo gli occhi fissi sul tuo amichevole viso”.

In serata papa Francesco, che non ha mancato di affacciarsi dalle finestre dell'arcivescovado per salutare i giovani, com'era consuetudine del suo santo predecessore, si è collegato via video con tutti gli italiani presenti alla Gmg e riuniti per la loro festa nella spianata del Santuario della Divina Misericordia. Papa Francesco ha colto l'occasione per dialogare con i giovani delle diocesi italiane. “Come possiamo tornare alla normalità, tornare ad essere felici su quei treni che sono la nostra casa?”, è stata la prima di tre domande che gli hanno posto tre ragazzi con riferimento all’incidente ferroviario avvenuto di recente in Puglia. “Quello che è successo a te è una ferita”, la risposta di Francesco, che ha parlato interamente a braccio: “Alcuni sono stati feriti nell’incidente nel corpo e tu sei stata ferita nel tuo animo, nel tuo corpo, nel tuo cuore, e la ferita si chiama paura. E quando tu senti questo, senti la ferita di uno choc. Tu hai subito uno choc che non ti lascia star bene, ti fa male, ma questo choc ti dà anche l’opportunità di superare te stessa, di andare oltre, e – come sempre nella vita succede quando noi siamo stati feriti – rimangono i lividi o le cicatrici, e la vita è piena di cicatrici, la vita è piena di cicatrici!”. “Sempre avrai il ricordo di quelli che non ci sono più, perché sono mancati nell’incidente – ha proseguito il Papa rivolgendosi alla ragazza – e tu dovrai ogni giorno che prendi il treno sentire la traccia di questa ferita, di quella cicatrice, di quello che ti fa soffrire. Tu sei giovane, ma la vita è piena di questo”.

“Come faccio a perdonare queste persone, per tutto quello che mi hanno fatto?”. È la seconda domanda rivolta al Papa durante la “Festa degli italiani”: a parlare è una ragazza rumena, in passato vittima di episodi di bullismo. “Parli di un problema molto comune fra i bambini, e non solo tra i bambini: la crudeltà”, ha esordito Francesco, ricordando che “anche i bambini sono crudeli, qualche volta e hanno quella capacità di ferirti nel cuore, di ferirti la dignità, la nazionalità come nel tuo caso”.“Come si vince?”, ha chiesto il Papa: “Tu hai scelto la strada giusta: il silenzio, la pazienza e quella parola tanto bella: perdono”. “Perdonare non è facile”, ha ammesso Francesco: “Uno può dire io perdono ma non mi dimentico, e tu sempre porterai con te questo terrorismo delle parole brutte, che feriscono, e che cercano di portarti via dalla comunità”. “C’è una parola in italiano che non conoscevo”, ha rivelato il Papa: “Extracomunitari: si dice di persone di altri Paesi che vengono a vivere con noi. Proprio questa crudeltà fa sì che tu che sei di un altro Paese diventi un extracomunitario, ti portano via dalla comunità, non ti accolgono: è una cosa con cui dobbiamo lottare tanto. Lottare contro questo terrorismo della lingua, delle chiacchiere, degli insulti, del cacciare via la gente e dire cose che fanno male al cuore”. “Si può perdonare totalmente”, ha garantito il Papa: “È una grazia che dobbiamo chiedere al Signore, noi per noi stessi non possiamo: è una grazia che ti dà il Signore di perdonare il nemico, quello che ti ha ferito, che ti ha fatto del male”. “

“Come facciamo noi giovani a vivere e a diffondere la pace in questo mondo che è pieno di odio?”. A interpellare il Papa con la terza e ultima domanda, sono stati tre giovani di Verona, accompagnati da un sacerdote, che erano a Monaco nei giorni dell’attentato, sulla strada della Gmg. "Tu hai detto due parole chiave: pace e odio”, la risposta di Francesco: “La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono, crescono le divisioni e l’odio. I ponti invece uniscono: quando c’è il ponte, l’odio può andare via, perché io posso sentire l’altro, parlare con l’altro”. “Noi abbiamo nelle nostre possibilità, tutti i giorni, la capacità di fare un ponte umano”, l’incoraggiamento del Papa: “Quando stringi una mano a un umico, tu fai un ponte umano, quando colpisci un altro, costruisci il muro. L’odio cresce sempre con i muri”. “Delle volte succede che tu vuoi fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa, dall’altra parte, non la prendono”. “Non dobbiamo subire le umiliazioni, ma sempre fare i ponti”, l’esortazione: “Tu sei stato fermato e tornato a casa, poi hai fatto una scommessa per il ponte e per tornare un’altra volta. Questo è l’atteggiamento: se c’è una difficoltà, torno indietro e vado avanti. Non lasciarci cadere per terra, sempre cercare il modo per fare ponti”. “Fate ponti voi, tutti, prendete le mani!”, l’invito alla folla radunata nella spianata davanti al Santuario della Misericordia: “Io voglio vedere tanti ponti umani. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani!”.
REDAZIONE ONLINE 28 lug 2016 00:00