Empowerment contro la violenza
“I Giardini di Dafne” è un ristorante-bistrò aperto nelle scorse settimane a Palazzolo sull’Oglio per dire che una rinascita è possibile
In una stagione in cui la cronaca nera è in larga parte dedicata al racconto di femminicidi e di violenza sulle donne, è possibile affrontare un tema che si sta rivelando una vera e propria piaga sociale non solo in termini di denuncia e di situazione emergenziale, ma in un’ottica di riscatto e di rinascita? La risposta, positiva, arriva da “I Giardini di Dafne”, un progetto, tutto al femminile, avviato da qualche settimana a Palazzolo sull’Oglio, dove cibo di qualità, cultura e inclusione si incontrano per restituire al territorio uno spazio di incontro e riflessione. Protagonista del progetto, che è stato poi realizzato con il concorso di tante altre realtà, è la cooperativa Alborea di Brescia, nata nel 2016 con l’obiettivo di promuovere l’inserimento lavorativo di persone in situazione di svantaggio e che, negli anni, si è progressivamente affermata nel settore della ristorazione sociale. “Quello che abbiamo realizzato a Palazzolo – afferma Angelo Maiolo, che della cooperativa è presidente – è un progetto che esalta l’empowerment (il tentativo di dare alle persone un maggiore controllo sulla propria vita, accrescendo la loro capacità di scelta, potere e responsabilità) femminile”. “I Giardini di Dafne”, racconta ancora Maiolo, esalta la capacità di scelta delle donne. Tutto, in questo modo di fare impresa, è declinato al femminile: dallo studio che ha curato il design del ristorante bistrò alle aziende vitivinicole che riforniscono la cantina, alla chef. “Tutto questo – spiega ancora il presidente di Alborea – aiuta le donne che vivono situazioni di fragilità coinvolte nel progetto ad aumentare la consapevolezza che la condizione in cui si sono trovate senza avere alcuna colpa, non è irreversibile”.
L’attività di ristorazione avviata in quella che una volta era la casa del custode di Villa Lanfranchi, inserita nel parco palazzolese delle “Tre Ville”, dà lavoro a 10 donne e cinque di queste arrivano proprio da storie e vissuti di fragilità. Ma come è nato tutto questo? “Più di un anno e mezzo fa – racconta Angelo Maiolo – Alborea aveva partecipato, vincendolo, al bando indetto dal Comune di Palazzolo per la gestione del servizio di ristorazione che sarebbe stato creato in uno spazio recuperato in un più ampio progetto di rigenerazione urbana. Uno dei cardini della nostra partecipazione è stato, sin da subito, quello di creare relazioni solide con gruppi, associazioni e movimenti sociali del territorio”. Tra le prime realtà incontrate da Maiolo c’è l’associazione “Rete di Dafne”, che nell’Ovest bresciano si occupa di contrasto alla violenza di genere, che ha uno dei suoi centri antiviolenza in villa Kupfer, all’interno dello stesso parco. A Maiolo, sino ad allora convinto che parlare troppo di femminicidi e violenza di genere fosse controproducente, si apre davanti agli occhi un mondo sconosciuto. “Mi presentarono i dati dell’attività che avevano svolto nel 2023. Più di 80 donne – ricorda –, si erano rivolte allo sportello per denunciare situazioni di violenza. L’anno successivo il loro numero era cresciuto a 124. Per me fu un’autentica doccia fredda. Non solo occorreva parlare di più e con puntualità della violenza di genere, ma era necessario realizzare qualcosa che consentisse di andare oltre le parole, di mettere in campo proposte che garantissero una concreta occasione di rinascita per quelle donne ingabbiate nella spirale di violenza”. Di qui l’idea di non portare a Palazzolo una semplice riproposta del modello della Cascina Parco Gallo, ma qualcosa in grado di dare risposta alla violenza e, più in generale, alla differenza di genere. “I Giardini di Dafne”, come lo è stato a suo tempo per la Cascina Parco Gallo per i detenuti, non è solo un’opportunità di riscatto data alle donne coinvolte nel progetto, ma anche un’occasione per la comunità perché prenda coscienza dell’esistenza del fenomeno anche alle porte di casa e non volti la testa dall’altra parte nella convinzione, errata, che si tratta di situazioni che possono capitare solo altrove. Grazie a una rete di relazioni che si è creata con altri soggetti che agiscono in questo campo sul territorio, è stato possibile mettere mano a un progetto dalla doppia valenza sociale ed educativa. Da una parte, aiuta e sostiene le donne impiegate ad affrontare un percorso verso l’autonomia, dall’altra dimostra, anche a chi non vive situazioni di disagio, come l’indipendenza economica sia un potente antidoto a tante situazioni di disagio di e sottomissione femminile frutto, purtroppo, di un retaggio culturale del passato.