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Adro
di ROMANO GUATTA CALDINI 06 set 2018 08:48

Porta sempre aperta...

Don Francesco Rezzola, il nuovo parroco di S. Giovanni Battista ad Adro e dei Ss. Faustino e Giovita a Torbiato, si racconta

Don Francesco Rezzola è il nuovo parroco di S. Giovanni Battista ad Adro e dei Ss. Faustino e Giovita a Torbiato. Nato a Trenzano nel 1958 e ordinato a Brescia nel 1992, don Francesco, nel corso del suo ministero, ha svolto i seguenti servizi: curato a Carpenedolo (1992 - 2001); parroco di Capo di Ponte (2001 - 2009); parroco di Pescarzo di Capo di Ponte (2008 - 2009); parroco di Borno dal 2009 e dal 2012 parroco di Ossimo Inferiore, Ossimo Superiore, Lozio e Villa di Lozio. Così come è avvenuto sulle vette montane, anche nella pianura franciacortina la prossimità, assicura, sarà la caratteristica che accompagnerà il suo cammino.

Cosa ha imparato in questi anni di ministero?

Sicuramente a dare spazio alle persone, alla concretezza piuttosto che alla “teoria”, a rapportarmi con chi ho incontrato nel mio cammino, all’interno delle parrocchie, soprattutto se piccole e in zone montane, dove la vicinanza alle persone, sparse nel territorio, è fondamentale.

Quali sono le attenzioni pastorali sulle quali vuole insistere?

La mia porta sarà sempre aperta tutti, in fondo è quello che noi siamo chiamati a fare. Quando qualcuno bussa alla nostra porta dobbiamo ascoltare, in modo che le persone possano esprimere i propri bisogni, fornendo, quando possibile, un aiuto materiale concreto. L’attenzione quotidiana nei confronti degli altri non è nulla di straordinario... Dovrò imparare a conoscere le comunità a cui sono stato destinato, il territorio: la montagna è diversa dalla pianura. La mia attenzione si focalizzerà sugli ambiti pastorali di sempre: le famiglie, i malati, i giovani, soprattutto attraverso l’interlocuzione con i genitori. Tutto dipenderà da come si configurerà il mio incarico.

Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?

La mia vocazione è nata in seguito al servizio militare. Avevo già 25 anni. Da piccolo non aveva pensato al sacerdozio. Più di tutto ha influito l’esempio dei sacerdoti che ho incontrato nella mia parrocchia, a Trenzano, fra questi don GiaMaria Fattorini (attuale parroco di Adro e Torbiato ndr). C’era la voglia di mettermi in gioco, non mi sono mai pentito, sono sempre stato felice della mia scelta così come lo sono oggi. Dove il Signore vuole che io lavori è lì che devo stare, in qualsiasi condizione.

C’è un versetto del Vangelo che l’ha accompagnata in questi anni?

Il primo è “Non vi chiamo più servi ma amici” (Gv 15,15), parole che mi hanno sempre guidato. “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire”, inoltre, è stato il criterio con cui ho cercato di vivere il mio ministero. Non si diventa sacerdoti per cercare le comodità, per evitare responsabilità e sacrifici, ma per assumere, talvolta anche in modo gravoso, gli oneri che comporta il nostro servizio. Viviamo nelle parrocchie per servire, di certo non per essere serviti. Non cerchiamo gratificazioni. Ovvio, talvolta arrivano anche quelle, altre volte no. È comunque questo il cammino che deve seguire un sacerdote. Con questo spirito ho cercato di lavorare. Non sono mai stato deluso e sarà così anche dove sono stato destinato. Lì, penso, troverò qualcosa di nuovo, inaspettato, bello... Non nascondo che, ovviamente, c’è la tristezza di andar via, lasciando le persone incontrate sino a oggi, gli amici, i progetti portati avanti. Penso sia un sentimento naturale.

C’è un Santo al quale fa riferimento?

Non ho mai scelto un protettore particolare. C’è però un Santo che mi ha sempre accompagnato. Nella prima parrocchia il Patrono era San Giovanni Battista, a Capo di Ponte San Martino. Arrivato a Borno ho “ritrovato” sia San Martino sia San Giovanni Battista, patrono anche di Adro...Potrei eleggere quest’ultimo come mia guida, una figura sicuramente importante capace di incidere... In fondo corrisponde al mio sentire: sembra apparentemente “duro”, ma la realtà in cui ci conduce apre la via che porta al Signore. L’amore per la verità, anche se talvolta può costare un po’, è alla base dell’azione sacerdotale. Su questa stessa strada incontriamo anche delle gioie. Certo, siamo chiamati a proporre qualcosa di “impegnativo”, per alcuni persino troppo, ma alla base di tutto, alla fine del cammino, c’è l’incontro con il Signore. Si trova così la pace, la gioia, la realizzazione del nostro progetto di vita che coincide proprio con ciò che il Signore vuole da noi.

ROMANO GUATTA CALDINI 06 set 2018 08:48