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Gussago
di MARGHERITA REGUITTI 24 apr 2020 12:50

Sono stati dei mesi terribili

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L’intervista a Maria Karin Ghisla, geriatra che lavora all’Ospedale Richiedei: “I nostri pazienti ancora sfiancati dal virus iniziano a riprendersi”

Anziani che a distanza di 2 metri si raccontano che cosa ha significato essere malati di Covid 19, parlano della paura di non farcela, soli, circondati da personale in scafandri per proteggersi. Succede all’Ospedale Richiedei di Gussago dove da alcuni giorni si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel scavato dalla pandemia. “I nostri pazienti ancora sfiancati dal virus iniziano a riprendersi – racconta Maria Karin Ghisla, geriatra che dal 2002 lavora nella struttura –. Il virus ha attaccato non solo il polmoni ma tutti gli organi e anche persone di 50 anni in piena attività sono impossibilitati a camminare. Oggi però le loro condizioni sono migliorate, e possono iniziare a fare la riabilitazione. Sono stati mesi terribili di lotta contro un nemico invisibile e all’inizio non facile da individuare”.

Quanti sono i pazienti a oggi ricoverati e quali sono le loro condizioni?

Al momento abbiamo 36 pazienti negativizzati e altri 25 ancora positivi ma in via di miglioramento. Dalla fine di gennaio avevamo riorganizzato gli spazi e i reparti dell’ospedale per poter accogliere i positivi che erano stati sottoposti a intubamento o ricovero nei reparti di pneumologia e rianimazione degli Spedali Civili. Persone ancora gravi che qui si sono riprese e hanno potuto poi essere trasferite nella sezione di riabilitazione.

Il virus è entrato alla Richiedei?

Già ai primi di gennaio riscontrammo delle polmoniti anomale nel reparto subacuti. Dopo un primo spaesamento capimmo che si trattava del virus. Anche parte del personale è stato infettato ma per fortuna non in modo grave e si sta riprendendo a casa. Il tempestivo arrivo dei tamponi ci ha permesso di individuare gli infettati e la distribuzione di presidi protettivi ha garantito il personale. Alcuni pazienti sono stati trasferiti in altre strutture ma la maggior parte è stata curata da noi .

Nei momenti più difficili dove ha preso forza?

La fede è stata la mia forza, pregando quando era possibile sentivo la presenza di Dio accanto nella prova, nella lotta per la vita di persone fragili. Pregando la Madonna ho trovato la forza di essere il conforto per i malati soli, per i loro familiari affamati di notizie e per i colleghi stremati dopo turni estenuanti. La fede mi ha fatto superare la paura di contagiare mio marito e figlio e trovare la lucidità per adottare procedure di tutela dei miei cari.

Quali i momenti più difficili?

Quando ci si trova davanti all’impotenza della medicina e l’unico gesto possibile è stato segnare con la croce la fronte dei moribondi. Un gesto di umanità e di speranza cristiana.

Cosa le lascia la pandemia?

Nella sua drammaticità questa esperienza ci sta forgiando, ci rende più forti e sensibili, uniti verso un unico obiettivo: sconfiggere il virus mantenendo la nostra umanità.

MARGHERITA REGUITTI 24 apr 2020 12:50