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Milano
di MASSIMO VENTURELLI 16 feb 2018 07:47

Fontana: questa la mia Regione Lombardia

Prende il via con il candidato del centrodestra la pubblicazione delle interviste che "La Voce del Popolo" e gli altri settimanali diocesani lombardi hanno realizzato con gli esponenti delle tre principali formazioni in corsa per la presidenza della Regione. Nei prossimi giorni le interviste a Dario Violi del Movimento 5 Stelle, e a Giorgio Gori, del centro sinistra.

In vista del voto regionale del 4 marzo (sette i candidati in corsa per la poltrona di governatore)  “La Voce del Popolo”, insieme agli altri settimanali delle diocesi lombarda, sta incontrando i candidati alla presidenza della Regione Lombardia dei tre schieramenti principali. Attilio Fontana, in corsa per il centrodestra, Dario Violi per il Movimento 5 Stelle, e Giorgio Gori, centrosinistra, sono stati interpellati su questioni che interessano tutto il territorio lombardo. Ogni settimanale, poi, ha posto loro una questione su un tema strettamente locale. “Voce”, per il Bresciano, tra le tante possibili, ha posto ai candidati la questione ambientale. Predominante, per altro sentito anche a Brescia e provincia, negli altri territori è stato il tema delle infrastrutture. Completano il quadro dei candidati Onorio Rosati (Liberi e uguali), Giulio Arrighini (Grande Nord), Massimo Gatti (Sinistra per la Lombardia) e Anna De Rosa (Casapound).

Il primo a rispondere alle domande di “Voce” e degli altri settimanali diocesani della Lombardia, è stato Attilio Fontana, candidato alla presidenza della Regione per il centro destra. 65 anni, avvocato, già sindaco di Varese e presidente del consiglio regionale nei primi anni Duemila, Attilio Fontana è sostenuto da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia, Energie per la Lombardia, Pensionati, Fontana Presidente. Di seguito la versione integrale dell’intervista pubblicata anche sul numero 7 di “Voce” in distribuzione in queste ore

L’avvio della presa in carico di pazienti con patologie croniche, prevista dalla nuova legge regionale sulla sanità, si sta scontrando, anche a Brescia, con il problema pensionamento di tanti medici di medicina generale (fra gli attori più importanti della delicata fase). Come pensate di intervenire al proposito?

Il medico di medicina generale è il primo riferimento di incontro tra il cittadino e la cura e dunque rappresenta un valore aggiunto del nostro sistema sanitario. Il fatto che non si possa realizzare un adeguato turn over dipende probabilmente anche dalla questione per cui i giovani, interessanti legittimamente dall’avanzamento di ricerca e pratica delle professioni mediche specifiche, scelgono più frequentemente una carriera ospedaliera.

Occorre recuperare e promuovere questa particolare figura di medico , poiché forse se ne è persa nella visione comune la reale importanza.

La nostra riforma deve assolutamente ridare al medico di base quel ruolo che gli è proprio, di primo riferimento della persona, soprattutto per l’avviata fare di rivoluzione della “presa in carico”. Evidenziare questo ruolo potrà stimolare l’attenzione dei giovani medici, avviandoli alla scelta di una carriera che erroneamente magari considerano meno importante del chirurgo”.

Il tema dell’immigrazione è di quelli che dividono. In che modo intendete affrontare la questione, così da incanalare il dibattito su linee che vadano oltre la dimensione emergenziale e della sicurezza?

Il Procuratore generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso, quindi non un pericoloso estremista, giusto pochi giorni fa ha ribadito con fermezza come l’immigrazione clandestina rappresenti un pericolo concreto per la sicurezza dei cittadini. Bisogna dunque fare chiarezza: gli immigrati regolari, che in Lombardia sono 1 milione e 200 mila, hanno possibilità di accedere a tutti i servizi e la Regione Lombardia ha dimostrato di essere un modello nazionale nell’applicazione dei percorsi di integrazione verso coloro che vogliono rispettare le nostre regole. Discorso diverso per le decine di migliaia di clandestini che sono arrivati in Lombardia in questi anni.

Chi non ha diritto a rimanere deve essere rimpatriato immediatamente, come prevede la legge, a tutela della sicurezza dei lombardi. Su questo non si può transigere.

Quali sono i vostri programmi (e le relative risorse) per sostenere il mondo della produzione lombardo fatto di piccole e piccolissime imprese, per sostenere e magari incrementare i dati occupazionali, per dare concrete speranza di futuro professionale ai giovani e per accorciare quel gap esistente, e che un po’ tutti denunciano, tra il mondo della scuola e quello dell’impresa?

In Lombardia, grazie al tessuto produttivo dinamico e alle politiche del centrodestra che hanno saputo creare le migliori condizioni anche per far fronte alla più grande crisi economica del dopo guerra, non solo siamo riusciti a superare la crisi ma anche a riportare l’occupazione ai livelli pre crisi.

Già nel primo trimestre del 2017 la Lombardia ha raggiunto e superato i livelli di occupazione precedenti la crisi economica del 2008, realizzando il nuovo record assoluto relativo al territorio regionale: gli occupati nel 2017 sono stati oltre 100mila in più rispetto al 2008 (4.400mila contro i 4.300mila).  L’occupazione ha ripreso a crescere a partire dal primo trimestre 2013, anno in cui i livelli occupazionali in Italia nel suo complesso hanno conosciuto una brusca caduta.

Questo anche grazie alla costruzione di un sistema di politiche attive del lavoro che ha consentito di gestire le situazioni di crisi sia con interventi personalizzati che con interventi rivolti a gruppi di lavoratori coinvolti in processi di ristrutturazione aziendale.

Le pmi rappresentano sicuramente il perno intorno al quale costruire le nostre politiche sia di sviluppo che occupazionali.

Proprio per questa ragione, in una logica di sistema, è stato costruito un modello di integrazione tra la formazione e il lavoro basato sull’apprendistato ed è stata valorizzata tutta la filiera professionalizzante nei settori di punta del Made in Italy. L’obiettivo è stato quello di realizzare un’alleanza tra le PMI diffuse sul territorio e gli operatori della formazione favorendo anche azioni di sistema. Crediamo che la risposta al problema della disoccupazione giovanile e di quel c.ca 18% di giovani che non studiano e non lavorano (Neet) sia da ricercare in un approccio di anticipazione del problema, avvicinando i più giovani al mercato del lavoro ancora prima del termine degli studi.

Dobbiamo tenere i giovani nel circuito produttivo delle nostre realtà, anche piccole e piccolissime, non possiamo permetterci che fuoriescano per cadere nello stato di inattività. Allo stesso tempo, lavoriamo sullo stock di giovani inattivi con programmi mirati, come ad esempio Garanzia giovani, nei quali valorizziamo le iniziative volte all’inserimento lavorativo.

Per fare questo abbiamo costruito una rete che si fonda sui due pilastri fondamentali del sistema duale di integrazione tra la formazione e il lavoro e delle politiche attive del lavoro in grado di accompagnare le transizioni dalla formazione al lavoro o da un lavoro all’altro.

Procederemo lungo questa strada con le risorse messe a disposizione dal Fondo Sociale Europeo per raggiungere gli obiettivi di crescita e competitività della Regione”.

Con la tradizionale vocazione industriale scossa dalla lunga stagione di difficoltà economica, i territori hanno scoperto che la cultura e la valorizzazione dei patrimoni locali, possono essere una valida alternativa a certezze di un passato ormai archiviato. La Regione, in questo campo, non ha mancato sinora di far sentire la sua presenza, anche se la strada da percorrere è ancora lunga. Non mancano, infatti, anche in questo settore la fatica di tante realtà emergenti e non. C’è da registrare le difficoltà in cui versano, per esempio, parrocchie, privati e altre realtà nel recupero di importanti patrimoni storico-artistico-culturali che potrebbero essere volano per lo sviluppo turistico/culturale di tanti territori. Quali i vostri progetti e le vostre risposte al proposito?

Regione Lombardia nell’ultima legislatura regionale non ha mai fatto mancare la sua presenza quando si è trattato di sviluppare politiche che valorizzino l’enorme patrimonio culturale lombardo anche in ottica economica ed occupazionale. La cultura, infatti, ha sul resto dell’economia un eccezionale effetto moltiplicatore, partendo dal settore turistico-ricettivo, ma anche commerciale e dei servizi: ogni euro prodotto in cultura, ne genera 1,8 in altri settori.

Credendo fermamente che il settore culturale possa diventare sempre più, in futuro, un volano di sviluppo e di promozione del territorio, la Lombardia ha intrapreso negli anni delle politiche specifiche di integrazione.

Potrei citare quale esempio il bando Innovacultura, un bando rivolto ai gestori ed ai luoghi della cultura lombarda per poter accedere a servizi innovativi forniti dal sistema delle imprese culturali e creative della regione. Per la prima volta, inoltre, sono stati utilizzati dei fondi comunitari (Fesr– Fondo europeo di sviluppo regionale) per mettere a disposizione del territorio 9 milioni di euro per due bandi di promozione integrata turistico-culturale, chiamati attrattori culturali. Regione Lombardia, consapevole della necessità di integrare tra loro le politiche culturali e le politiche culturali con quelle di altri settori regionali, inoltre, ha introdotto lo strumento molto innovativo dei PIC (Piani integrati della Cultura), per la creazione di partnership territoriali o settoriali di implementazione dei progetti di valorizzazione.

È in previsione per il 2018, a livello sperimentale, uno strumento di 2 milioni di euro di fondo comunitari (Fse – Fondo sociale europeo) per sostenere l’auto-imprenditorialità e l’insediamento di start-up culturali e creative presso spazi o immobili pubblici attualmente sfitti o dismessi.

A questo punto la sfida è di integrare ancor di più le politiche regionali, promuovendo direttamente e sostenendo con particolare attenzione i progetti che valorizzano in maniera integrata il territorio, favorendo un rilancio culturale-turistico-economico delle realtà regionali. Anche per quanto concerne lo sviluppo del comparto delle imprese culturali e creative, crediamo ci siano ancora ampi margini di crescita.

Per realizzare il massimo potenziale economico ed occupazionale, però, occorre un piano strategico inter-settoriale di medio-lungo periodo che renda stabili i percorsi formativi per il capitale umano e gli scambi internazionali, accompagni gli imprenditori all’insediamento di start-up e agevoli il loro percorso di ricerca e di tutela dei diritti d’autore, sensibilizzi imprese e consumatori, implementi la promozione all’estero intensificando al contempo i controlli anticontraffazione. Per quanto riguarda, poi, i progetti di recupero e restauro di parrocchie ed immobili privati di valore storico-culturale molto è già stato fatto.

Nel corso della legislatura regionale che va a concludersi sono stati proposti dei fondi di rotazione di grande successo, con delle linee specificatamente destinate alla riqualificazione di chiese o di immobili di enti ecclesiastici. Complessivamente, sui due fondi di rotazione con le caratteristiche sopraccitate sono stati recuperati oltre 40 immobili, con un contributo complessivo di circa 6,5 milioni di euro. A questi si possono aggiungere i 7,7 milioni di euro utilizzati per il recupero degli immobili culturali danneggiati dal sisma del 2012, che ha coinvolto la provincia di Mantova e parte della provincia di Cremona.

Per quanto riguarda gli interventi su immobili di portata nazionale o internazionale (Duomo di Milano, Duomo di Monza, San Cristoforo di Lecco, …) sono stati approvati specifici accordi di programma con gli enti del territorio. L’obiettivo per il futuro è senza dubbio quello di potenziare questi strumenti di intervento, nonostante le normative statali rendano sempre più difficoltosa l’assegnazione di fondi di investimento pubblici a realtà private (quali vengono considerate le parrocchie). Nello specifico, non è più possibile utilizzare l’indebitamento per dare contributi d’investimento ad enti privati.

Sempre a livello programmatico si ritiene importante legare i futuri investimenti sul patrimonio culturale a modelli di gestione molto attenti delle strutture, a servizi innovativi per la fruizione, possibilmente frutto di collaborazioni pubblico-private”.

Molto sentito nei nostri territori è anche il tema della fatica sempre crescente di tante scuole cattoliche e paritarie. Quale la sua posizione al proposito?

Regione Lombardia ha fatto, da sempre, del principio di libera scelta il pilastro su cui impostare tutte le sue politiche: dall’integrazione pubblico-privato in sanità, all’ambito scolastico. È un fondamento da cui non intendiamo derogare, dato che rappresenta anche uno dei motivi per cui nella nostra regione possiamo vantare aree di eccellenza riconosciute non solo dall’intero Paese ma anche nel mondo.

la Regione Lombardia ha già introdotto il criterio del costo standard per sostenere la Formazione professionale e il sistema della Dote scuola è lo strumento con cui Regione da anni sostiene la libera scelta delle famiglie garantendo anche e soprattutto alle famiglie con meno possibilità, un sostegno economico importante per il pagamento delle rette nelle scuole paritarie (in Regione Lombardia noi adottiamo la Dote scuola anche per sostenere le scuole paritarie, tra cui le scuole cattoliche paritarie costituiscono la maggior parte dei beneficiari).

L'adozione specifica, completa, istituzionale del costo standard per studente sarebbe una scelta ottimale, ma un intervento di questo genere è fattibile solo a livello statale.

In applicazione della legge 240/2010 è stato già emanato il decreto legislativo 49/2012, dichiarato però illegittimo nella forma dalla Corte Costituzionale. Nel novembre 2017 è stato instaurato un tavolo di lavoro con il Miur sull'argomento costo standard, che avrà i suoi esiti comprensibilmente tra qualche tempo.

Uno degli obiettivi dell’autonomia riguarda anche i servizi scolastici, per cui è chiaro che un impegno fondamentale nel perseguire questo risultato sarà portato avanti dal mio Governo; dobbiamo puntare a migliorare il sistema e pensare anche alla strada istituzionale del costo standard: già regione imposta le sue politiche con questo intento, ma potremo valutare di fare di più nel valore totale degli investimenti se avessimo tutte le risorse e le competenze che l’autonomia ci darà”.

Il Bresciano è noto per essere la terra delle cave (e della loro trasformazione in discariche). Ci sono porzioni del territorio che più di altre stanno pagando un prezzo importante a politiche estrattive su cui anche la Regione ha competenze e responsabilità. Ci sono nei vostri programmi azioni e progetti per la salvaguardia e il recupero di queste aree compromesse?

Credo che la Regione Lombardia, con l’introduzione del fattore di pressione (criterio per impedire la realizzazione di nuove discariche e limitare il quantitativo massimo di rifiuti conferibili in un sito già esistente in un determinato territorio, ndr) abbia già dato una risposta importante.

Personalmente sono convinto che lo sviluppo dei territori debba essere sostenibile.

Non sono un integralista ambientalista e nemmeno uno sfruttatore dei territori. Sono convinto che sia sempre necessario trovare un punto di equilibrio e quando questo viene meno si debbano mettere in moto tutti i meccanismi atti al recupero ambientale.

MASSIMO VENTURELLI 16 feb 2018 07:47