La vera Anna si racconta

Un viaggio nelle emozioni, dalle fragilità alle incertezze, dalle aspirazioni e alla realizzazione – frutto di una determinazione indomabile – dei propri sogni. Un tour nel passato, nelle radici bresciane (di Roncadelle e della casa estiva sul Lago di Garda), fino al presente e, soprattutto, al momento più bello di tutti, l’11 agosto 2024, il giorno dell’oro olimpico a Parigi. Nel libro “Un sogno d’oro. La mia storia, la pallavolo, le sfide del futuro”, Anna Danesi toglie la tuta della super campionessa olimpica per mostrare la “vera Anna”, quella che non emerge sotto i riflettori dei taraflex nazionali e internazionali. Non è solo una biografia, ma un intreccio di sport, emozioni e vita quotidiana.
Anna, come mai hai deciso di “metterti a nudo” e farti conoscere sotto un punto di vista alternativo?
Ho deciso di cogliere l’opportunità che mi è stata offerta. La Anna vera non la conosce quasi nessuno, così ho pensato di aprirmi – cosa non da me – e far scoprire quello che ho dentro. Sono contentissima di averlo fatto. Scrivere questo libro con l’aiuto di Tommaso (Guaita, scrittore ndr) mi ha fatto riflettere su quanto io sia cresciuta. Il racconto inizia dalla mia infanzia: io ora non sono più né bambina, né una ragazzina. Sono una donna. Fa strano dirlo. Avere questa consapevolezza è bello e importante perché mi ha fatto cambiare prospettiva e mi ha fatto riconoscere che la mia vita è bellissima, più di quello che ho sempre sognato.
Nel libro, la tua famiglia ha un ruolo da protagonista...
Sì, ed è stato emozionante ripercorrere tutto. Poche settimane fa, in vacanza, davanti ad un tramonto, ho riletto il primo capitolo insieme al mio fidanzato: non so come abbia fatto a finirlo, perché ero in un fiume di lacrime. Per me, la mia famiglia viene prima di tutto. La mia infanzia è stata molto felice, mi sono divertita e mi sono sentita amata, ho dei ricordi bellissimi. Aprirmi e far conoscere la mia famiglia mi è sembrato doveroso, anche per tutti i sacrifici che loro hanno fatto per me. Io li ho fatti uscendo di casa a 13 anni, ma nemmeno per loro è stato facile. Ci è voluto tanto coraggio.
In queste pagine, non vengono mai nascosti il peso del sacrificio e la sofferenza per la lontananza da casa e dagli amici...
Certo, per quanto nella pallavolo abbia realizzato tanti sogni, c’è anche questo aspetto. Mi scoccia ancora, quando ritrovo gli amici di sempre, ascoltare dei ricordi felici in cui io sono compresa perchè non ero presente a causa degli allenamenti, dei tornei e della lontananza. Se potessi tornare indietro per avere la possibilità di rivivere un’estate libera con loro, a giocare a nascondino, a Gardaland o a stare al lago lo farei adesso.
Scorrendo i vari capitoli sportivi, tra campionati con i club e chiamate in Nazionale, emerge la difficoltà nel gestire la pressione, spesso anche mediatica. Nel capitolo “Corpo e mente”, rifletti sull’importanza di allenare il fisico ma non solo...
La pressione, o comunque un’impostazione parecchio rigida, l’ho ereditata dai miei genitori. Quasi ce la mettiamo da soli: ci poniamo obiettivi e ci angosciamo finchè non li abbiamo raggiunti. Certo, la pressione può anche essere positiva, perchè può spronare a fare meglio e a dare il massimo. Ovviamente va gestita. Inizialmente, ero scettica riguardo agli psicologi. Poi ho deciso di intraprendere un percorso e ora vorrei urlare al mondo che tutti ne abbiamo bisogno di uno, nessuno escluso. Comunque, ho presentato il mio psicologo ai miei genitori solo dopo la finale delle Olimpiadi. Questo a dimostrazione che si parla ancora troppo poco di questa questione: la salute mentale è ancora un tabù. Io oggi ho capito quanto sia importante prendersene cura.
A proposito di pressione, nell’analizzare il tortuoso percorso in Nazionale, hai fatto più volte cenno al carico eccessivo di critiche ricevute. Una negatività, che ha fomentato l’insicurezza del gruppo e che Julio Velasco ha provato a disinnescare...
Sì. Abbiamo fatto davvero molta fatica a ignorarle. Ci hanno demotivato e colpito profondamente. Crescendo, ho capito che anche questo aspetto faccia parte del mio lavoro. Ci pensavo proprio nei giorni scorsi: abbiamo abituato gli italiani troppo bene e loro già ci vedono sul gradino più alto del podio del Mondiale. Bisogna capire, però, che non sempre si vince e che ogni competizione è diversa… Ovviamente, bisogna dare il meglio che si ha. Questo ce lo ha insegnato Velasco: ‘Se non hai il 100% ma il 60% – ci ha detto – dai il 60%. Fai il massimo nelle tue capacità”. Ci ha "deresponsabilizzate", ci ha fatto focalizzare sulle questioni più semplici e ci ha sbloccato. Mi è capitato tante volte di ringraziarlo per quello che ci ha comunicato, perchè ogni volta ha risposto ai bisogni che avevamo in quel momento. Anche solo focalizzarsi sul qui e ora, non pensare al passato o al futuro ma solo al presente ci è servito, è stato importante.
Tra i tanti scatti delle Olimpiadi, lo scambio di medaglie con Myriam Sylla, che conosci da quando avevi 14 anni, è uno dei più emozionanti. Qual è stato il momento più bello dei tuoi Giochi Olimpici parigini?
Vincere l’oro è stata la realizzazione dell'obiettivo che ci eravamo poste quando siamo uscite di casa a 14 anni. Un obiettivo rincorso, sudato, voluto davvero. Sicuramente lo scambio di medaglie è un’immagine che rimarrà. Ma ci sono tanti momenti che mi sono rimasti nel cuore: se riguardo il video in cui vedo i miei genitori per la prima volta dopo la finale, per esempio, piango ancora.
Sul finale c’è spazio per i piani del futuro, quello post-pallavolistico. Il matrimonio, i figli e anche il sogno di diventare insegnante...
Sto affrontando una seconda parte di carriera, che è arrivata proprio grazie alla mia rinnovata consapevolezza. Ho voglia di esplorare quello che c’è oltre al mondo della pallavolo e quando sarà il momento mi lascerò stupire. Adesso, sto prendendo i crediti per l’abilitazione all’insegnamento. Quando sarà il momento, si vedrà. Sicuramente porterò tutti gli insegnamenti che la pallavolo mi ha dato nel mondo della scuola.
Tornando al presente, sarà un’altra estate bollente tra Nation League e Mondiale. Cosa possiamo aspettarci?
È un punto di domanda. Venendo da un’estate perfetta, è difficile replicarla. Ovviamente lo vorremmo tutti, ma comunque non sarà una passeggiata. Voglio lasciarmi stupire e pensare step by step. L’obiettivo è uno, non ci nascondiamo. Ma voglio godermi e vivere, come dicevamo prima, il qui e ora.
