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Brescia
di UMBERTO ZILIANI 03 lug 2020 08:30

Talento cresciuto in oratorio

Martina Rini ha esordito in B a soli 17 anni. Ha giocato anche nel Verona, nella Cremonese e nel Forlì, ora è in forza al Darfo in Eccellenza

Sono trascorsi parecchi anni da quando Martina Rini, Sergio Viotti e Mario Balotelli formavano un tridente di belle speranze, cosi che dopo gli impegni con le rispettive squadre giovanili (Marco e Sergio al Brescia, Mario a Lumezzane) si intrattenevano per ore negli oratori di riferimento (Mompiano, San Giacomo e Casazza), per interminabili partite. Poi ognuno ha preso la sua strada. Marco Martina Rini è un centrocampista classe 1990, nato all’ombra del Rigamonti dove ha sempre abitato. È cresciuto nella squadra della città con la quale ha esordito in serie B a soli 17 anni. Ha giocato anche nel Verona, nella Cremonese e nel Forlì, ora è al Darfo in Eccellenza. Nelle giovanili ha disputato una finale scudetto Primavera e in Nazionale ha vestito la maglia azzurra fino agli Under 20.

Si dice che lei fosse uno dei centrocampisti più talentuosi…

Ho esordito a 17 anni in B e a 18 anni ho fatto le semifinali scudetto con la Primavera. A 20 anni ho vinto il campionato dalla C alla B con l’Hellas Verona. A 22 anni ho collezionato trenta presenze con il Brescia , poi ho subito due operazioni all’anca e la mia carriera ne ha risentito, forse potevo fare di più, di meno non lo so…

Il 12 agosto del 2008 giorno del 18° compleanno di Mario Balotelli, lei era uno dei pochi amici presenti in Comune a Concesio, quando il Sindaco gli conferiva l’attesa cittadinanza italiana …

Fu una bellissima giornata, soprattutto per lui che aspirava da sempre ad essere italiano. È nato qui, ha sempre vissuto qui, era naturale che lo fosse. Si è sempre sentito italiano e le critiche dopo il Mondiale in Brasile lo avevano fatto soffrire.

Lo sente ancora?

Ci siamo un po’ persi di vista; sono lontani quei giorni quando veniva a casa mia con il pallone nel portapacchi della bici per andare a giocare.

C’è un allenatore che è stato importante per la sua crescita?

Quasi tutti: Clerici nelle Giovanili, Salvatore Giunta in Primavera. Poi Cosmi, Scienza, Calori e il principe Giannini. Ma il migliore in assoluto è stato Andrea Mandorlini quando ero al Verona: un fenomeno. Quello che succedeva in campo lui ce lo aveva già raccontato prima della partita. Lo considero una persona vera. Ero il più giovane della squadra e mi fece giocare le due finali Play Off da titolare, sia a Verona che a Salerno davanti a 30mila spettatori.

A Verona ha avuto Giannini, il “Principe”, protagonista del Mondiale del 1990 che lei non ha visto per questioni anagrafiche: non le ha mai parlato delle “Notti Magiche”?

Non mi ha mai raccontato niente di quel Mondiale. Quando partecipava alle esercitazioni, si vedeva che aveva una tocco di palla da fuoriclasse. Come tecnica lo paragono a Totti.

Spesso si dice che i giocatori sono fortunati, ma nessuno racconta le rinunce negli anni giovanili...

Se si guardano i numeri, in pochissimi riescono ad arrivare. I sacrifici sono tanti e se non sei proprio un talento naturale, come poteva esserlo Mario, aumentano esponenzialmente.

Il calcio è ripreso con stadi vuoti..

Non sembra nemmeno calcio senza tifosi. Il bello del calcio sono loro, ti danno una spinta e una carica emotiva che non ha paragoni.

Ora è al Darfo in “Eccellenza”, cosa farà da “grande” Marco?

Mi piacerebbe iniziare ad allenare le giovanili, rimanere nel calcio. Con Sergio Viotti abbiamo iniziato una collaborazione con una società produttrice di calze sportive la “Socks Pro”, poi si vedrà.

UMBERTO ZILIANI 03 lug 2020 08:30