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Roma
di AGENSIR 09 set 2015 00:00

Il Motu Proprio del Papa sulla nullità del matrimonio: "Processo più breve" davanti al Vescovo

Le due lettere "Mitis Iudex Dominus Iesus" e "Mitis et misericors Iesus" riformano il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale

L’istituzione di un “processo più breve” davanti al vescovo diocesano, in aggiunta a quello documentale attualmente vigente, “da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti”. È la principale novità del Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus” sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio nel Codice di Diritto Canonico, diffuso oggi dal Papa insieme ad un Motu Proprio analogo, dal titolo “Mitis et misericors Iesus”, che fissa le regole per i Canoni delle Chiese orientali. “La carità e la misericordia esigono che la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano separati”, scrive il Papa, spiegando come siano essenzialmente due le motivazioni principali per questa “spinta riformatrice”: “L’enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale”, e il fatto che “la maggioranza” dei padri sinodali, nell’ottobre scorso, “ha sollecitato processi più rapidi ed accessibili”.

Abolizione del secondo grado di giudizio per rendere definitiva la sentenza e la scelta di rendere evidente che il vescovo stesso nella sua Chiesa è “giudice tra i fedeli a lui affidati”. Sono le altre novità del Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, in cui Papa Francesco stabilisce che “non sia più richiesta una doppia decisione conforme in favore della nullità del matrimonio, affinché le parti siano ammesse a nuove nozze canoniche, ma che sia sufficiente la certezza morale raggiunta dal primo giudice”. La costituzione del giudice unico, che deve essere comunque “un chierico”, “in prima istanza” viene inoltre “rimessa alla responsabilità del vescovo”. Per volontà del Papa, dunque, “lo stesso vescovo è giudice”: di qui l’auspico che “nelle grandi come nelle piccole diocesi lo stesso vescovo offra un segno della conversione delle strutture ecclesiastiche, e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale”. Disposizioni, queste, che devono valere “specialmente nel processo più breve, che viene stabilito per risolvere i casi di nullità più evidente”. In tali processi il vescovo diventa “il maggiore garante dell’unità cattolica nelle fede e nella disciplina”, evitando così che “un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il principio dell’indissolubilità del matrimonio”.

“Le Conferenze episcopali, che devono essere soprattutto spinte all’ansia apostolica di raggiungere i fedeli dispersi, avvertano fortemente il dovere di condividere la conversione, e rispettino assolutamente il diritto dei vescovi di organizzare la potestà giudiziale nella propria Chiesa particolare”. “Il ripristino della vicinanza tra il giudice e i fedeli - ammonisce - non avrà successo se dalle Conferenze non verrà ai singoli vescovi lo stimolo e insieme l’aiuto a mettere in pratica la riforma del processo matrimoniale”. “Insieme con la prossimità del giudice - l’invito di Francesco - curino per quanto possibile le Conferenze episcopali, salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali, che venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa, mostrandosi ai fedeli madre generosa, in una materia così legata alla salvezza delle anime manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale siamo stati salvati”.

“La legge propria della Rota Romana sarà al più presto adeguata alle regole del processo riformato, nei limiti del necessario”. È quanto si legge nel Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, in cui a proposito di procedure per ottenere la nullità matrimoniale mantiene l’appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè la Rota Romana, nel rispetto di un antichissimo principio giuridico, così che venga rafforzato il vincolo fra la Sede di Pietro e le Chiese articolari, avendo tuttavia cura, nella disciplina di tale appello, di contenere qualunque abuso del diritto, perché non abbia a riceverne danno la salvezza delle anime”. Tenuto conto, infine, del “peculiare ordinamento ecclesiale e disciplinare delle Chiese Orientali”, il Papa ha deciso di emanare separatamente, sempre oggi, le norme per “riformare la disciplina dei processi matrimoniale” nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. “Mitis et misericors Iesus”, il titolo del documento.

“Il Papa investe nella fiducia verso i vescovi”. È questa, per monsignor Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana e presidente della Commissione speciale per la Riforma del processo matrimoniale canonico, la principale novità del Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, e ciò che distingue la riforma del processo di nullità matrimoniale dalle due precedenti riforme, rispettivamente, di Benedetto XIV e di Pio X. Presentando il documento in Sala stampa vaticana, monsignor Pinto ha ricordato che “nessun Papa ha celebrato due Sinodi a distanza di un anno”. Il Motu Proprio, ha proseguito, “obbedisce ad una doppia centralità, il vescovo e i poveri: la massa dei divorziati, che sono una categoria di poveri”. L’accoglimento del nuovo documento papale, ha chiarito monsignor Pinto, “non è automatico e non è escluso che ci siano resistente”. Quella del Papa, però, è una “teologia del sì”, che “è comunione”. “Appresa e assunta la certezza morale che il vincolo non è valido, la pronunci il vescovo”, è in sintesi la disposizione di Papa Francesco. “I fedeli hanno bisogno di vedere il vescovo non solo come maestro, ma anche come giudice”, ha commentato il decano della Rota Romana.
AGENSIR 09 set 2015 00:00