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Brescia
di REDAZIONE 21 mag 2018 08:06

Ambiente per Brescia al voto al Colonna

Questa sera la terza intervista pubblica nella sala di via Chiusure 97/c a Del Bono, Vilardi e Ghidini, i tre principali candidati in corsa per Palazzo Loggia. Tema delle serata le politiche ambientali e le soluzioni che con i loro progetti politici immaginano per la Brescia del futuro

Dopo il tema della mobilità e delle infrastrutture e quello dell’immigrazione e dell’integrazione, questa sera è il turno delle politiche ambientali. “Brescia verso il voto”, il ciclo di interviste pubbliche ai principali candidati in corsa per Palazzo Loggia e promosso da “Voce” e dalle parrocchie della città in vista delle amministrative del 10 giugno prossimo, si concentra questa sera sull’ambiente, una delle questioni più importanti per la qualità della vita a Brescia. Un tema che chiama in causa la capacità di un’amministrazione di dare risposte a problemi contingenti ma l’intelligenza di uno sguardo prospettico e la capacità di operare, attraverso singerie e tavoli politici su territori più ampi rispetto a quelli cittadini. L’incontro si tiene nel teatro Colonna di via Chiusure, idealemente scelto perché inserito in quella parte di città che più di ogni altra, con la presenza del sito della Caffaro e le pesanti conseguenze ambientali che questo ha causato, vive il tema del recupero di un ambiente sano.

Anche questa sera, a partire dalle 20.45, a Emilio Del Bono (centrosinistra), Paola Vilardi (centrodestra) e Guido Ghidini, Movimento 5 Stelle, sarà chiesto di rispondere a una serie di domande sul tema in questioni frutto di una serie di condivisioni realizzate nelle scorse settimane con le parrocchie, Acli, Mcl e Azione Cattolica che hanno contribuito alla realizzazione dell’iniziativa.

Di seguito, invece, le risposte date dai tre candidati nel corso dell’intervista pubblica su immigrazione e integrazione tenuta il 14 maggio scorso nella sala della Comunità delle Fornaci.

Anche l’incontro di questa sera, come i precedenti, sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook de La Voce del Popolo

Nei vostri programmi c’è l’impegno per la definizione di un progetto di partecipazione/cittadinanza per i 38mila stranieri che vivono in città e per gli 8.000 che in questi anni hanno ottenuto la cittadinanza? Per una città che guarda al futuro si possono ipotizzare progetti per le seconde generazioni, nate e cresciute a Brescia, perché siano messe nelle condizioni di sentirsi a tutti gli effetti (con diritti e doveri) parte della città?

Del Bono. Noi ci abbiamo provato attraverso alcuni strumenti. Il primo è stato il rapporto diretto con il proprio quartiere. Abbiamo permesso l’elezione di immigrati regolarmente residenti da oltre 5 anni nei Consigli di quartiere. In seconda battuta abbiamo avvicinato le donne perché soprattutto attraverso la leva femminile noi riusciamo a costruire l’integrazione nella società. Ricordo i percorsi di alfabetizzazione delle donne. La componente femminile tendenzialmente fa più fatica a integrarsi. È poi fondamentale la costruzione del dialogo interreligioso che in questa città è stato fondamentale grazie alle capacità e alla lungimiranza della nostra Diocesi. Responsabilizzazione, diritti e doveri, dialogo interreligioso e capacità di costruire le condizioni per una convivenza pacifica sono gli elementi fondamentali.

Ghidini. Ci sono scelte che noi dobbiamo adottare per aiutare il percorso di integrazione. In primis vogliamo creare un albo comunale delle associazioni degli immigrati. Inseriremo, quindi, i rappresentanti delle associazioni nella Consulta della Pace e, attraverso questa, avvieremo un dialogo che permetta di risolvere le problematiche che si presenteranno. Vogliamo inoltre portare avanti la nomina, all’interno del Consiglio comunale, di due rappresentanti della comunità degli immigrati.

Vilardi. Ci vuole meno buonismo. Dobbiamo essere invece realisti e concreti. Guardiamo ai recenti fatti di cronaca, a quanto accaduto a Sana che voleva vivere come un’occidentale ed è stata uccisa dai propri familiari. Questo non è accettabile, al di là delle appartenenze politiche. Il problema è religioso e culturale. Non accetto una cultura che mette la donna “sotto le proprie scarpe”. Chi vive la città sa bene quale sia la condizione delle donne musulmane. Non bastano i corsi di alfabetizzazione. È una questione culturale. Con la nostra cultura gli immigrati devono accettare anche le nostre regole.

Quali politiche per la scuola? Come gestire la grande concentrazioni di alunni di origine non italiana in alcune scuole della città?

Ghidini. Il fenomeno riguarda principalmente le scuole dell’infanzia e le primarie. In queste scuole va garantito l’utilizzo di tutti i metodi possibili per accogliere gli stranieri. La scuola deve essere inclusiva e democratica e questo è possibile mettendo a disposizione le risorse che possono essere fornite dal Comune: dai trasporti all’accompagnamento linguistico extrascolastico.

Vilardi. Il Comune ha competenza sulle scuole primarie e su quelle dell’infanzia. Il ministro Gelmini aveva introdotto un tetto massimo pari al 30% di alunni stranieri. Questo può essere già un primo provvedimento. Premesso che l’istruzione deve essere garantita a tutti, bisogna sfatare il mito dell’omologazione. Per permettere ai bambini stranieri di seguire le lezioni, spesso e sovente i bresciani restano indietro rispetto al piano di studi. Bisogna trovare le modalità affinché questo non avvenga. C’è poi un problema di tipo religioso. Pensiamo alle scuole dove è stato rimosso il crocifisso o a quelle dove non è più possibile celebrare le “feste comandate”. Il vaso è ormai colmo. La politica deve dare delle risposte anche a tutto questo.

Del Bono. Dobbiamo trovare un equilibrio all’interno delle classi, ma bisogna individuare lo strumento adatto. Noi introdurremo degli incentivi: il buono scuola, il buono mensa... Non abbiamo bisogno di dichiarazioni roboanti e siamo consci che il processo sarà lungo.

Da anni i doposcuola degli oratori sono frequentati al 99% da ragazzi di altre culture. Quale rapporto intendete instaurare con le parrocchie che da anni gestiscono di fatto i processi di integrazione?

Vilardi. Le parrocchie hanno svolto e svolgono una funzione sociale ed educativa non indifferente. La collaborazione fra Comune e oratori, nel futuro amministrativo della città, deve essere supportata e implementata.

Del Bono. Abbiamo, come Comune, una convenzione con gli oratori. È stata rinnovata per i doposcuola che stanno funzionando molto bene: evitano che i ragazzi incorrano nei tipici disagi adolescenziali e danno una forte mano alle famiglie. Il processo d’integrazione coinvolge l’ambito demografico ed educativo. Quella che abbiamo di fronte è anche una sfida educativa. In tal senso gli oratori sono decisivi.

Ghidini. Il ruolo degli oratori è importantissimo nel processo d’integrazione. Dobbiamo mantenere il rapporto di collaborazione con gli oratori. Senza ingerenze e condizionamenti il Comune deve fare rete, rispondendo nel miglior modo possibile ai bisogni di tutti.

Quale tipo di rapporto intendete costruire con le diverse realtà etniche e religiose che vivono in città? Quali risposte intendete dare alla richiesta di spazi e di luoghi di culto?

Del Bono. Garage e negozi non possono essere luoghi di culto. È questo il tema ed è quello che preoccupa anche la cittadinanza: un luogo di preghiera che non è funzionale in termini di ordine, viabilità, mobilità, affollamento e rumore rispetto al contesto urbano. Non c’è alcuna moschea abusiva in città, altrimenti sarebbe già stata chiusa. Di fronte ai cittadini di religione musulmana, a differenza di altre confessioni, c’è un preconcetto, c’è diffidenza. Le risposte da dare sono urbanistiche.

Ghidini. Dobbiamo favorire l’inserimento degli immigrati nella città, anche attraverso i luoghi di culto. È necessario avere dei luoghi di culto riconosciuti, evitando l’insediamento di strutture che, diversamente, potrebbero creare problemi di sicurezza.

Vilardi. Sulla moschea di via Bonardi voglio ribadire che l’amministrazione Del Bono poteva appellarsi al Tar e non l’ha fatto. Nel 2016 Regione Lombardia aveva emesso un provvedimento in cui chiedeva al Comune di chiudere i luoghi con destinazioni d’uso non adeguate. Lo strumento urbanistico è “principe” e il Comune l’ha utilizzato per i suoi interessi.

Nelle scorse settimane c’è stata la firma di un protocollo d’intesa tra Comune/Terzo Settore/Prefettura per l’impiego dei richiedenti asilo in lavori socialmente utili. È sufficiente per avviare percorsi di integrazione?

Ghidini. Arriva a un mese abbondante dalle elezioni. È un atto tardivo, andava preso prima. Siamo in ritardo, ma ben venga. Non riteniamo però sufficiente la proposta dei 6 mesi più 6.

Vilardi. Non basta per avviare processi d’integrazione. I richiedenti asilo, il 5% delle persone che scappano dalla guerra, vanno ovviamente aiutati. C’è però una discriminazione nei confronti degli italiani. Penso ai giovani disoccupati. Perché non aiutare prima loro attraverso i lavori socialmente utili?

Del Bono. È stato fatto un errore clamoroso che ha messo a rischio l’istituto dell’asilo politico. Purtroppo, in una fase d’emergenza, sono state accolte delle persone, facendogli fare domanda di richiesta d’asilo,  che non avevano i requisiti. Oggi le Commissioni prefettizie, grazie anche all’aiuto del Comune, stanno accelerando le procedure. È emerso che il 35% circa dei richiedenti ha diritto a rimanere nel nostro Paese. In questa fase hanno diritto ad un’unica impugnazione e il Tribunale di Brescia ha istituito le sezioni dedicate. Andiamo avanti, aspettiamo di vedere chi ha diritto e chi no...

REDAZIONE 21 mag 2018 08:06