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Brescia
di FABRIZIO MOLTENI 05 mag 2023 08:35

Che società vogliamo costruire

Dopo qualche anno di assenza, come Acli provinciali di Brescia siamo tornati a pubblicare il report “I redditi della classe lavoratrice popolare”, del quale evidenziamo alcuni dati significativi. Nel triennio 2019-2021, il reddito medio parrebbe aver sostanzialmente tenuto – intorno ai 23.400€ – ma bisogna considerare un elemento, che non emerge dalla ricerca, ma che incide pesantemente sui redditi, ovvero l’inflazione che, in particolare nell’ultimo anno, ha decisamente eroso il potere d’acquisto. Inoltre, è da sottolineare come il reddito medio di coloro che si trovano nella fascia di reddito più abbiente è ben cinque volte superiore rispetto a quello di coloro che stanno nella fascia di reddito più bassa. Emergono tradizionali, perduranti e crescenti disuguaglianze. Di genere: le donne guadagnano il 29% in meno degli uomini (13.807 euro contro 19.436). Generazionale: gli over 67 dichiarano il 33% in più di coloro che si trovano nella fascia dai 30 ai 45 anni. Di nazionalità: rispetto agli italiani, i contribuenti nati all’estero dichiarano redditi più bassi del 37%.

Disuguaglianze che si riscontrano anche a livello di abitudini di spesa. Rispetto all’84% della fascia di reddito più alta, accede ai servizi sanitari solo il 51% della fascia di reddito più bassa – ovvero metà dei meno abbienti rinuncia a curarsi - con un peso della spesa sul reddito pari al 17% per i meno abbienti e al 4% per i più abbienti. Analizzando, invece, l’accesso all’istruzione universitaria, si evidenzia come vi ricorre il 26% di coloro che stanno nella fascia di reddito più alta contro appena il 3% di coloro che si trovano nella fascia di reddito più bassa – con un peso della spesa sul reddito del 18% per quest’ultimi e del 6% per i primi; è evidente come “l’ascensore sociale” abbia smesso di funzionare.

Da ultimo, un dato di spesa veramente allarmante, in linea con quelli registrati negli scorsi anni: meno dal 10% dei contribuenti osservati dichiara spese per forme di previdenza complementare. Al di là dello scontare un possibile fattore culturale - siamo stati abituati per decenni ad un sistema previdenziale totalmente pubblico e molto generoso e, probabilmente, non è stato ancora metabolizzato il cambio di scenario determinato dalle varie riforme pensionistiche succedutesi – il dato ricade nel campo dell’ovvio: con stipendi mediamente bassi (o molto bassi) è naturalmente limitata la quota di coloro che possono investire una parte del proprio salario in forme pensionistiche complementari che garantiscano una rendita da affiancare alla (magra) pensione che verrà erogata dall’Inps.

Tralasciando una valutazione sull’attuale sistema pensionistico (che, ci piaccia o meno, è quello con cui dobbiamo fare i conti), siamo in presenza di una “bomba sociale” che deflagrerà tra circa una ventina d’anni (secondo alcuni anche prima), quando andranno in pensione coloro che vedranno calcolato il proprio assegno pensionistico su tutta la carriera lavorativa (magari contrassegnata da periodi di inattività lavorativa e, quindi, di vacanza contributiva) e secondo il sistema contributivo (e non più retributivo). È chiaro che, con tassi di sostituzione tra ultimo stipendio e pensione intorno al 30%, senza la presenza di una rendita complementare avremo pensionati poveri (anche per via degli attuali “woorking poor”), alle esigenze dei quali dovrà far fronte lo Stato. Forse sarebbe il caso di porsi il problema – prima che deflagri – e cercare di prevenirlo, come per tutte le altre criticità che emergono dal report, agendo in due direzioni: utilizzare la leva fiscale per incentivare il ricorso a certi strumenti ed iniziare a correggere le palesi storture ed iniquità presenti nel nostro sistema fiscale ma, soprattutto, agire sul fronte dell’aumento delle retribuzioni perché, in mancanza di tale elemento, sarà impossibile migliorare la condizione dei lavoratori.

Dal canto nostro, l’impegno che ci prendiamo è quello di portare i dati emersi all’attenzione dei nostri parlamentari, che dovrebbero farne sintesi ed attuare politiche conseguenti e adeguate.

FABRIZIO MOLTENI 05 mag 2023 08:35