Come eravamo: Prima della marcia su Roma
Una nuova proposta dell'Archivio diocesano

Agosto 1922: si stava preparando la marcia su Roma che sarebbe avvenuta a fine ottobre. Il clima degli eventi si coglie anche dalla lettura della pubblicistica a stampa del tempo: è il caso della relazione annuale 1921-1922 sui Corsi d’istruzione civile premilitare promossi dalla Federazione nazionale Sursum corda. La relazione racconta brevemente la nascita della Federazione, evoluta dalla precedente esperienza dei Battaglioni Volontari, istituiti prima della I guerra mondiale.
La Federazione afferma di aver coltivato, anche dopo la guerra, il sentimento patriottico nelle giovani generazioni e ne rivendica l’assoluta apoliticità. Sul finire della relazione, l’accenno alle “ore torbide attraversate” e l’auspicio che la Scuola Premilitare “non sia un pretesto di antagonismo”, lasciano intendere che probabilmente questa esperienza rischiava di subire la strumentalizzazione della propria opera, dove infatti si dice: “sia affidato lo svolgimento [dei corsi premilitari] agli Enti che ne sono riconosciuti tecnicamente e moralmente idonei e che agiscono nell’orbita costituzionale”. Orbita costituzionale che a breve avrebbe subito degli scossoni…
[Carte ad annum, busta 66, 1922]

Ricordiamo anche che allora " dopo la chiusura pretestuosa di oratori e circoli cattolici, e persino di associazioni ricreative laiche promuoventi una vita sana e sportiva (quali la U.O.E.I.), chiusura voluta per accentrare la formazione giovanile nell'Opera Nazionale Balilla, Gioventù Littoria, Dopolavoro fascista e consimili, il Vescovo S. E. Mons. Giacinto Gaggia divenne tra i vescovi più apertamente antifascisti; dichiarò che il Fascismo era un partito difensore di teorie sostanzialmente pagane, che esalta la statolatria, umilia la libertà spirituale dell'uomo, viola i diritti della persona, pretende di avere il monopolio delle coscienze. Fu l'unico vescovo italiano ad astenersi dal partecipare al plebiscito del 1929, dopo la firma dei Patti Lateranensi, rifiutandosi di giustificare l'astensione con motivi di salute ed affermando Dite pure che sto bene: benone! L'11 novembre 1932, quando il Duce visitò Brescia e lo incontrò, giocando abilmente di parole sull'essere stato colpito da cecità gli disse che non lo poteva vedere."