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Brescia
di ELISABETTA MUCHETTI 06 nov 2022 14:06

Disparità salariale

Secondo i dati dell’Ufficio statistico della Commissione europea il divario retributivo di genere medio in Italia sarebbe ancora del 5,5%, contro una media europea del 16,3%. Una riflessione delle Acli provinciali

Secondo l’Ufficio statistico della Commissione europea il divario retributivo di genere medio in Italia sarebbe del 5,5%, contro una media europea del 16,3%. Il Coordinamento Nazionale Donne Acli, in collaborazione con l’Area Lavoro delle Acli Nazionali, ha approfondito questo dato, all’apparenza rassicurante, con un percorso di ricerca lungo due direttrici: l’accesso alle banche dati di Caf e Patronato Acli che ogni anno, offrendo i loro servizi, incontrano centinaia di migliaia di persone, e attraverso un’indagine online.


Le elaborazioni dei dati mettono in luce la fragilità della condizione femminile nel mondo del lavoro. Ecco alcune evidenze: nelle fasce di reddito più basse sono maggiormente presenti le donne, tanto che nelle prime tre fasce di reddito legate alle soglie di povertà (assoluta, relativa e di vulnerabilità); il divario di genere è più marcato al Centro-Nord e tenda, invece, a ridursi nel Mezzogiorno; a livelli più elevati di istruzione corrispondono livelli di reddito da lavoro superiori per entrambi i generi, sebbene con le dovute differenze: il 39% degli uomini laureati dispone di redditi superiori ai 2000 euro, ciò accade solo per il 17,7% delle donne laureate; emergono ‘zone grigie di lavoro femminile’, ossia un orario di lavoro prolungato in cui viene contrattualizzata sono una parte delle ore lavorate; quasi il 70% delle domande di Naspi proviene da donne lavoratrici, il cui rapporto di lavoro si è quindi interrotto in modo involontario. Le dimissioni volontarie invece rappresentano un fenomeno prevalentemente maschile; tra le donne i redditi da lavoro o da pensione sono risultati per lo più medio-bassi (meno di 1.500 euro di reddito netto mensile), mentre, nel caso degli uomini, oltre il 60% dei partecipanti all’indagine supera i 1.500 euro; i redditi medio-bassi si riducono fortemente tra coloro che hanno scelto le discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics) e le differenze rispetto al genere tendono ad annullarsi, mentre persistono a danno delle donne in tutti gli altri ambiti disciplinari


Dal questionario emerge che la maggior parte delle donne ritiene la propria retribuzione non sufficiente a coprire le necessità personali, giudica il proprio percorso di carriera insoddisfacente e dichiara di non aver raggiunto gli obiettivi professionali desiderati. Inoltre si evidenzia che, se per un uomo il matrimonio o la nascita dei figli non ha implicazioni lavorative, per la donna comporta tutt’altro: dimissioni alla nascita del secondo figlio e ricorso al part-time, entrambi indice di salario ridotto e di impoverimento generale, anche in vista della vecchiaia, caratterizzata da pensioni più che minime.


L’obiettivo del 60% di tasso di piena occupazione femminile proposto dall’Europa nel 2010, raggiunto da Francia, Germania e Regno Unito, in Italia è ancora un miraggio. La strada da percorrere per arrivare alla parità nella condizione lavorativa è ancora lunga. Nel suo discorso di insediamento, Giorgia Meloni ha detto che la propria elezione segna lo sfondamento del cosiddetto “soffitto di cristallo”, cioè di quell’insieme di barriere sociali, culturali e psicologiche che sono un ostacolo insormontabile, ma invisibile, alla possibilità di fare carriera nel lavoro per categorie storicamente discriminate. Auspichiamo che nel suo mandato “la” Presidente del Consiglio (per noi comunque al femminile) sappia promuovere azioni concrete per permettere a tutte di avere pari opportunità in tutti gli ambiti.

ELISABETTA MUCHETTI 06 nov 2022 14:06