lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di BRUNO FORZA 19 feb 2021 11:12

Gabric, un nome per Sanpolino?

Sono più di 1.200 le firme raccolte, 40 quelle di olimpionici, con 17 associazioni scese in campo per convincere la Loggia a dedicare l’impianto di atletica di Sanpolino alla discobola Gabre Gabric

“Lo sport è importantissimo. Può salvarti la vita”. Ne era profondamente convinta Ljubica Gabric, per tutti Gabre, bresciana d’adozione e figura simbolo capace di attraversare, e ispirare, intere generazioni di atleti. Un volto prezioso, il suo, da proteggere dalla polvere della storia e dal rischio che ricordi da valorizzare possano affievolirsi con lo scorrere del tempo.

La prossima inaugurazione. È con questo obiettivo che, in attesa dell’ormai prossima inaugurazione dello stadio di atletica di Sanpolino, si è concretizzata una mobilitazione per intitolare l’impianto proprio alla Gabric: cittadina del mondo che ha saputo incarnare i tratti propri, nell’immaginario collettivo locale, della Leonessa d’Italia.

Firme. Sono più di 1.200 le firme raccolte, 40 quelle di olimpionici, con 17 associazioni scese in campo per convincere la Loggia a procedere all’intitolazione. Gabre Gabric nacque a Imoschi, località croata all’epoca appartenente al territorio austro-ungarico, nel 1914.

L’infanzia. Rimase presto orfana di madre e il padre, militare, la affidò al fratello, medico a Chicago. Dopo l’infanzia negli Stati Uniti il ritorno in riva all’Adriatico, a Zara, nel frattempo diventata italiana. La sua bandiera, la terza in pochi anni, divenne il tricolore e non la lasciò più. Imparò l’italiano una parola alla volta grazie all’aiuto di una compagna di scuola, e abbracciò atletica e canottaggio per ritrovare entusiasmo e serenità in mezzo a una selva di difficoltà. Il destino la condusse verso la specialità del lancio del disco, dove ottenne grandi risultati e due partecipazioni ai Giochi Olimpici. Nel 1936, a Berlino, era una delle sole dieci donne della squadra italiana, dove gli uomini erano 150.

A Brescia. Giunse a Brescia per amore nel 1941, quando dopo il matrimonio con il cigolese Alessandro Calvesi – tecnico federale nella specialità della corsa a ostacoli – diede alla luce la primogenita Mariella, seguita dopo soli quattordici mesi da Ljana. Dopo una carriera splendida fu allenatrice a livello internazionale, forte della sua vasta conoscenza nel campo delle lingue; dirigente sportiva; giornalista (prima donna al Giornale di Brescia, al fianco di Gianni Brera alla Gazzetta dello Sport, direttrice della sala stampa alle Olimpiadi di Roma nel 1960); insegnante di rilievo, di quelle capaci di portare i ragazzi in pista.

Ginnastica per anziani. Non solo giovani, tuttavia: fu pioniera, negli anni Ottanta, del lancio della ginnastica per anziani. Si spense a 101 anni, nel 2015, con la perenne convinzione che lo sport fosse un contesto ideale per l’educazione dei giovani e la trasmissione di valori importanti. Uno spazio di uguaglianza, riscatto, libertà. Il suo nome all’ingresso del nascente impianto sportivo cittadino, il primo in Italia dedicato ad una donna, significherebbe tutto questo.

BRUNO FORZA 19 feb 2021 11:12