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Brescia
08 feb 2024 17:00

Inverno demografico, sanità e pensioni

Un interessante convegno promosso da Bcc Agrobresciano, Unibs e Istituto Iseo

Bcc Agrobresciano, da sempre attenta alle tematiche di maggior interesse sociale e attiva nella promozione di eventi e incontri di formazione e sensibilizzazione circa i principali quesiti che interessano l’opinione pubblica, ha promosso il convegno “Il lungo inverno demografico in Italia e in Europa. I rischi su sanità e pensioni” ospitato dal Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli studi di Brescia. Riccardo Venchiarutti, Vicepresidente dell’Istituto Iseo (Istituto di Studi Economici e per l’Occupazione), partner nell’organizzazione del convegno, ha aperto l’incontro ricordando come il tema del convegno sia alquanto attuale e al centro di numerose discussioni. Al tavolo dei relatori: Fabiana Scapolo, a capo dell'unità "Demografia e Migrazione" del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea da Aprile 2022, Fabrizio Natale, responsabile del gruppo di demografia presso l'unità "Demografia e Migrazione" del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea, e Tito Boeri, professore e direttore del dipartimento di Economia presso l'Università Bocconi di Milano e Senior Visiting Professor alla London School of Economics.

Roberto Savona, Ordinario di Politica Economica di Unibs, ha aperto il dibattito sull’invecchiamento della popolazione e sul calo della natalità mettendo come i demografi chiamino questo processo “la più grande transizione demografica mai registrata”. Si è passati negli ultimi decenni da tassi di mortalità alti a percentuali molto basse che hanno portato la popolazione mondiale alla soglia degli 8 miliardi che diventeranno, intorno al 2060, circa 9,7 miliardi. Nel 2100 l’’Onu prevede infine una popolazione mondiale di 10.7 miliardi. In tutto questo però l’Europa, e in particolare l’Italia, vedranno progressivamente un de-popolamento: nel 2060 in Italia sono previsti 54 milioni di persone e nel 2100 48 milioni, contro i 59 attuali. Eurostat prevede nel 2100 numeri in calo – 419 milioni di persone, in Europa. La flessione della popolazione in tutta Europa e in Italia diventerà quindi sempre più evidente, con una percentuale di over 65 di circa il 34% nel 2050. In questo scenario il rapporto di dipendenza fra pensionati e occupati, oggi al 38%, arriverà nel 2050 al 64%. Nella medesima direzione evolverà il cammino della spesa pensionistica, che potrà arrivare fino al 17% del PIL nel 2042 per poi decrescere. La spesa sanitaria invece, oggi al 6.7% del PIL, sarà in aumento fino al 2050, con una previsione del 7.5%. Anche la spesa per non autosufficienti è prevista in crescita da oggi fino al 2050 (da 1% al 1.4%). Tutte queste spese sono oggetto di forte criticità, considerando la decrescita della popolazione in Italia.

Fabiana Scapolo, con l’intervento “Da una società che invecchia a una società longeva”, ha raccontato come influisce l’invecchiamento della popolazione sull’economia globale. Ha esposto le strategie e le attività della Commissione Europea che sta affrontando il cambiamento demografico, sottolineando i temi salienti. La demografia è diventata una priorità politica e si stanno studiando report dedicati alle dinamiche e agli scenari odierni e futuri. Temi importanti sono la conciliazione di lavoro e famiglia, il sostegno ai giovani affinchè abbiano un futuro prospero a livello professionale e alle fasce più anziane perché restino attive. Altre politiche importanti riguardano la parità di genere, l’assenza di discriminazioni intergenerazionali, il sostegno alle tecnologie telematiche come elemento di compensazione dei cambiamenti della transizione e dell’invecchiamento demografico. Si parla di un invecchiamento che è sempre più considerato longevità, unito a un’aspettativa di vita migliore: benessere, progressi medici e ricerca possono contribuire a questo progresso. Negli ultimi decenni è aumentata l’aspettativa di vita in tutti i paesi europei grazie sia alla diminuzione della mortalità infantile, sia dell’aumento dell’età della popolazione. Tutto questo in futuro potrebbe essere minato da pericoli come il cambiamento climatico, le differenze economiche e le difficoltà di sistemi sanitari chiamati all’assistenza di una popolazione sempre più anziana e non più attiva. Questo aspetto sociale si chiama “Old age dependency ratio” e l’Italia ha uno dei tassi più alti sia per invecchiamento della popolazione, sia per la bassa fertilità che non genera cambiamento generazionale.

La sfida per il futuro in merito ai rapporti di dipendenza degli anziani può essere premiata dal mantenimento in attività di persone mature che possono ancora dare molto in termini di esperienza e capacità. Le classi di età più anziane possono convivere con quelle più giovani e quindi ci possono essere benefici che diminuiscono i rapporti di dipendenza degli anziani sulla produttività di un paese. Oggi convivono, in un periodo storico unico, 7 diverse generazioni che generano ricchezza e diversità culturale.

Fabrizio Natale ha sondato il rapporto fra invecchiamento e sanità, concentrandosi sull’impatto dell’invecchiamento sui sistemi sanitari: i ministeri della salute degli stati membri Osce hanno parlato dell’impatto dell’invecchiamento e della tenuta dei sistemi sanitari. Inverno demografico o tempesta? Differenze territoriali in termini di accesso a una sanità di qualità e aging della popolazione mettono e metteranno in difficoltà servizi sanitari che avranno bisogno di più personale e professionalità. Le proiezioni demografiche Eurostat raccontano come una popolazione sempre più anziana necessiti di una domanda maggiore della sanità, non supportata da una popolazione sufficientemente contributiva. Nel corso degli anni si è visto come le malattie si spostino in età più avanzata, così come si sposta l’aspettativa di vita. Si spostano i problemi sanitari verso il limite massimo dell’età della popolazione. L’aumento dei fabbisogni sanitari si procrastina e questo “healthy aging” da un lato è positivo, ma non è compensato da una natalità capace di ripopolare il paese. L’offerta del servizio sanitario soffre inoltre l’invecchiamento della forza lavoro:  i dottori ora vicini alla pensione non avranno un sufficiente ricambio generazionale. In tutto questo gioca un ruolo fondamentale anche il processo migratorio in entrata e in uscita: il delta per l’Italia non premia l’immigrazione. I medici nel Sistema SocioSanitario sono troppo pochi, bisogna favorire politiche capaci di mantenere un rapporto stabile con le necessità della popolazione, fondamentale (x medici ogni Y abitanti) per sostenere la sanità. Il fabbisogno di medici nell’EU andrà in seguito diminuendo per la de popolazione, anche se gli anziani avranno bisogno di assistenza. Questa onda demografica vedrà un picco della domanda nella sanità fino al 2030, per poi rientrare e stabilizzarsi.

Il terzo intervento, il più atteso, è stato quello di Tito Boeri, già presidente dell’Inps, con l’intervento “Un pianeta svuotato?” ha esposto scenari presenti su scala planetaria, ma accentuati nel nostro paese. Natalità e ripopolamento sono temi importanti per l’Italia e se la longevità significa invecchiamento sano è un bene. Il nodo, però, è la natalità: se è troppo bassa, questo genera coorti nell’ingresso del mercato del lavoro, rappresentando il problema numero 1. Se siamo di meno, soprattutto se si riduce la popolazione giovane, in reddito pro-capite diminuisce. Una popolazione con meno giovani è una popolazione piccola, e che innova di meno, produce di meno, crea meno valore. Anche questo inficia la sostenibilità della crescita economica dei paesi e dei sistemi pensionistici. Il calo del peso della popolazione in età lavorativa rispetto al totale genera gravi problemi e rende meno sostenibili i sistemi di protezione sociale. Il trasferimento intergenerazionale per le pensioni è messo in difficoltà. Il problema, ha ribadito il Prof. Boeri, non è la longevità, ma la fertilità, le prospettive di natalità, strettamente collegate al lavoro femminile: oggi nei paesi in cui si fanno più figli ci sono più donne che lavorano. Conciliare tassi di occupazione femminile e tassi di fertilità è quindi fondamentale per dare vita a un paese. A questo tema si aggiungono inevitabilmente altre osservazioni legate alla disparità salariale fra uomini e donne e un andamento salariale discontinuo fra le donne nel corso della propria carriera.

Anche l’immigrazione può aiutare se va di pari passo con la promoziona nazionale della natalità e con l’aumento di posti di lavoro che hanno a che fare con i servizi base legati all’infanzia e a quella rete di sostegno per le famiglie e le madri lavoratrici. L’immigrazione deve essere gestita in modo responsabile e ai fini dell’integrazione, non gestita come emergenza.

Boeri ha chiuso il suo intervento con una domanda: come sarà il mondo? Il problema principale rimane quello della natalità, Potranno provenire vantaggi della longevità e dall’impiego maggiore di donne ora disoccupate per far crescere il Pil. Si può e si deve fare molto però per favorire i tassi di fecondità riducendo i costi legati ai figli e creando rete sociale (per es. asili nido, etc.) attraverso un’immigrazione programmata di lavoratori non per forza unicamente di alto profilo.

08 feb 2024 17:00