Le tracce bresciane in Dante

Nel 2021 si ricordano i 700 anni dalla morte del sommo poeta Dante Alighieri, nato a Firenze tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 e morto in esilio a Ravenna nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1321. Il 25 marzo 2021 sarà la prima delle due giornate dantesche (data che gli studiosi individuano come l'inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia), mentre la seconda sarà il 14 maggio (giorno in cui venne inaugurata in piazza Santa Croce a Firenze la statua di Dante realizzata da Enrico Pazzi). Le tracce di Dante nel Bresciano sono tenui ed andiamo a tracciarle. Nella Divina Commedia figurano due personaggi bresciani: sono Mastro Adamo (un falsario di monete, cacciato nell’Inferno, dove è raffigurato idropico, gonfio e simile a un liuto mostruoso) e Currado da Palazzo (posto nel Purgatorio a causa della corruzione umana). Sicuramente il sommo poeta visitò il bresciano e pare sia stato ospitato dall’antica famiglia Lantieri de’ Paratico: qui, l’esule Dante, ispirato dal paesaggio, avrebbe scritto alcuni versi della Cantica del Purgatorio e preso spunto dalla disposizione a spirale del vigneto che circonda ancora oggi l’antico maniero per immaginare i gironi infernali. Sembra che il celeberrimo giureconsulto bresciano, Albertano da Brescia, con il suo “Liber de doctrina dicendi et tacendi” abbia fornito lo schema del “De vulgari eloquentia”.
In quest’ opera Dante Alighieri scrive così del dialetto bresciano: “Così villoso ed ispido di vocaboli e di accenti che per la sua rude asprezza non solo fa uscire dai limiti donna che parli, ma saresti in dubbio, o lettore, se sia un uomo”; e conclude “quod quidem barbarissimum reprobamus”. Immaginiamo, poiché il sommo poeta non aveva al suo seguito uno scriba personale che facesse il racconto del viaggio, che Dante abbia visitato, durante i soggiorni veronesi (alcuni mesi nel 1303-4 e poi dal 1313 al 18) le caverne di Serle (che ricordano quelle della Lessinia) per cercare spunti per le porte dell’Inferno e del Purgatorio, e che avesse incontrato in qualche valle solitaria, prima di ritornare in Valle Trompia e ridiscendere nel Sebino, delle rozze vecchiette; ma se potesse sentire oggi con quale grazia e dolcezza le attrici dialettali bresciane interpretano i loro personaggi, rimarrebbe estasiato. È bresciana la più antica edizione figurata della Divina Commedia, dotata di 68 Xilografie e col commento di Cristoforo Landino, edita il 31 maggio 1487 per i tipi di Bonino de Boninis.
Fra le curiosità dantesche bresciane vi è il naso di Dante che si vuol vedere nella rupe di Manerba. C'è perfino chi ipotizza che tale visione abbia convinto nel 1921 Gabriele D'Annunzio ad acquistare a Gardone Riviera la villa che poi trasformò nel Vittoriale degli Italiani. Il Vaglia, su indicazione dell’ing. Emilio Franchi, ha segnalata l'esistenza di una raffigurazione di Dante sulla parete esterna della chiesa di S. Giorgio a Cislano di Zone. Terminiamo questo breve escursus dantesco in casa bresciana, citando il gavardese Flaminio Valseriati, amante di strumenti musicali a pizzico, che, cultore del dialetto, tradusse la Divina Commedia in vernacolo. Ecco le rime iniziali del canto primo dell’inferno. “Giösta a metà del tép chè só nassìt - mé s ó troàt èn d’èn boscai issé scür, - chè la vià de turnà gh’ére pirdìt”.

Mi permetto di inviare un mio umile pensiero per la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri ambientalista.
“le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l’universo a Dio fa somigliante”(Paradiso, I, 103-105)
Ho ragione di credere che se il grande Dante avesse in sorte di poterci vedere, noi del ventunesimo secolo, presi come siamo nel vortice di una vita resa convulsa dalle mille straordinarie urgenze pandemiche, non mancherebbe di apostrofarci come “Anime affamate”. Ma non c’è solo il Dante del-la Divina Commedia. C’è anche i partito dei Verdi-Europa di Brescia che prima e meglio di tanti altri ha saputo cogliere l’importanza, per l’uomo, dell’ambiente. Perciò, continuando il percorso tra le espressioni artistiche, culturali e filosofi-che che hanno dato forma nel corso del tempo al pensiero sulla natura, Dante Alighieri come voce significativa della cultura Italiana ed Europea e con documenti originali in Brixia. Con il propria sensibile attenzione Dante Alighieri ho cercato un sensibile pensiero e dritta via ambientale. Non solo del poeta e dell’uomo dalla cultura enciclopedica, ma in particolare dell’uomo di scienza. L’analisi delle opere minori ha infatti messo in luce la sua capacità di sintesi di un immenso patrimonio di informazioni che, a cavallo tra medioevo e ri-nascimento, provenivano da conoscenze scientifiche antiche e da tradizioni anche al di fuori dell’Europa. L’attenzione di Dante per l’ambiente si esplicita nell’interesse per l’astronomia, la geografia, lo studio del cosmo e nel con-tempo per l’osservazione degli elementi naturali come i minerali, la distribuzione dell’acqua nel territorio, gli animali. Tuttavia l’elemento centrale di studio rimane l’uomo in quanto soggetto chiamato ad agire nei confronti delle risorse naturali a beneficio della società. Sebbene Dante sia lontano dal concetto moderno di metodo scientifico, inteso come la verifica di fatti tramite la sperimentazione, i messaggi essenziali dati come uomo di scienza appaiono di straordinaria attualità. L’approccio alla natura, appreso durante i suoi anni di formazione presso l’ordine dei Francescani, consiste nella sorpresa e nella meraviglia che scaturiscono dall’osservazione della realtà, ma Dante va oltre: questi sentimenti stanno alla base della disposizione d’animo corretta per chiunque sia desideroso di imparare. L’osservazione dell’ambiente porta ad un primo livello di consapevolezza: i partico-lari e gli elementi minimi animati e inanima-ti costituiscono un insieme, “un corpo” che funziona in base ad un proprio ordine regolato da un’intelligenza che lo rende funzionale, armonico ed estetico. Ad un livello più profondo l’uomo che apprende e che è consapevole viene inevitabilmente messo di fronte alla necessità dell’utilizzo responsabile delle conoscenze soprattutto nei confronti degli altri uomini e della natura. I termini guardare, ascoltare, ricercare “con amoroso uso di sapienza”, sono più che mai in linea con gli attuali orientamenti dell’educazione allo sviluppo sostenibile, almeno quanto considerare l’emozione un elemento in grado di favorire l’apprendi-mento e di intervenire sui comportamenti. L’augurio è che questo volume possa supportare educatori e insegnanti valorizzando un aspetto della cultura dantesca meno noto e nel contempo permettendo il recupero di forme linguistiche e concettuali che arricchiscono il significato attua le, in costante evoluzione, di ambiente e dei fenomeni che ne fanno parte. Ecco perché la meraviglia viene resa in tante forme...ed ecco anche perché essa rimane sempre così importante per tracciare il carattere del pellegrino nel corso di tutto il poema.” Così il mio cammin, umile ascolto di Dante e la scienza: nel senso che Dante dava a questo termine, che è vicino a quello di scienza della natura, allo studio di ciò che oggi chiamiamo ambiente. Ritornare a questo Dante e ad una delle sue culture ci aiuterà ad arricchire la nostra idea di ambiente che corre il pericolo, per eccesso di uso, di svuotarsi di senso.
Con l’aiuto del sommo poeta, anche noi potremo uscire ”a riveder le stelle.”
Celso Vassalini (Verdi-Europa di Brescia)