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Cortine di Nave
di CAMILLA CORTELAZZO 10 apr 2018 13:25

Io, prete, nel caos venezuelano

Don Giannino Prandelli, sacerdote fidei donum in Venezuela dal 2001, ha raccontato alla comunità di Cortine di Nave la sua esperienza missionaria in un Paese che sta vivendo una situazione drammatica

Da più di 10 anni a El Callao come parroco di un paese di miniere d’oro ai margini della foresta tropicale venezuelana, don Giannino Prandelli, sacerdote fidei donum, ha raccontato la sua esperienza alla comunità di Cortine di Nave.

Com’è la situazione in Venezuela?

La situazione è critica, già da qualche anno le condizioni sono andate degradandosi in forma progressiva. Il valore della moneta è scaduto tanto che l’inflazione è del 13000%, la moneta quindi non ha nessun valore. Per la gente questo porta a delle conseguenze tristi perché impedisce alla popolazione di guadagnare in forma sufficiente per sopravvivere. Chi ha lavori poco redditizi deve inventarsi qualcosa, molti stanno fuggendo dal paese, si parla di 3 milioni di persone, soprattutto giovani, che emigrano. Altro tipo di migrazione è quella interna, soprattutto nella zona sud-est nella regione della Guayana, famosa per le miniere d’oro, dove la gente arriva in cerca di oro o cercando di vendere oggetti preziosi per recuperare denaro che permetta loro di comprare cibo. La mancanza di acqua e di corrente elettrica è un problema.

Quali sono i suoi compiti?

Le risorse sono poche, quando parlo di risorse non parlo solo di denaro, ma anche dell’organizzazione a livello umano e sociale, non eravamo preparati a tutto questo afflusso. Da tempo abbiamo un club di anziani, composto da 30 membri tra donne e uomini che vivevano in condizioni di disagio, a cui offriamo cibo dal lunedì al venerdì. È un miracolo quello che riusciamo a fare perché nonostante le difficoltà e i pochi aiuti che arrivano, la nostra missione non può fermarsi. La maggior parte riceve la pensione minima che non permetterebbe loro di vivere un mese intero.

A quanto corrisponde uno stipendio medio?

Chi ha un lavoro fisso, come un professore, una maestra o un impiegato guadagna circa tra i 1000 e i 2000 bolivares al mese, che corrispondono a circa 4 o 5 euro al mese. Chi lavora in imprese minerarie abbastanza organizzate può arrivare a guadagnare fino ad un massimo di 20 euro al mese. Se per il cibo ci sono grandi problemi, ancora più grandi sono le difficoltà per la casa, la macchina e le cose più comuni.

Quali sono le risposte del governo?

Il governo fa delle proposte come l’invio di casse di cibo a un prezzo controllato ed economico. Dovrebbero arrivare una volta al mese e invece arrivano dopo tre. Si dice che la corruzione sia presente anche in questo. Evidentemente non è la soluzione al problema, dall’altro lato il governo invita la popolazione a investire nelle piccole coltivazioni, una soluzione limitata perché la gente che vive in città non può farlo: l’orto richiede poi una pazienza che la fame non può attendere. Oltre a tutto questo scenario ci sono anche problemi di sicurezza: si sono formate bande criminali con armi migliori dello stesso esercito. Anche il governo ha responsabilità in questo: come possono i cittadini avere armi sofisticate quando la legge non permette nemmeno il possessi di queste armi? La presenza della guardia nazionale non ha debellato le bande che non sono il pericolo più grande, attualmente fanno più paura i piccoli delinquenti che aumentano a causa della mancanza di risorse, lavoro e denaro. Questo obbliga la gente a cambiare il ritmo di vita, anche l’organizzazione della vita ecclesiale deve cambiare ritmi e orari per adeguarsi.

Ci sono degli aiuti che arrivano dall'Italia?

Abbiamo ricevuto aiuti da parte di associazioni, parrocchie, dal Centro Missionario, ma in realtà non chiedo aiuto perché mi vergogno: come può una terra ricca d'oro chiedere altro? La necessità non dipende dalla mancanza di risorse ma dalla cattiva organizzazione della realtà economica sociale e politica che ci porta ad avere esigenze maggiori rispetto al passato. Effettivamente gli aiuti economici non sono il problema maggiore, il problema è riuscire a trovare una soluzione a questo disordine che sta creando diversi problemi tra cui la mancanza di medicinali, cibo, sicurezza, la sfiducia nelle istituzioni. Il pericolo delle bande e degli stessi militari è che a volte intervengono in forma pesante contro il cittadino comune, non distinguendo il bandito dalla gente disperata che lavora nelle miniere.

Ci sono dei contrasti con le istituzioni?

Non possiamo esporci troppo nel denunciare alcune ingiustizie, rischieremmo di essere censurati. Chi si espone è la Conferenza Episcopale: i Vescovi hanno denunciato in un documento recente, prima della Pasqua, la condizione di disagio nella quale vive la gente. Il flusso migratorio è il risultato di questa situazione: 3 milioni di persone che se ne vanno sono il segno di una situazione difficile. L'impegno della Chiesa Cattolica si fa sentire nel rispetto e nei confronti della gente che ha bisogno di essere aiutata in un cammino che recuperi le condizioni sufficienti per vivere in modo dignitoso.

CAMILLA CORTELAZZO 10 apr 2018 13:25