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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 07 set 2017 09:45

L'Irc alla scuola dell'infanzia

Per la prima volta nella storia della diocesi due sacerdoti insegneranno religione agli studenti delle materne. Don Maiolini: “Una scelta ideale e pragmatica”

La fine della stagione estiva, per gli studenti, coincide con il ritorno sui banchi scolastici, anche per i più piccoli. A Brescia le scuole dell’infanzia associate alla Fism (Federazione italiana scuole materne) sono 258, con circa 21mila bambini iscritti. Ed è proprio nel campo dell’educazione infantile che nel Bresciano si registra un’importante novità. Per la prima volta nella storia della scuola d’ispirazione cristiana della Diocesi due sacerdoti, in qualità di “specialisti”, nel corso del nuovo anno scolastico, insegneranno religione nelle scuole dell’infanzia: sono don Massimo Pucci e don Ruggero Chesini, entrambi destinati negli asili del territorio delle rispettive parrocchie, quella di Roncadelle e quella di Tremosine. Come maestri saranno chiamati a svolgere le 60 ore previste per la scuola dell’infanzia. “È stata una scelta ideale e pragmatica” ha sottolineato don Raffaele Maiolini, direttore dell’Ufficio per l’educazione, la scuola e l’università. Se da un lato, infatti, si vuole “vedere in questa presenza l’impegno della Chiesa nella scuola come un servizio alla comunità”, dall’altro c’è la possibilità di avere un “sacerdote in loco che può coprire una cattedra”.

Preparazione. Don Massimo e don Ruggero come si stanno preparando per questo compito? Lo abbiamo chiesto a Luciano Pace, responsabile per l’Irc di Brescia: “C’è una fase di professionalizzazione”. Insegnare religione cattolica nelle scuole dell’infanzia “oggi è diverso rispetto a trent’anni fa”. Le nuove indicazioni sono rivolte alla promozione “dei Campi di esperienza (vedi DPR 11 feb 2010) previsti nella scuola dell’infanzia limitatamente alla religione cattolica”. L’odierno orientamento prevede un’attenzione alla cultura cattolica sin dall’infanzia, “meno promotrice di una forma catechetica d’insegnamento”. Si è lavorato per “garantire la possibilità d’insegnamento della cultura cattolica anche ai bimbi che non necessariamente sono cristiani cattolici”. Ad esempio, in un “campo d’esperienza”, “Il sé e l’altro”, si invita il bambino “alla costruzione di relazioni serene e pacifiche con i coetanei anche appartenenti a tradizioni religiose e culturali diverse”. Vedere inseriti in questo ambiente due sacerdoti “è una cosa molto interessante, sicuramente è una sfida per loro”. Sarà una sfida per don Massimo Pucci? Di certo l’insegnamento non era nei programmi del curato di Roncadelle ma, come sottolinea egli stesso, da una “necessità” può scaturire una “bella possibilità”. A suor Monica Cesaretti, coordinatrice e insegnante di religione della scuola materna paritaria Pietro Cismondi, era stato affidato un altro incarico. Mancava, quindi, una figura che accompagnasse i bambini nell’apprendimento della religione. Da qui la proposta del parroco, mons. Aldo Delaidelli, di sostituire nell’insegnamento suor Monica. L’opportunità è stata subito accolta da don Massimo.

Il curato inizierà a ottobre la sua prima esperienza come insegnante alla scuola materna. Per i piccoli alunni, però, è già un volto familiare. Durante l’Avvento, come nel corso della Quaresima, alla presenza di suor Monica, don Massimo era solito recarsi nelle aule per dei “brevi momenti di riflessione” sulla vita di Gesù. È stata proprio la reazione dei bambini che ne è seguita a colpirlo positivamente, spingendolo a cogliere senza tentennamenti l’opportunità offertagli. Dopo quelle fugaci parentesi fra i banchi, i bambini hanno cominciato a conoscerlo: “Ciao, don Massimo!”. È così che spesso esordiscono i bimbi dell’asilo quando lo incontrano per le strade di Roncadelle o all’oratorio, correndogli incontro. Reazioni normali, ma dalle quali si coglie la “valenza pastorale” dell’esperienza fatta all’asilo: “Ho visto i benefici che possono trarne i bambini sin da piccoli; il fatto, ad esempio, di poter essere, poi, accompagnati meglio nella vita dell’oratorio”. La giovanissima età “li rende molto recettivi”, apprendono “facilmente le basi” della fede. L’incontro con i bambini, del resto, può essere anche l’occasione per “conoscere le giovani famiglie della comunità. È un riflesso positivo”. A scuola “incontri tutti, anche chi l’oratorio non lo frequenta”.

ROMANO GUATTA CALDINI 07 set 2017 09:45