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Brescia
di + PIERANTONIO TREMOLADA 15 feb 2024 11:35

Per una comunicazione capace di elevare lo sguardo

Il vescovo Pierantonio ha incentrato l'omelia dei Santi Patroni sul tema della comunicazione in un'ottica di responsabilità. Leggi il testo integrale

Illustrissime autorità e carissimi fedeli tutti,

si rinnova per noi oggi la gioiosa memoria del santi Patroni, Faustino e Giovita. Con affettuosa devozione vogliamo rendere onore alla loro testimonianza ed esprimere la nostra gratitudine per la loro provvidente intercessione a favore della nostra città, una intercessione amorevole e costante nel tempo.

È tradizione che, nell’annua ricorrenza della festa e in preparazione ad essa, si indichi un tema sul quale far convergere l’attenzione di tutta la cittadinanza. Quest’anno la scelta è caduta sulla responsabilità, intesa come compito da assumere coscientemente per il bene della società. Vorrei anch’io offrire qualche spunto di riflessione a questo riguardo, ponendomi tuttavia da un punto di vista più specifico e considerando la responsabilità nel suo rapporto con la rilevante attività della comunicazione. Ritengo che il momento presente domandi un’attenzione specifica e seria al fenomeno complesso e in forte trasformazione del comunicare, i cui effetti rilevanti sono sotto gli occhi di tutti.

La parola “comunicazione” porta anzitutto in sé l’idea della comunione. La sua etimologia, cioè la storia delle sue origini, rimanda all’aggettivo latino communis e perciò allude ad una condivisione, ad uno scambio il cui fine è l’approfondimento dei legami tra le persone. Alla base della comunicazione c’è una relazionalità originaria, che è propria del soggetto umano. Il libro della Genesi la esprime bene quando, presentando l’uomo creato, fa dire al suo Creatore: “Non è bene che l’uomo sia solo!”. L’io, dunque, si riconosce nell’incontro con il tu. La presa di coscienza della propria individualità avviene in un contesto plurale, che è quello del noi. In tale prospettiva si deve guardare alla comunicazione: essa si pone a servizio della comunione. Comunicare significa “mettere in comune” pensieri, conoscenze, desideri, bisogni, emozioni in forza della naturale propensione di ciascuno all’incontro con l’altro. Si tradisce la comunicazione quando la si usa per creare divisione e porre gli uni contro gli altri. Qui interviene con tutto il suo peso il senso di responsabilità.

Vi è tuttavia un secondo aspetto del comunicare che merita di essere sottolineato: quello dell’informazione. Rientra nei compiti della comunicazione il far sapere ad altri ciò che si ritiene utile e che ancora non si sa, l’offrire informazioni e notizie. Andrà ricordato, tuttavia, che – come lascia intendere il termine stesso – informare è “dare una forma particolare” agli avvenimenti e che ciò comporta un’interpretazione. L’informazione si dà sempre attraverso una mediazione che è ultimamente soggettiva, con la quale si presenta il senso degli eventi a partire dal proprio pensiero o dalla propria sensibilità. L’informazione perciò non è mai neutra, anche quando sembra tale, ma risponde ad una specifica visione delle cose. Proprio qui si colloca un secondo aspetto della responsabilità nella comunicazione. Occorre che chi informa lo faccia con retta coscienza, senza parzialità, senza secondi fini, con rispetto e trasparenza.

Dunque, un’autentica comunicazione si pone a servizio della comunione ed è onestamente ispirata dalla ricerca della verità. Ci chiediamo se è ciò che sta accadendo in questo momento nel vasto mondo mediatico, fortemente segnato da formidabili trasformazioni e dall’apertura di orizzonti del tutto nuovi.

Non possiamo disegnare un quadro irenicamente ottimistico della situazione attuale. Sono diversi gli elementi che ci obbligano a una chiara presa di coscienza e a una seria riflessione. Vorremmo brevemente richiamarne alcuni, con lucidità ma senza l’intenzione di giudicare. Ci preme suscitare un sano spirito critico, proprio al fine di salvaguardare il bene del mondo in cui viviamo e verso il quale abbiamo noi pure il dovere della responsabilità.

Della comunicazione in questo momento impressiona anzitutto il senso di insicurezza che essa genera, un disorientamento che deriva dall’eccessivo carico dei messaggi e dalla loro altissima velocità. Siamo continuamente inondati da notizie e opinioni di ogni genere. Una sorta di nebbia mediatica rende faticosa una visione chiara e precisa della realtà. La stessa ricerca di questa visione profonda della realtà appare disattesa, a volte addirittura derisa. Contano più le emozioni che i fatti, vale più la suggestione che la riflessione, il sentito dire che l’opinione autorevole, lo slogan che l’elaborazione del pensiero. Il silenzio, la concentrazione, la pacata valutazione non sembrano avere grande cittadinanza nel mondo attuale della comunicazione. La quantità dell’informazione – è stato giustamente osservato – oggi non va di pari passo con la qualità della conoscenza. Più notizie si hanno e più il pubblico diventa disinformato.

A tutto ciò si aggiunge l’incognita della veridicità delle fonti da cui le informazioni provengono, l’alto rischio delle false notizie e delle verità artefatte. Inoltre, non abbiamo piena coscienza dei filtri che condizionano il risultato finale di una notizia e delle agenzie interessate che operano nell’ombra.

Il mondo mediatico, poi, si sta dimostrando facilmente preda di un’aggressività incontrollata. Troppo spesso la violenza vi si manifesta nelle sue forme più deplorevoli: la volgarità, l’offesa, l’insulto, il sarcasmo, il disprezzo, fino all’odio e alla minaccia. Molte persone vengono oggi ferite dai media e dai social in modo estremamente grave.

In alcuni casi, poi, si punta al controllo della comunicazione per approfittare del suo potere attrattivo, sfruttando il desiderio umano di riconoscimento e di appartenenza, catturando l’attenzione e insieme con questa la vita stessa delle persone. Nessuno scrupolo a creare dipendenze e poi a far leva su di esse, privando le persone della loro dignità e sfruttandole per i propri torbidi interessi.

Infine, la comunicazione appare in questo momento fortemente condizionata dalla logica esasperata del profitto e del consumo. Gli utenti vengono trasformati in clienti e le informazioni in prodotti. Quando tutto viene valutato in base al tornaconto economico, risulta difficile non oltrepassare i confini imposti dal rispetto delle persone. Se i criteri ispiratori sono commerciali ogni cosa potrà avere un prezzo. Ciò che più attira, impressiona e fa spettacolo, nel bene e nel male, risulterà legittimo se incrementa il pubblico, e quindi i potenziali consumatori. Quanto alla pubblicità, essa – dilagante, reiterata, invasiva – si presenterà come la regina incontrastata di un mondo in cui la scala dei valori tende ad essere stravolta.

Un simile quadro, che certo suscita preoccupazione e, dobbiamo dire, anche  tristezza, non spegne tuttavia la nostra fiducia. Noi crediamo che il mondo della comunicazione possa offrire anche oggi un contributo prezioso all’edificazione di una società dove sia vivo il senso di umanità e dove si coltivi una vera sapienza

Noi crediamo in un approccio creativo e costruttivo della comunicazione, che attinga alla cultura della prossimità e sia capace di dare alla relazione sociale la sua forma più alta.

Crediamo in una comunicazione calda e profonda, amorevole e solidale, che si fa carico con tenerezza e impegno dei drammi dell’umanità: la fame, la povertà, l’emarginazione, l’ingiustizia, la malattia, la solitudine. Siamo consapevoli che della sofferenza degli uomini e delle donne si deve parlare con l’empatia propria della carità e siamo convinti che non mancano persone in grado di farlo.

Crediamo in una comunicazione umile e rispettosa, aperta all’ascolto e al dialogo. Riteniamo che nella comunicazione si debbano bandire la discriminazione, l’esclusione e lo scarto. Consideriamo nostro compito dar vita ad una comunicazione che favorisca l’incontro tra i diversi nel mutuo rispetto, che respinga il pregiudizio e l’ideologia, che ami le grandi domande e si appassioni nella ricerca delle risposte, che promuova l’amicizia sociale e la convivialità delle culture.

Crediamo in una comunicazione, che, grazie alle sue nuove potenzialità, sappia creare spazi digitali da abitare con frutto, luoghi affidabili dove siano di casa la verità, la bontà e la bellezza, dove si promuove l’alta dignità della persona umana. Questi spazi saranno come dei porti sicuri nel mare agitato della comunicazione attuale.

Crediamo in una comunicazione capace di edificare la comunità locale e quella universale. Ci piace interpretare in questa prospettiva il significato del termine web, cioè la rete. Non una rete che imprigiona ma tiene tutti uniti in un rapporto di solidarietà. È così che da sempre Dio vede l’umanità, come un’unica grande famiglia. Questa è la profezia che la Chiesa cattolica, cioè universale, porta con sé.

Infine, crediamo in una comunicazione capace di elevare lo sguardo verso il cielo, di cogliere la dimensione simbolica del mondo, l’eccedenza che viene dall’alto e che ha la forma del bene. Avremo sempre bisogno di qualcuno che sappia comunicare ciò che oltrepassa la nostra comprensione e sappia svelare ciò che solo il cuore può vedere, ossia la dimensione eterna della vita. Questa comunicazione, che in verità riconosce e fa percepire la potenza amorevole dello Spirito santo nella storia, manterrà sempre viva la nostra speranza.

+ PIERANTONIO TREMOLADA 15 feb 2024 11:35