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di GIANMARIO BIEMMI 02 mar 2018 09:23 Ultimo aggiornamento 03 mar 2018 09:23

Paolo VI: il primato come servizio

Ripercorriamo il viaggio di Paolo VI in Terra Santa: cosa comunica all’uomo di oggi?

Paolo VI, all’inizio del suo pontificato volle andare in Terra Santa, spinto da un impulso irresistibile: una decisione imprevista, un desiderio che supera titubanze e paure e scarta prudenze umane per lanciarsi nell’avventura da un itinerario segnato da tracce indelebili, da chi per primo l’ha percorso. Paolo VI si mise sulle strade di Gesù di Nazareth nel gennaio del 1964, per vedere e sentire, toccare con mano ed accogliere dentro di sé tutto ciò che Cristo, il Maestro, il Figlio di Dio, amato e cercato con tutta la vita, aveva fatto sulla terra. Ascoltare ancora quelle parole, sentire vibrare nel cuore, è entrare nell’animo di Paolo VI e ritrovarvi una sorgente di fede, di entusiasmo, di speranza; è accorgersi che Cristo è vivo e presente e la sua parola è ancora l’unica che offre all’uomo segnali di vita e di amore. Quando per la prima volta andai in Terra Santa nell’agosto del 1970, sentii raccontare da molti, che avevano seguito il pellegrinaggio papale che il Santo Padre aveva compiuto, di essere stati affascinati dalla sua persona, trasfigurata dal suo comportamento e dal tono della sua voce. Ancora, mi assicuravano questi testimoni del viaggio, che Paolo VI era invaso da una pienezza di fede e di trepidazione, accompagnate da una forte carica di emozioni, proteso verso la figura invisibile e presente, nascosta e così forte da imposi ad ogni angolo di strada, ad ogni programma, ad ogni incontro con la gente, verso la persona di Cristo, ora contemplato nella sua Terra. Il tormento dell’unità della Chiesa, lo sforzo dell’ecumenismo, diventano, per Paolo VI, realtà positive cariche di speranza.

L’abbraccio con Atenagora, patriarca di Costantinopoli, testimonia la volontà della chiesa d’Oriente e di Roma di cancellare le distanze e le divisioni per dare un nuovo impulso al cammino che urge nelle coscienze. “L’uomo vestito di bianco” sostò a lungo al calvario per esprimere la riconoscenza del peccatore che si sente amato e ricondotto alla vita attraverso la morte di Gesù. A Nazareth ascoltò l’eco sconvolgente del silenzio di una vita affidata al mistero della volontà di Dio, a Betlemme l’annuncio della pace agli uomini che Dio ama, sul Monte delle Beatitudini la sintesi e il vertice del cristianesimo, sulle sponde del Lago di Tiberiade “Il Primato”. Qui è nata l’autorità di Pietro e dei suoi successori, con un scelta da parte di Cristo non condizionata dalle qualità di colui che veniva scelto. Sulla “roccia sacra”, chiamata anche “Mensa di Cristo”, che costituisce l’interesse principale di questo luogo, Paolo VI si inginocchiò, commosso e orante. Uno del seguito che accompagnava il gruppo papale ebbe da dire: “Santo Padre, questa roccia è testimone e simbolo dell’autorità petrina, sulla quale è fondata la chiesa”. La risposta dolce e grave di Paolo VI fu immediata: “No, fratello mio. Questo non è il luogo del primato, ma è il luogo del servizio”. E su quella roccia “Stette il signore con loro”, scrive nel suo diario Eteria, pellegrina spagnola del V secolo, Paolo VI pose il suo bacio tra lo stupore dei presenti. Quando mi è data l’occasione di camminare lungo le sponde di quel lago che Gesù tanto amava, non posso passare oltre senza fermarmi e ricordare il tormento e la grandezza di quell’anima, la sua capacità di guardare avanti e la sua inflessibile fedeltà al servizio supremo dell’amore: “Se mi ami, pasci”. Così Montini parla ancora all’uomo d’oggi e conduce per mano ogni cristiano all’incontro con il Cristo, presente nella storia, sempre vivo e dentro la vita di ogni uomo.

GIANMARIO BIEMMI 02 mar 2018 09:23 Ultimo aggiornamento 03 mar 2018 09:23