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Brescia
di MASSIMO VENTURELLI 30 gen 2019 08:08

Ali, la Brescia che guarda a Caracas

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I venezuelani residenti nel Bresciano che fanno parte della onlus impegnata nell'invio di medicinali e di altri generi di prima necessità nel Paese sudamericano piegato da una tragica crisi economica, stanno seguendo con grande preoccupazione quanto sta avvenendo oltre Oceano

Il mondo, soprattutto dopo i timori espressi da papa Francesco al ritorno dalla Gmg di Panama, guarda con apprensione alla crisi che sta vivendo il Venezuela, con l’ondata di violenze seguite alla deposizione, secondo quanto previsto dalla Costituzione, del presidente Maduro, per opera del parlamento guidato da Juan Guaidò, presidente ad interim, in attesa di nuove elezioni. Almeno 40 sono le vittime di questa ondata di protesta che ha portato anche all’arresto di più di 1500 persone. Maduro è stato accusato di avere manipolato le elezioni presidenziali, ma il malessere nei suoi confronti ha radice più lontane nel tempo. Il presidente destituito è accusato di essere il continuatore dell’opera avviata dal suo predecessore Chavez che nel 1998 si era presentato per la prima volta alle elezioni presidenziali con grandi promesse per i poveri del suo Venezuela, uno dei Paesi più ricchi del mondo grazie ai suoi giacimenti di petrolio. Il presidente aveva promesso di redistribuire al popolo questa ricchezza. Già nel 2013 alla morte di Chavez, gran parte del Paese si era accorto di essere stato ingannato, con una povertà sempre crescente e un malessere diffuso. La situazione è andata facendosi pesante anche con Maduro, il presidente che ha dato continuità alle politiche di Chavez, con cui aveva condiviso responsabilità di governo. Accusato del disastro economico in cui versa il Paese (il Pil si è ridotto quasi della metà, l’inflazione è esplosa e ha raggiunto cifre incredibili Oggi lo stipendio medio mensile supera di poco di 2 dollari), Maduro è stato messo sotto accusa anche per irregolarità che avrebbero segnato la sua rielezione nel 2018.  La situazione è precipitata sino ad arrivare alla destituzione dei giorni scorsi e agli scontri di piazza.

Anche a Brescia c’è chi guarda con preoccupazione a quanto sta avvenendo nel Paese sudamericano. A soffrire per quanto sta avvenendo a migliaia di chilometri di distanza sono i venezuelani della sezione provinciale dell’associazione Ali, una onlus diffusa in tutto il Paese e che cerca di fare fronte, con proprie iniziative, alle problematiche socio-economiche e sanitarie in cui versa il Venezuela. “Da anni- racconta Diana Rubiera, volontaria della onlus – raccogliamo medicinali e altri generi di prima necessità da inviare nel nostro Paese ormai sull’orlo della miseria. Il Venezuela sta pagando le politiche applicate dal 1998 dal governo filo-comunista di Chavez cheper manifeste incapacità ha tarpato, con la massiccia nazionalizzazione delle imprese, le ali ad una economica nazionale che era veramente florida”.

La recente destituzione del Maduro è solo l’ultimo sussulto di un Paese in ginocchio. “Parenti e amici che vivono in Venezuela – afferma ancora Diana Rubiera– ci raccontano di persone che cerca i viveri nella spazzatura. Mancano acqua e luce. La gente ormai ha capito di essere stata vittima di un enorme imbroglio. Chavez si era insediato promettendo un’ampia redistribuzione della ricchezza, ma di fatto ha portato il Venezuela alla rovina. Oggi la misura è colma”. Chi muore di stenti, ricorda ancora la volontaria della onlus, non ha più niente da perdere e non teme nemmeno di pagare con il sangue l’opposizione al regime che l’ha condotta nella miseria più profonda. “Il popolo venezuelano si aspetta che Maduro faccia un passo indietro e consenta all’assemblea nazionale, unico organismo frutto di una elezione democratica, di portare presto il Paese a nuove elezioni”. Il presidente deposto, però, non sembra particolarmente incline a queste concessioni... “La gente ormai è esasperata – continua ancora Diana Rubiera – sa che questa è probabilmente l’ultima occasione che il Paese ha davanti per rialzarsi e non vuole mollare la presa, nemmeno sotto la minaccia di violenze che hanno già provocato tanti morti”. Per questo la volontaria di Ali crede che il timore espresso da papa Francesco, che ha paventato un bagno di sangue sia qualcosa in più di un’ipotesi remota. “Parenti e amici che sentiamo frequentemente – conclude la volontaria di Ali – ci racconta di un Paese fortemente determinato a riprendersi la propria dignità, anche costo di pagare con il sangue questa determinazione”.

MASSIMO VENTURELLI 30 gen 2019 08:08