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Parigi
di REDAZIONE 04 lug 2017 08:26

Parigi: misure comuni sulle migrazioni

Nella capitale francese il vertice tra Italia, Germania, Francia e Ue per la messa a punto di proposte per arginare l'emergenza immigratoria in corso nel Mediterraneo. A Brescia, dopo i fatti di Vobarno, vertice in Prefettura

Mentre a Brescia si continua a discutere sulle due molotov lanciate nei giorni scorsi nell’albergo che avrebbe dovuto accogliere i richiedenti protezione internazionale, a Parigi i ministri degli interni di Germania, Italia e Francia, presente il commissario Ue alle migrazioni, Dimitri Avramopoulos  hanno messo a punto una serie di misure “per offrire maggiore sostegno all’Italia e contribuire a contrastare il flusso migratorio”.

Su iniziativa del prefetto Annunziato Vardè si è tenuto a Brescia un vertice con il sindaco di Vobarno Giuseppe Lancini per fare il punto della situazione dopo il gesto intimidatorio dei giorni scorsi. Il Prefetto, da poche settimane a Brescia, ha condannato il lancio delle bombe incendiarie all’interno dell’hotel Eureka con l’obiettivo di scongiurare il possibile arrivo di nuovi profughi, nonostante non fosse stata presa alcuna decisione al proposito. “Si è trattato di un gesto intimidatorio – ha affermato Vardè – sul quale intendiamo fare luce nel più breve tempo possibile”. Al termine del vertice il Prefetto ha precisato che nel territorio del Comune di Vobarno, che già ospita 23 richiedenti asilo, non arriveranno per il momento nuovi profughi, “non per il gesto violento – ha però sottolineato – ma perché per ora non ci sono strutture. La nostra politica di accoglienza non si ferma davanti alla violenza”.

Dal vertice a quattro di Parigi, invece, sono giunte proposte, che affrontano alcuni dei più urgenti empasse che ostacolano il lavoro dei Paesi più direttamente coinvolti nell’emergenza migratoria, sono state rese note in una dichiarazione appena diffusa da Bruxelles. Il primo tra gli impegni che i quattro di Parigi chiederanno ai colleghi ministri degli interni dei 28 che si riuniranno a Tallin il 6 e 7 luglio prossimo, sarà di “lavorare su un codice di condotta per le Ong, redatto e presentato dall’Italia, per migliorare il coordinamento con le Ong operanti nel Mediterraneo”. E poi si proporrà di “migliorare il sostegno alla guardia costiera libica, aumentando le attività di formazione e fornendo un ulteriore sostegno finanziario, assicurando un attento monitoraggio delle attività”. “Sostegno aggiuntivo” è richiesto per “l’Organizzazione internazionale per la migrazione e all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)” per consentire ai centri libici di “raggiungere norme internazionali in termini di condizioni di vita e di diritti umani”.

 “Limitare fortemente l’azione Ong ed esternalizzare le frontiere è inaccettabile, vuol dire andare nel senso inverso a quanto da noi auspicato: cioè trovare canali legali e sicuri d’ingresso in Europa”. Ma ci sono alcuni punti positivi: “Spingere sulla relocation in altri Paesi europei, abbassando la soglia di accesso sotto il 75%” e “far sbarcare i migranti anche nei porti di Barcellona e Marsiglia”: è questa la posizione di Caritas italiana esposta da Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione, a proposito dell’intesa, a Parigi, tra i ministri di Italia, Francia e Germania sulla questione migranti, in vista del summit europeo di Tallin. Nel documento si parla, tra l’altro, di regolamentare le azioni e i finanziamenti alle Ong che salvano vite in mare e di ridurre gli sbarchi dando più fondi alla Libia per il controllo delle coste. “Continua la delegittimazione, anche se indiretta, delle Ong – osserva Forti -. Temiamo non si vogliano avere soggetti indipendenti in mare per verificare l’operato della guardia costiera libica, al momento sotto osservazione della Corte di giustizia europea per questioni legate a crimini contro l’umanità, tra cui il caso dell’affondamento di un barcone sparando in aria”. Poi si parla di esternalizzazione delle frontiere in Libia, “un piano per noi inaccettabile dal punto di vista dei diritti umani” sottolinea.
Sulle richieste specifiche alle Ong, Forti ricorda che “molti bilanci sono già pubblici”, “nessuno ha mai dimostrato che qualcuno faccia segnali luminosi” e la guardia costiera italiana “ha più volte ribadito che le operazioni non avvengono mai al di fuori del loro controllo”. Sul divieto di entrare nelle acque libiche Forti fa notare che “la Libia non ha mai riconosciuto il sistema Sar, ossia una area di ricerca e soccorso in mare. Si è sempre mossa in maniera indipendente, al di là degli schemi previsti a livello internazionale. Questo è il primo punto su cui ci si dovrebbe attrezzare”. “Il rischio – avverte – è che diventi la solita narrazione negativa per convincere l’opinione pubblica del contrario”. I governi, a suo avviso, “devono inoltre chiedersi se i singoli Paesi sarebbero in grado di supplire a quello che oggi fanno le Ong, ossia più del 40% dei salvataggi. La questione di fondo è: chi si prende la responsabilità di non salvare le persone? È un problema di coscienza che chi decide dovrà affrontare”.
Nel documento vi sono però, secondo Forti, alcuni aspetti positivi, tra cui “spingere per la relocation affinché il piano funzioni”. “L’obiettivo è far comprendere a tutti i Paesi europei che la relocation è un dovere, non un’opzione – afferma -. Su questo bisogna lavorare politicamente in maniera seria, abbassando la soglia che prevedeva la relocation solo per quelle nazionalità che raggiungono il 75% del riconoscimento, altrimenti nessuno viene ricollocato”. Forti è inoltre favorevole alla proposta del governo italiano di far sbarcare i migranti anche nei porti di Barcellona e Marsiglia: “Potrebbe essere un modo per alleggerire il nostro sistema di primo soccorso”. “Su questi tre aspetti possiamo ragionare – conclude -, tutto il resto va in direzione opposta a quanto auspichiamo”.

REDAZIONE 04 lug 2017 08:26