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Damasco
di REDAZIONE 16 apr 2018 08:05

Siria: parole diverse, stesso dramma

Da papa Francesco un accorato appello alla comunità internazionale perché dopo l'attacco missilistico in Siria del 14 aprile torni a prevalere la via della diplomazia e della pace. Le "letture" dei leader coinvolti e quelle di chi ha vissuto in prima persona l'attacco

“Sono profondamente turbato dall’attuale situazione mondiale, in cui, nonostante gli strumenti a disposizione della comunità internazionale, si fatica a concordare un’azione comune in favore della pace in Siria e in altre regioni del mondo”. Così si è espresso papa Francesco ieri dopo la preghiera del Regina Caeli, recitata con i tanti fedeli presenti in piazza San Pietro dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico. Dal Papa, che ha ricordato di pregare incessantemente per la pace, anche l’invito invito tutte le persone di buona volontà a continuare a fare altrettanto. Rivolgendosi alle migliaia di fedeli presenti in piazza San Pietro si è appellato “nuovamente a tutti i responsabili politici, perché prevalgano la giustizia e la pace”. Dopo l’attacco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia ad obiettivi in Siria, per distruggere il presunto arsenale chimico del regime di Assad, il Papa è tornato quindi ad alzare la sua voce per chiedere un nuovo e forte sforzo pacificatore a tutta la comunità internazionale, Onu in testa.

Le accorate parole di papa Francesco all’intera comunità internazionale per la ricerca di una soluzione alla crisi siriana sono, però, in netto contrasto con le dichiarazioni rilasciate nelle ore successive all’attacco missilistico dei giorni scorsi dai leader mondiali “protagonisti” di questa nuova crisi.

 Di attacco eseguito “perfettamente” e di “missione compiuta”, con tanto di ringraziamento a Francia e a Gran Bretagna “per la saggezza e la capacità dei loro eserciti” aveva parlato già nelle prime ore dopo l’attacco del 14 aprile il presidente americano Donald Trump che avave affidato a un tweet la sua soddisfazione per i raid arerei che hanno colpito la Siria, come risposta militare congiunta dei tre Paesi al presunto utilizzo di armi chimiche, da parte del regime siriano, contro la città di Douma. Sempre sul versante Usa anche le dichiarazioni dell’ ambasciatore americano a Mosca, Jon Huntsman, ha affermato che gli Stati Uniti avrebbero informato la Russia, che invece nega, dell’imminente attacco. Nel video di 7 minuti con cui aveva annunciato agli americani l’attacco, Trump si era scagliato contro Russia ed Iran, “due tra i governi maggiormente responsabili del sostegno, dell’equipaggiamento e del finanziamento del regime criminale di Assad”.

Dal Regno Unito la premier Theresa May ha subito chiarito che lo scopo dell’azione “non è un cambio di regime”, ma dissuadere Assad dal fare uso di armi chimiche. Anche il presidente francese Macron ha spiegato che “la linea rossa fissata dalla Francia nel maggio 2017 è stata oltrepassata”.  Vladimir Putin ha parlato di “atto di aggressione” e ha annunciato che la Russia chiederà una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Ad Assad è giunta la solidarietà dell’altro suo grande alleato, l’Iran con la guida suprema Khamenei che ha definito Trump, Macron e May “criminali”. Dal segretario generale dell’Onu Guterres è arrivato un appello alla “moderazione e alla responsabilità”, mentre il segretario generale della Nato Stoltenberg ha dato sostegno all’operazione così come Ue, Germania, Giappone, Canada e Israele che segue con molta attenzione gli sviluppi nell’area.

Più drammatiche, invece, le testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle l’attacco missilistico del 14 aprile “Siamo stati svegliati alle 4 di notte dal sibilo dei missili e abbiamo capito che gli attacchi erano in corso. Si sono udite delle esplosioni nei dintorni di Damasco. Qui al centro tutto è tranquillo ma la gente è preoccupata per il futuro. La popolazione vuole vivere in pace e non sotto l’incubo delle bombe”. Così padre Bahjat Elia Karakach, francescano della Custodia di Terra Santa, superiore del convento dedicato alla conversione di san Paolo, la parrocchia principale di rito latino della Capitale, a Damasco. “Sapevamo – ha continuato - che esisteva l’intenzione di bombardare da parte degli Usa dopo il presunto attacco chimico alla Ghouta orientale ma la speranza era riposta in un’indagine oggettiva sull’uso di armi chimiche e che per questo non ci sarebbero stati lanci di missili”, Il religioso, riprendendo dichiarazioni giù pubblicate ieri su questo stesso sito, ha espresso la speranza che “non si ripeta quanto già avvenuto in Iraq che fu invaso nel perché il regime di Saddam Hussein era stato accusato di possedere armi di distruzione di massa. Armi che non furono mai trovate”.

“Con questi missili hanno gettato la maschera. Ora a combattere sono gli attori principali. Prima era una guerra per procura. Sono ormai otto anni che si combatte sul suolo siriano e ora che gli attori minori sono stati sconfitti, in campo sono scesi i veri protagonisti del conflitto”.

Non ha usato mezzi termini il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, nel commentare i raid aerei.“Sono attesi gli ispettori Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, per indagare sul presunto attacco chimico a Douma e invece è arrivato l’attacco. Dopo questi raid sarà tutto più difficile. Ogni appello alla pace cade nel vuoto, solo Papa Francesco continua a sperare nella pace e noi con lui”, ha affermato il vicario. “Intanto cresce la sofferenza della popolazione che chiede pace e in cambio ottiene bombe e missili. Qui la gente si aspettava qualcosa di simile e purtroppo è avvenuto”. L’auspicio di mons. Abou Khazen è che “questi attacchi non si allarghino anche in altri luoghi della regione perché sarebbe davvero pericoloso e tutto potrebbe sfuggire di mano. Serve una soluzione condivisa da raggiungere senza menzogne. Non abbiamo altre armi che la preghiera. Nel cuore portiamo con noi l’immagine di Gesù che dice agli apostoli sulla barca in mezzo alla tempesta di notte, ‘Sono io, non abbiate paura!’. Questa sia la nostra speranza e la nostra forza”.

REDAZIONE 16 apr 2018 08:05